Carlo Verdone ritiene che “Acqua e sapone” non sia il suo miglior film. Gli preferisce “Borotalco“. “Quando scrivemmo il film capii che era molto carino. Però era inferiore a Borotalco – ha detto Carlo raccontando il film qualche anno fa – Oggi Acqua e sapone non lo puoi toccare al pubblico, le nuove generazioni che lo hanno riscoperto si sono affezionati a quel film. Io ritengo Borotalco superiore e scritto meglio ma Acqua e sapone funziona benissimo“.

Uscito nel 1983, quarto film alla regia per Carlo Verdone, Acqua e sapone è un cult della commedia all’italiana. Elena Fabrizi, meglio nota come la Sora Lella, vinse il David di Donatello nel 1984 in qualità di Miglior attrice non protagonista. Carlo è anche il protagonista ed uno degli autori del soggetto e della sceneggiatura.

“A Sora Lella le davi veramente poco, le facevi fare la parte di quella imbronciata che si arrabbia per qualcosa ed era fatta”, ha detto l’attore ricordando il film”. In lei “c’era sempre qualcosa di romano, di autentico, di sincero, e ti portava alla risata“. “Tutti noi avremmo potuto avere una nonna come Sora Lella. Perché era una generazione piena di filosofia con piccolo sarcasmo. Però una donna che sa vedere e capisce il mondo al volo…simpatica, spiritosa. Era una figura rassicurante di un periodo che non c’è più“.

La Sora Lella era una forza della natura. “Era lei stessa, impressionante” ha ricordato anche Fabrizio Bracconeri nei panni di Enzo nel film. “Non vorrei sbagliare – ha aggiunto – ma ricordo che una volta sul set cucinò lei, fece una pasta all’amatriciana da paura. Verdone: “I macchinisti e gli elettricisti le portavano non so quanti chili di pasta. E dicevano: ‘Sora Le’, ce fa ‘na bella carbonara? Ce fa ‘na bella amatriciana?’“. E quindi poi “tutti a magna’ sti bucatini, sti spaghetti, sti rigatoni, le avevano portato una teglia da campo enorme“.

Elena aveva “sto’ mestolone” e “girava e girava” e “cucinava per 40 persone“. Il problema è che poi veniva sonno a tutti: “Veniva Cecchi Gori che diceva: ‘Avete rotto i cog***i co’ ‘sta pasta. Qua mi fate gli straordinari…’. Da quel giorno le dissi: ‘Basta co’ ‘sta pasta. A parte che me fai sfigura’ perché parto magro e finisco grasso. Ma poi lo dico pe’ te, che c’hai 300 de colesterolo. Lo voi capi’?’“.

Come è nata l’idea di Acqua e sapone

Dopo il successo di Borotalco, io ed Enrico Oldoini entrammo in crisi“. Lo storico sceneggiatore con il quale Carlo collaborò proprio in “Borotalco“, in “Acqua e sapone” e, recentemente, nella serie TV “Vita da Carlo“. Si chiedevano come potessero replicare il successo precedente, “Borotalco ha avuto 5 David di Donatello tra l’altro“. Verdone proponeva di “raccontare un’altra favola di equivoci ma molto attinente alla realtà, molto anni Ottanta“.

Entrò in squadra Franco Ferlini che lavorava spesso con Enrico Oldoini“. Cercavano un’idea, si scervellavano, ma non veniva nulla in mente. “Una sera, a casa, vidi un programma televisivo che mi aprì il mondo. Era un servizio del compianto Carlo Sartori su un fenomeno che si era sviluppato in quegli anni in America: il fenomeno delle baby modelle – in riferimento ad un servizio giornalistico della Rai, da cui trasse l’ispirazione per la storia del film – Ragazzine minorenni che, indirizzate dalle madri, andavano a fare le modelle. Era una cosa un po’ curiosa. Un po’ perversa. Oggi non sarebbe possibile fare una cosa del genere. E all’epoca molte di queste modelle avevano copertine sui magazine di moda”.

