Ironico, garbato, sornione, colto, coraggioso, leale: semplicemente, e ovviamente, Nino Taranto. Quando si esibiva nella sua Napoli faceva il pienone nei teatri e nelle piazze. “Ho il rammarico di non esserci stato di più nella mia terra, perché lavoravo soprattutto nell’alta Italia“. Quando i fratelli Taranto (lui e Carlo) si esibivano giovanissimi, la gente si accalcava in massa e si verificavano anche situazioni di panico data l’affluenza e la foga delle persone.

Nino Taranto lo conosciamo prevalentemente come comico dal grande valore artistico ed indimenticabile spalla di Totò in moltissimi film tra cui “Totò contro i quattro“, “Il monaco di Monza” e “Totòtruffa ’62“, interpretando l’improbabile moglie di Fidel Castro (quest’ultimo interpretato dal “principe della risata“). Ma è stato ancora molto di più. Cantante spiritoso e arguto, già dalla tenera età si avvicinò alla canzone napoletana.

A tre anni intratteneva i clienti della bottega di sarto che aveva il nonno materno. Cantava canzoncine del repertorio comico. Il papà lo portava alle feste e “periodiche” già a nove anni. In carriera ha interpretato i più noti testi di Pisano e Ciuffi, tra i quali “Agata“, “Mazza Pezza e Pizzo“, “M’aggia curà” e “Ciccio Formaggio“. Soprattutto in quest’ultimo Nino Taranto dimostrava che il pezzo fosse perfettamente calzante per lui e divenne il suo cavallo di battaglia. Il protagonista indossava la paglietta, con i pizzi tagliati dalla compagna Luisa per dispetto. Questo divenne poi il suo copricapo simbolo di scena, così come lo era la bombetta di Totò. Simbolo che portò con sé fino all’ultimo e quando in un’intervista gli chiesero a chi lo avrebbe affidato dopo la sua morte, lo mise sul suo capo e rispose: “Lo tengo io…”.

Nino Taranto in un’intervista: “Sono legatissimo a Napoli

Sono legatissimo a Napoli anche se ho lavorato più spesso in alta Italia. Non la vorrei diversa questa città. Se rimprovero qualcosa ai cittadini? No. Rimprovero chi ne parla male. Perché non considerano le condizioni dei napoletani e le contraddizioni. A me rimprovero il fatto di essere stato troppo tempo lontano da Napoli“.

In un altro momento della carriera, alla presenza in studio di Aldo Fabrizi, disse: “Ogni volta che sento la sceneggiata napoletana mi commuovo veramente“.

Su Totò e la superstizione: “È una roba napoletana? Eh, ma io mica sono giapponese

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Su Totò: “Era imprevedibile“. Il principe De Curtis arrivava, prendeva il caffè comodamente e poi diceva al regista: “Che facciamo oggi?“. E quindi cominciava a discutere il copione con Nino: “Allora voi dite così io dico così“, gli dava del voi. “Lo facevo anche io con lui“. Poi giravano: “No, non va bene, facciamone un’altra“. Nella seconda però “non si diceva mai quello che si diceva alla prima“. Quindi “si fa la terza“, e si cambiava ancora.

Sono superstizioso. Gli scongiuri che esistono li faccio tutti io”. A cominciare da quando metteva piede fuori di casa la mattina, mai col destro: “Esco di casa col piede sinistro“. L’intervistatore chiedeva: “Questo è tipicamente napoletano“. L’attore rispondeva: “E io che sono giapponese?“. Esiste un curioso e simpatico aneddoto che lega il funerale di Totò e l’immancabile superstizione.

L’attore napoletano morì raccogliendo un’infinità di persone a Napoli e in suo omaggio vennero celebrati ben tre funerali. In quello nella città capoluogo avvenne un episodio che ci racconta l’animo di questo grande interprete di cinema, radio e teatro. Nino era appostato all’interno della sua auto mentre piangeva disperato per la morte del collega e amico. Quando la folla si accorse di lui lo rassicurava dicendogli: “‘Commendato’, nun ve preoccupate, vo’ facimmo pure a vuie!“. Nino per l’occasione fece alcuni gesti scaramantici tra i quali le immancabili corna.

