Lino Banfi, gagliardo, intramontabile e con la passione immediata per lo spettacolo “A 17 anni scappai da casa“. Lo raccontò al Corriere: “Ero attratto da artisti e ballerine. Mio padre mi venne a beccare a Taranto, era arrabbiato. Mi disse: ‘Sei pazzo?’“. I genitori lo volevano cardinale. “Vengo da una realtà povera, nessuno aveva studiato. L’unico figlio con intenzione di studiare, per la famiglia doveva fare ‘o prevete“. Ovvero il prete. Ma la voglia di studiare l’aveva da più piccolo, poi arrivò la mania dello spettacolo. Non voleva più tornare tra i banchi: “Se mi costringi ad andare a scuola scappo di nuovo“, disse al papà. La voglia di studiare era già passata: “Se vuoi fare l’artista, fallo, ma poi che lavoro vuoi fare da grande?“, gli chiedeva il papà, non concependo la cosa come una vera professione.

Forse la voglia di studiare gli passò in collegio. Pasquale Zagaria all’anagrafe, ci finì a 10 anni. “Mentre gli altri ragazzini potevano tornare a giocare a pallone per strada, perché non cadevano più le bombe, io venivo responsabilizzato. I preti erano severi: ancora oggi ho dolori alle ginocchia, perché lì ti inginocchiavi in continuazione per pregare o per punizione“. Il rettore lo rimproverava perché nelle recite, a differenza degli altri compagni che sapevano far commuovere, lui faceva ridere. Tuttavia qualcuno lo comprese già, “Il vescovo“, che gli dette la “benedizione“.

Da giovane

Sua figlia ha bisogno di mangiare…”

Con Lucia, la moglie, si sono conosciuti da giovanissimi e si sono innamorati prima che arrivasse il successo: “Il bello della nostra unione. Lei ha scelto me davanti al suo lavoro avviatissimo di parrucchiera e si trasferì con me“. Iniziò il cabaret e mollò la parentesi dell’avanspettacolo: “Bruciai tutto una sera, perché quando mi girano…“. Si diceva tra sé e sé: “Basta, non posso più vedere Rosanna – sua figlia – che cresce così. La maestra diceva: ‘Signor Zagaria, qui servono un po’ di proteine alla ragazza’. Andai sulla Tiburtina e bruciai tutto, manifesti, tutto“.

Con la moglie Rosanna

L’indomani avrebbe accettato un posto fisso ma un senatore gli disse: “Come faccio figlio mio, non sei neanche laureato, diplomato. Ti prendo ma poi, anche da privatista, devi conseguire il diploma“. La notte la moglie, “innamorata di me…non dormivamo“, gli disse: “Ma senti domani a questo colloquio devi andare per forza? Perché tanto noi i debiti li avremo sempre e li abbiamo. Li continueremo a pagare. Non mi va di avere un marito triste che farà una vita che non vorrà fare“. Lino Banfi lo raccontava a “Oggi è un altro giorno” lo scorso anno, ospite da Serena Bortone.

Quell’angelo che lo sfamò la vigilia di Natale… “Dovevo decidere se con quel poco che avevo dovevo mangiare o dormire

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Gli inizi furono davvero complicati, Lino finì in preda agli strozzini. Il giorno della vigilia di Natale del 1958 un posteggiatore abusivo napoletano, Ciro, lo portò a casa per sfamarlo e gli pagò un biglietto per Milano. L’attore dormiva nelle stazioni dei treni o negli edifici in costruzione. “Noi attori disoccupati dovevamo pagare una stanza notte per notte, perché nessuno ci faceva credito“. Addirittura nel 1955 si finse malato per essere operato alle tonsille, almeno poteva dormire al caldo ed in un letto. Ma tornando al 1958: “La sera del 24 dicembre avevo racimolato talmente poco che dovevo decidere se mangiare oppure se dormire al coperto“. Il suo angelo “si chiamava Ciro“. “Mi disse che dove mangiano in nove mangiano anche in dieci: aveva otto figli. Mi fece dormire a casa sua e il mattino dopo mi diede mille lire per prendere il treno e tornare al mio paese“.

Ha provato poi a cercarlo ma senza successo. “Sono tornato dopo qualche anno dopo a Napoli per cercarlo, ringraziarlo e dargli un premio, un regalo. Però non l’ho più trovato. Nessuno sembrava conoscerlo e averlo mai visto. Un giorno un mio amico cardinale mi chiese come mai continuassi a cercare questo Ciro a Napoli. Mi disse che non l’avrei trovato mai, perché quel Ciro era un angelo che scelse di salvarmi quella notte“.

Dal paese: “Lino lo abbiamo sempre guardato come lo Spirito Santo

Quando vidi il cabaret dissi: ‘Ma è molto più facile dell’avanspettacolo’. Andai e mi chiamarono sul palco: in quei 10 passi ho deciso la mia vita. Ho detto: ‘Io qui all’avanspettacolo se continuo muoio di fame e non pago i debiti. Dobbiamo crescere Rosanna’“. Lo raccontava quasi dieci anni fa a “Stracult“, ospite di Lillo & Greg. Quella sera salì sul palco e parlò in dialetto pugliese, “non lo avevo mai fatto prima“. Comprese la comicità da adottare: “A vedere voi, che si vede in faccia che siete morti di fame…”. Parlava così al pubblico che apprezzava e rideva. Andò bene e disse: “Dove devo firmare per tornare a Roma?“.