Nel servizio si trattava “la storia di questa ragazzina che, senza trucco, si vedeva che era troppo piccola, poi la truccavano e cambiava tutto”. Carlo rimase colpito in particolar modo dal rapporto “tra la figlia e la madre“. Quest’ultima la descriveva: “Lei studia., fa questo e quello ecc…”. Però “c’era una malinconia in questa bambina, violentata tra flash di fotografi e copertine“. Come emergeva dal servizio della Rai, una di queste “ragazzine” diventò famosa. Lo propose a Ferlini e Oldoini che non sdegnarono. Carlo voleva inserire il tema in “una commedia degli equivoci“.

La fatica di Verdone per attribuire il volto giusto a Sandy

Vedi anche: La casa di Alberto Sordi raccontata da Carlo Verdone: “quando gli chiesi di poter usare il bagno e mi rispose di no…”

Quindi la storia tra “una modella e un bidello che si fingerà insegnante di inglese“. L’insegnante non ha cattive intenzioni o fini sessuali, “lui vuole guadagnare qualche soldo, non ha intenzioni strane“. Era un film “delicato“, Carlo ha ammesso di essersi mosso con impegno, fatica e molti fallimenti prima di inquadrare il volto giusto da attribuire alla mitica Sandy. “Dovevo trovare una ragazzina, non era facile. Dovevo trovare una con un viso un po’ americano, non mediterraneo. Raccontavo una vicenda che si era sviluppata negli Stati Uniti“. Poi la svolta, come spesso accade in determinate circostanze, piuttosto casuale: “La fortuna mi venne incontro. Un giorno, andando dal mio agente, trovai una madre con una ragazzina“.

Si trattava proprio della futura interprete di Sandy, la meravigliosa Natasha Hovey. Erano dal suo agente “per chiedere consiglio se potesse seguire Natasha“. La madre era olandese, il padre viveva a Boston. “Io quando vidi alla porta sta ragazzina salutai e dissi: ‘Posso fare una domanda? Quanti anni hai?'”. Rispose “15. “Andava nella stessa scuola dove andavo io, al Nazareno“. Quindi iniziò il primo vero provino estetico di Carlo, folgorato dalla bellezza della giovane: “Scusa un attimo, ti alzi un momento?“, le disse. Sebbene la giovanissima età “aveva degli occhi e delle labbra bellissimi”. “Non era perfetta ma aveva un gran volto. E nel cinema quando hai un gran volto e sai recitare, è fatta“.

Carlo ha ricordato il provino che avrebbe assegnato il volto a Sandy fu incredibilmente “il più faticoso” della sua carriera. “Avevo messo insieme tre ragazzine intorno ai sedici anni“. Carlo si premurava di dare il massimo possibile in qualità di regista, perché “a 15 anni cosa vuoi recitare…“. La giovanissima Natasha riuscì a passare il provino, “in qualche modo“, tuttavia Verdone aveva capito di dover “stare molto attento” con lei. “È stata doppiata. Ma era un accento dove si sentiva che c’era un po’ di americano e anche di olandese oltre che di italiano“. Le riprese furono altrettanto complesse: “Ero sempre in apprensione perché non volevo sbagliare niente“. Carlo voleva fare “un film per tutti“.

Per trovarla mi sono ridotto ad andare fuori alle scuole con occhiali neri e giornale. Sembravo un personaggio sinistro

Anche la scena a letto dovevo farla in un certo modo, perché era minorenne. Quindi è stato tutto girato con molta delicatezza ed eleganza. Ancora oggi mi dicono: ‘Acqua e sapone è uno dei miei film preferiti. E la ragazza… Che bella, che fine ha fatto…?’“. Ed in merito Carlo rispondeva di non saperne molto. Ad oggi quel che ricorda è che si fosse trasferita prima “a Parigi“, dove si era sposata. “So che era andata a Miami e ha un bel figlio“.

