Mercoledì 20 marzo, presso il Forum di Assago, è andato in scena lo spettacolo gratuito “Happines On Tour”. Di fronte a una platea di studenti, Giovanni Allevi ha ripercorso il suo “viaggio all’inferno”, dalla scoperta della malattia, alla tragedia vissuta in ospedale, fino alla guarigione di questi mesi. Tra le parti più emozionanti dello spettacolo, c’è certamente il racconto della bimba di 7 anni ricoverata nel suo stesso reparto. Al ricordo di quella tragedia, infatti, è stato impossibile per il compositore trattenere le lacrime.

Giovanni Allevi: la lotta al mieloma e il doloroso ricordo della bimba vicina di letto in ospedale

Davanti a seimila studenti, Giovanni Allevi ha prima ripercorso la sua vita dal momento in cui ha scoperto di essere affetto da mieloma che lo ha tenuto per mesi in ospedale. “C’è stato un momento in cui ho dovuto mantenere lo sguardo dritto sui fiori, mentre camminavo all’inferno, la mia vita fino a due anni fa era fatta di spettacoli, conferenze stampa, selfie. Quando è arrivata una brutta malattia tutto è cambiato. Io, però ho uno spirito combattivo. La parola ‘resilienza’ non mi piace, mi fa pensare all’accettazione passiva di una condizione negativa”.

Il momento più doloroso dello spettacolo, però, è giunto quando Giovanni Allevi ha ricordato la sua vicina di letto nel reparto dell’ospedale in cui era ricoverato. Impossibile per il compositore trattenere le lacrime: “Io non la vedo, ma vicino a me c’era una bambina, avrà avuto 7 anni e piangeva. I genitori e gli infermieri cercavano di rasserenarla. Dio, perché permetti queste cose? Io ho dato, va bene. Ma una bambina di 7 anni? Questo è un problema grandissimo anche a livello teologico”.

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La fine del calvario per “13 globuli bianchi”

Giovanni Allevi racconta dei suoi anni passati in ospedale come di un vero e proprio viaggio all’inferno, tra psicofarmaci, oppioidi e dolori costanti. “Ero debole senza appetito, dimagrito, pesavo 63 chili. Lì ho pensato che bastava che decidessi di lasciarmi andare e mi sarei spento”. Poi, però, l’inaspettata luce in fondo al tunnel per via di 13 globuli bianchi. “Una mattina – racconta Allevi – un giovane dottore entra senza bussare. Agitando dei fogli mi dice che ho tredici globuli bianchi. Non sono un po’ pochi, gli dico scherzando. Fui felice, Perché? Per risultati professionali di qualche tipo? Perché avevo venduto dei dischi? Perché erano aumentati i follower? No, perché ero semplicemente vivo”.

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