In una intervista rilasciata a Domenica In, nel 2017, durante uno spezzone della puntata, venne mandata una clip in cui Giampaolo Sardella, “mio parente lontano“, raccontava i primi tempi del successo di Lino: “Non aveva soldi, andava alla Caravella, a Bari, c’era la trasmissione della radio che faceva la domenica. Gli davano 5mila lire e non aveva neanche i soldi per prendere il pullman. Trovò un amico che aveva un furgone che portava il formaggio a Bari, il sabato, e allora andava con lui e non pagava – raccontava Sardella ai microfoni di Domenica In – Poi sono usciti i film con Franco Franchi, una cosa spettacolare. Quando fece il primo film era diventato una star qui. L’unico col telefono nella borsetta. Mentre stava con noi, neanche a farla apposta, chiamò la Rai. Noi eravamo già sorpresi del telefono. Lo abbiamo sempre guardato come lo spirito santo“.

La carriera

Il primo intoppo: il nome. Fu merito di Totò se poi divenne Lino Banfi. “Quando mi ricevette in casa sua ai Parioli, ero molto emozionato. Mi accolse in vestaglia di raso bordò, con tanto di stemma sul taschino“. Dopo avergli detto di chiamarsi Lino Zaga, l’attore napoletano “fu drastico“. Si sa che Totò era noto anche per la sua scaramanzia: “Nel mondo dello spettacolo – gli disse, raccontato da Banfi stesso – accorciare il nome porta bene, accorciare il cognome porta jella“. Gli esordi dell’avanspettacolo sono legati al teatro Ambra Jovinelli e al padrone dello stesso, Graziano Jovinelli: “Era un cinema-teatro e noi artisti facevamo le nostre scenette nell’intervallo tra un film e l’altro: durante la proiezione, però, dovevamo stare buoni e zitti dietro lo schermo, quindi guardavamo il film a rovescio. È stato lì che ho visto recitare i grandi del cinema: li studiavo, rubacchiavo e mettevo nel sacco, dicendomi che un giorno anche io sarei diventato famoso come loro“.

Tra i maestri, Peppino De Filippo: “Un vero gigante“. E tra i segreti appresi, gli spiegò l’importanza dei tempi comici: “Le battute devono avere i ritmi giusti, ci vuole la pausa e la menopausa…”. L’esordio in Tv lo fece nel 1964 nel programma “Biblioteca di Studio Uno“, di Antonello Falqui. Interpretava un valletto recitando battute con accento pugliese. L’esordio sul grande schermo però lo fece già nel 1960 con “Urlatori alla sbarra“. Quattro anni dopo cominciò a prendere piccole parti nei film di Franco e Ciccio. Il resto è storia.

I film di Lino Banfi

Non ha fatto solo film comici ma anche i drammatici, ma, in particolar modo negli anni Settanta e Ottanta, spopolò grazie alla commedia sexy. “Mi sarebbe piaciuto essere più magro e più alto: certi miei colleghi seduttori mi facevano incacchiare, stavano sempre in copertina. Io non sono mai stato copertinabile, né scopertinabile“. Era ed è grande amico di Edwige Fenech con la quale ha avuto un lungo sodalizio artistico sul grande schermo. “Ora si è trasferita in Portogallo“. Le ha detto che è il posto giusto: “Sei nata in Algeria in una città chiamata Bona, vivi a Lis-bona…”. Se si dovessero contare i film in cui Lino è solo apparso, si arriverebbe in tripla cifra abbondante. Mentre da protagonista “sono 80-85“. Tra questi impossibile non citare cult cinematografici come “Vieni avanti cretino“, “L’allenatore nel pallone“, “Al bar dello sport“, “Fracchia la belva umana“, “Il commissario Lo Gatto” e “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio“. Tra i panni vestiti, celebri quelli di Nonno Libero nella fiction televisiva “Un medico in famiglia“.

Avrebbe voluto un premio, “mi accontenterei anche di un orsetto di pelouche“. L’unico rammarico è di non aver preso parte a film importanti, “di quelli che partecipano ai festival“. Forse per questo motivo la moglie gli dice sempre di vederlo “inchezzeto“. “Ma si sa: i comici in famiglia non sono divertenti“.

Lino Banfi: vita privata, età, famiglia, moglie, figli, dove vive, titolo di studio, famiglia, negozio, malattia

Con i figli

Quest’anno Lino Banfi ha compiuto 86 anni. L’attore è sposato con Lucia Lagrasta. Divennero marito e moglie nel 1962 dopo dieci anni di fidanzamento. La coppia ha avuto due figli: Walter e Rosanna. Lino è nonno anche nella realtà grazie ai due figli di Rosanna. L’attore gestisce un ristorante, “Orecchietteria Banfi“, vicino Piazza Cavour, quartiere Prati, a Roma.

Lino ha passato anni difficili quando sua figlia Rosanna ha dovuto lottare contro il cancro. Sua moglie Lucia invece è affetta dal morbo di Alzheimer. L’attore ha sempre parlato del desiderio di poter morire insieme a Lucia “per non soffrirne la mancanza, e viceversa“. Glielo dice sempre infatti anche sua moglie.