Nel 1983 Verdone e Natasha furono ospiti di Domenica In con Pippo Baudo alla conduzione. Il volto di Natasha era ormai noto a tutti e chiunque era incuriosito di saperne di più sulla giovanissima attrice debuttante: “Sono nata nel Libano, poi ho vissuto qualche anno in Germania, poi sono andata in Olanda e sono venuta qui in Italia“. Verdone: “Trovare Natasha è stata un’impresa, avrò visto 150 o 200 ragazzine. Sono un’enciclopedia vivente che può dare qualsiasi notizia sugli adolescenti in Italia” – disse l’attore sorridendo – “Lei è stata la prima, mi colpì immediatamente“. Tuttavia non si è trattato del primissimo vero debutto nel mondo dello spettacolo per la Hovey.

Quanto meno sul piccolo schermo: “Io pensavo di essere stato il primo a lanciarla. Ma siete stati voi – ha detto Verdone in trasmissione – Perché nella sigla dell’82 lei è apparsa“. Infatti viene mostrato sullo schermo uno fotogramma in cui appare la giovane nella sigla della trasmissione dell’anno precedente. “Per trovare lei – ha continuato l’attore incalzato dalle domande di Baudo – mi sono ridotto ad andare fuori alle scuole con occhiali neri e giornale. Sembravo un personaggio sinistro. Cercavo qualche ragazza durante la ricreazione. Un giorno sono usciti due bidelli che mi dicono: ‘Ah more’ che cerchi rogna?’. Spiegavo di essere un attore… Ora finalmente mi vedranno in televisione, speriamo avranno capito“.

Baudo chiese all’attore cosa lo attraesse della giovane: “Mah, io direi gli occhi. L’aria un po’ malinconica e dolce“. A Natasha cosa piace di Carlo? “Anche nei momenti più difficili ti dà forza, ti fa sempre ridere“. C’è una scena d’amore nel film. Dice Natasha: “Era un momento in cui doveva essere serio – Carlo – ma lui rideva“. Baudo le chiese se Verdone baciasse bene e la Hovey rispose: “Non lo so, ci devo ancora pensare…“.

Il ruolo di Wilma in Acqua e sapone avrebbe potuto essere di Virna Lisi: “Florinda Bolkan aveva il volto troppo severo ma stava bene una madre sergente di ferro…

Per la madre della modella “contattai inizialmente Virna Lisi che mi accolse affettuosamente a casa sua” ha raccontato ancora Carlo Verdone. Gli disse: “Io lavorerei con lei volentieri, ho visto Borotalco, l’apprezzo molto. Ma devo iniziare un film fra poco…“. L’unica libera era Florinda Bolkanche mi sembrava avesse un volto troppo severo, ma non era un errore perché ci stava bene una madre severa un po’ sergente di ferro, con una figlia che non le va di fare quel tipo di lavoro“. Florinda si comportò bene, Carlo instaurò “uno splendido rapporto con lei”.

La scelta di Enzo: Bracconeri debuttò con questo film, lavorava nell’autofficina dove Verdone portava la sua Ritmo 105

Fabrizio Bracconeri debuttò con questo film: “È stato il mio primo film e devo dire che trovarmi un ruolo così importante…”. Non fu semplice per lui, appena 18enne ed in film con Verdone, che “era esploso da qualche anno in maniera importante“. Si è trattata di “un’esperienza…a volte ci penso e mi dico: come ho fatto?” E sul set non era facile, “avevo 18 anni appena compiuti”. Poi “guidavo la macchina senza patente nel film“. “Ero considerato come un ragazzino catapultato là con Verdone, e non è facile. Oggi se dovessi fare un film non so se prenderei un ragazzino di 18 anni dalla strada e portarlo su un set per dargli un ruolo così importante“.

Bisogna avere capacità, “che io non ho ma Verdone sì, per mia fortuna“. Quindi il successo: “Vi garantisco che lo stesso giorno che era uscito il film io camminavo per strada e mi riconoscevano. A livello di guadagni non ho guadagnato nulla in quel film però è stato vitale per uno che fa questo lavoro. Grazie a quel film faccio questo lavoro da una vita. Da 38-39 anni. Sono invecchiato facendo questo lavoro“.