‘A Maronn v’accumpagna…”

Nino fu meritevole di aver fatto portare la salma di Totò a Napoli, “non ce la volevano portare“, dicevano. In trasmissione, una volta, ricordando Totò, raccontò un aneddoto relativo ad un periodo storico della carriera del celebre attore napoletano. Il principe della risata ogni sera veniva accompagnato fino alle scale del palcoscenico da una gentile donna.

Quest’ultima ogni volta si congedava dicendogli: “Principe, la Maronna v’accumpagna“. Totò, generoso come sempre, metteva “la mano in tasca e le dava 10mila, 20mila o 5mila lire“. Andò avanti per 20 giorni. “Una sera Totò era di cattivo umore, ma il cattivo umore suo era comunque sempre una cosa comica. Dopo 20 giorni, sempre co’ ‘stu strazio le diede i soldi ancora e le disse: ‘Luci’, ma sta Maronna non tiene niente ‘a che fa’ che sta sempre appriess’ a me?’“.

Funerale di Totò: l’orazione funebre venne tenuta Nino Taranto

Amico mio, questo non è un monologo, ma un dialogo perché sono certo che mi senti e mi rispondi, la tua voce è nel mio cuore, nel cuore di questa Napoli, che è venuta a salutarti, a dirti grazie perché l’hai onorata. Perché non l’hai dimenticata mai, perché sei riuscito dal palcoscenico della tua vita a scrollarle di dosso quella cappa di malinconia che l’avvolge. Tu amico hai fatto sorridere la tua città, sei stato grande, le hai dato la gioia, la felicità, l’allegria di un’ora, di un giorno, tutte cose di cui Napoli ha tanto bisogno. I tuoi napoletani, il tuo pubblico è qui, ha voluto che il suo Totò facesse a Napoli l’ultimo ‘esaurito’ della sua carriera, e tu, tu maestro del buonumore questa volta ci stai facendo piangere tutti. Addio Totò, addio amico mio, Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori, e che non ti scorderà mai. Addio amico mio, addio Totò.

Gli inizi di Nino Taranto

Antonio Eduardo Taranto all’anagrafe, nacque il 28 agosto del 1907 nella sua Napoli. Attore, comico e cantante, Nino era figlio di un sarto, Raimondo, e di Maria Salomone. L’attore già da piccolissimo dimostrava di avere talento e di essere particolarmente dotato nel cantare ed intrattenere la gente. Così all’età di 13 anni esordì al Teatro Centrale di Napoli dando vita al repertorio che avrebbe caratterizzato la sua maschera. Dimostrò subito le doti da caratterista con la “canzone in giacca” drammatica e quella da “dicitore” in abito da sera. Nel 1927 entrò nella compagnia Cafiero-Fumo e l’anno dopo s’interessò alla sceneggiatura. Invitato in tournée negli Stati Uniti, prese parte al film italoamericano “Senza mamma e ‘nnammurato” del 1932. Fece ritorno con “una pianola a nastro e mille dollari“. I soldi li impiegò per sostenere la sua prima compagnia di varietà che però fu un fallimento totale ed ebbe la brevissima vita di appena 15 giorni.

Anna Fougez lo scoprì nel 1933 e grazie a lei debuttò nella grande rivista dove rimase sino al dopoguerra, lavorando fianco a fianco con Wanda Osiris e Titina De Filippo. Fu in queste occasioni che nacquero le sue caratteristiche macchiette come il memorabile “Ciccio Formaggio“. Nell’occasione interpretava un ometto sfortunato, tradito e bistrattato dalla fidanzata che le sforbiciava, per dispetto, la tesa del cappello. La pagliuzza tagliata sarebbe diventato il simbolo della comicità dell’attore che ispirò altri fortunati spettacoli di rivista come “Mazza, Pezza e Pizzo” e “Quagliarulo se ne va” e il film “Carlo Mazza“, del 1948. Costituì una propria compagnia di prosa nel 1955. Mise in scena anche i testi del maestro Raffaele Viviani che valorizzavano l’espressività di Nino Taranto.