Quando ero sul set ero preso da mille attenzioni, temevo di essere fuori luogo in qualsiasi momento. Ero terrorizzato di sbagliare, di risultare un pesce fuori d’acqua. Un film di serie A, camminavo sulle uova. Vi garantisco che recitare e fare un ciak con Verdone e quaranta persone intorno non era facile”. Carlo lo stoppava e lo redarguiva bonariamente: ‘Aoh, adesso devi recita’…devi recita’…”. “E’ stata una grandissima formazione perché Verdone secondo me è un grandissimo regista. Forse la gente non lo sa ma lui è uno che conosce tutti gli obiettivi, tutti i dettagli. Oltretutto – ha concluso in merito Bracconeri – ti chiede di fare quello che lui vuole, il personaggio che ha in testa. Poi con l’esperienza diventa tutto più semplice. Io uscivo da fa i freni a una Ritmo e mi so ritrovato su un set di un film di Serie A“.

Tutto cominciato dalla Ritmo 105 di Verdone che inizialmente trovava Fabrizio Bracconeri “troppo espansivo e caciarone

E proprio da quella Ritmo cominciò tutto per Bracconeri: “Verdone aveva una Ritmo 105, una bella macchina“. Gliela portò nell’autofficina dove lavorava e Fabrizio non perdeva occasione per dirgli: “Famme fa’ un film, io sto sempre qua, a piazza Santa Caterina della Rota, viemme a vede, guarda che io recito da ‘na vita“. Verdone non era convinto: “Mi sembrava troppo espansivo e caciarone. Quando arrivò il momento di fare il casting si cercava questo tipo di dirimpettaio buffo”. Doveva essere però un personaggio in grado di “mantenere il clima dialettale, popolare, che era già presente con mia nonna“, ha spiegato Carlo.

Quindi: “Mi ricordai di questo ciccione dai capelli rossi. Andai a piazza Santa Caterina della Rota da lontano e lo guardavo. Mi piaceva la gestualità, urlava: ‘Ah Franco, a’ ‘e 2 sto là’“. Ancora Bracconeri: “Andai a fare un provino, mi misero su uno sgabello” e restò lì in attesa. “Mi portarono un giacchetto, tutto frangiato. Io pensavo di essere solo e di non essere ascoltato da nessuno e dissi: ‘Ammazza sto giacchetto ma che l’hanno fregato a Kit Carson‘. Perché io leggo Tex. E mi dissero: ‘Basta, basta, sei già preso. Basta’“.

Acqua e sapone: location e altre curiosità

Il film piace molto ai ragazzi, di 16,17,20 anni – ha spiegato il regista e protagonista del film – Perché secondo me li riporta ad una Roma, a dei colori, a delle musiche degli anni Ottanta che non ci sono più… Ci fu una cosa curiosa – aggiunge Verdone svelando un particolare interessante su un altro artista di successo agli inizi – La canzone cantata dagli Stadio è stata scritta da Vasco Rossi. Le parole sono sue. Era una delle prime cose che stava facendo prima di diventare Vasco Rossi“.

Il film è stato girato prevalentemente a Roma a parte la scena al ristorante “Da Tonino“, girata a Bracciano. La villa di Sandy si trova nel comune di Formello, nella frazione Le Rughe; la scuola dove Rolando esercita la professione di bidello è il Collegio Nazareno di Roma; la tintoria del “sor Gino” è nel quartiere Testaccio. La scena della festa in cui la mamma di Sandy, Wilma, incontra padre Spinetti è stata girata nel parco dell’allora Hotel Cavalieri Hilton, attualmente Cavalieri Waldorf Astoria, nel rione Prati. Il luogo dove avviene il set fotografico dal quale Sandy fugge si trova all’Eur.

Stasera in tv: dove vederlo?

Il film verrà trasmesso stasera alle ore 21 su Cine 34, al canale 34 del vostro televisore. Buona visione!

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