Al cinema

Nel 1938 esordì sul grande schermo con “Nonna Felicità” di Mattoli e, dal dopoguerra, recitò in circa cento film partendo da “I pompieri di Viggiù“, del 1949, passando per “Anni facili” di 4 anni dopo che gli valse un Nastro d’argento e per “Accadde al commissariato” dell’anno seguente, regalando una brillante interpretazione. Tuttavia, come già abbiamo visto, fu l’affiancamento con Totò a dargli la popolarità e a fargli esprimere al meglio la propria comicità. Tra i film già citati con il principe De Curtis, impossibile non considerare anche la parodia “Totò contro Maciste” del 1962 o “Il monaco di Monza” dell’anno seguente. Dopo la morte di Totò continuò a recitare come caratterista d’eccezione fino al 1973, data del suo ultimo film, “Il sergente Rompiglioni“.

Alla radio

Con la sua voce gioiosa ha saputo caratterizzare anche la sua figura radiofonica con la stessa eleganza che mostrava sul palcoscenico. Negli anni Cinquanta fu protagonista dei più popolari varietà radiofonici in voga nel momento come “Rosso e nero“, “Chicchirichi“, “Locchio magico“, “Fermo posta” e “Il fiore all’occhiello“. Interpretò “La ninotarantella” di Nelli e Manigini e “Biancaneve e i sette Nini” di Verde, tra le altre riviste incentrate sulle gag del “napoletano a New York“. Fu protagonista di alcune commedie e degli “one man show“. Negli anni Settanta fu particolarmente impegnato in radio essendo diventato ospite fisso di molte edizioni del “Gran varietà“. Dopo il cinema continuò con la radio fino al 1981 presentando “Lezione di farsa“.

La canzone

Partecipò al Festival di Napoli con “‘O ritratto ‘e Nanninella“, nel 1955. Si ripresentò tre anni dopo e nel 1967 mentre portava avanti l’attività di autore e presentatore. Proprio in quest’ultima partecipazione portò a casa il primo e il secondo premio con “‘O matusa” e “‘A prutesta“. Nel 1971 venne annullata la manifestazione da parte della Rai proprio nell’anno in cui era previsto il quarto ritornò di Nino.

In televisione

Negli anni Sessanta la popolarità di Nino crebbe grazie alle numerose partecipazioni sul piccolo schermo. Partecipò già prima, nel 1956, al varietà “Lui e lei” con Delia Scala, replicando con “Lui, lei e gli altri” dello stesso anno. Nell’edizione di Canzonissima del 1964-65 partecipò con il titolo “Napoli contro tutti“. Partecipò con successo al varietà “Io, Agata e tu” del 1970, affiancando una giovanissima Raffaella Carrà. L’attore interpretò anche un ruolo drammatico nello sceneggiato de “Le terre del Sacramento“. Nel 1974 venne ospitato in una puntata di “Milleluci“, varietà in voga al tempo. Insieme a Mina ed ancora a Raffaella Carrà interpretò le sue macchiette di successo. L’attore prese parte anche alla serie della rubrica pubblicitaria “Carosello” sponsorizzando i formaggi, “Il Milione alla panna” e l'”Invernizzina“.

Nino Taranto: vita privata, moglie, famiglia, malattia, causa della morte e il fratello di Nino

Nino sposò Concetta Ravasco il 28 luglio del 1928. Dalla relazione nacquero Maria, Carmela e Raimondo. Il 28 ottobre del 1921 nacque Carlo, fratello di Nino, diventato anch’egli caratterista. Nino ci lasciò a Napoli, nella sua abitazione. Correva l’anno 1986, era il 23 febbraio. L’attore morì a 79 anni dopo una lunga malattia. La tomba si trova nella cappella di famiglia, nel cimitero del Pianto.

Nel 1993 la radio gli dedico “La più bella paglietta di Napoli“, trasmissione che lo omaggiava ripercorrendone i successi. Il comune di Roma ha intitolato una strada all’attore mentre la città di Napoli gli ha dedicato il nome dei giardini di via Aniello Falcone, quelli che affacciano proprio su quella che era la sua casa. A Napoli esiste una Fondazione a suo nome creata dai familiari al fine di tenerne ancora vivo il ricordo.