Uscito nel 1982, “Borotalco” è stato diretto, co-scritto e interpretato da Carlo Verdone. Il film è apprezzatissimo dagli appassionati e ci svela un Verdone slegato dalle vecchie trame dei suoi precedenti film. Qui ci mostra Sergio Benvenuti, il personaggio da lui interpretato, e il suo alter-ego, Manuel Fantoni.
Nel 2002 lo stesso Carlo Verdone rilasciò un’intervista ricordando Borotalco nel suo 20° anniversario: “Si rivede con una certa credibilità. È stato il film che mi ha fatto faticare di più durante la sceneggiatura. Però – parlando sempre di “Borotalco” – lo ritengo il più importante della mia carriera perché venivo da ‘Un sacco bello‘ e ‘Bianco rosso e Verdone‘. Film a pieno virtuosismo”. Sentiva l’esigenza di dover iniziare a lavorare “con un personaggio unico“. Il timore dell’attore era quello di restare confinato al solo repertorio già mostrato in precedenza, senza capacità di dare un seguito, variando nell’interpretazione. “Mi chiedevo se fossi stato capace a far ridere senza una parrucca, senza i tic, senza l’occhialetto…”. Insomma, senza la pluralità dei personaggi interpretati nello stesso film, come nelle precedenti due occasioni menzionate dall’attore.
Tuttavia, qui in realtà Verdone ci regala uno sdoppiamento di personalità, sebbene confluiscano nello stesso personaggio: Sergio Benvenuti e Manuel Fantoni. Quindi, con Enrico Oldoini, “impiegammo quasi un anno a scrivere il soggetto di Borotalco“. “Piano piano è nato questo piccolo fotoromanzo che era una lastra nitida del momento attuale, dell’epoca attuale. Un film che amo molto. Ci sono state battute in Borotalco molto ricordate dai giovani“. Allora era però un’altra gioventù: “I giovani dei primi anni ’80 erano un po’ più ingenui di oggi”. E “quella riunione dove si spettegola sui miti del cinema…”. Oggi non sarebbe oggetto di conversazione: “Non se ne parlerebbe nemmeno più”. “Oggi sarebbe stata una riunione con le canne. All’epoca c’era una maggiore ingenuità. Ed è meglio così secondo me“. Questo però Verdone lo diceva già nel 2002.
Angelo Infanti, Christian De Sica, Mario Brega, Eleonora Giorgi e Carlo Verdone: i personaggi di Borotalco

Qualche mese fa, Carlo Verdone ha ricordato il compianto Angelo Infanti nel salotto di Serena Bortone a “Oggi è un altro giorno“. Nell’occasione era stato omaggiato il film “Borotalco” per celebrare i 40 anni di anniversario. Uno dei personaggi cult è immancabilmente Manuel Fantoni, quello vero però, interpretato proprio da Infanti. “Io devo molto ad Angelo Infanti, un grande attore. Lo vidi a casa di Sergio Leone, stavamo parlando“. Carlo vide entrare “quest’uomo così spiritoso, bello, playboy, dinamico, generoso, simpatico“. Si chiese: “Ma questo è l’ideale per fare la parte di quello che porta via Magda a Furio“, in riferimento al primo film “Bianco, rosso e Verdone“. Lo fece presente a Leone che gli disse: “Per essere un bravo attore è un bravo attore, fagli un provino“.
Ma Verdone disse: “Che devi provare, è lui, è così“, talmente Angelo era spontaneo nel suo affascinante e interessante modo di essere. In passato aveva già raccontato Angelo definendolo “spiritoso, insolente, divertente, caciarone“. La stima di Angelo Infanti per Verdone era immensa. Infanti parlò di “benedizione” ricordando quel “primo film con Carlo“. Disse: “Io lavorerei sempre con Carlo perché distende i nervi, si diverte lui, si diverte la troupe, si diverte l’attore. Ti aiuta nelle gestualità. Se tu inventi qualcosa, lui te l’asseconda se gli piace“. Eppure, in un primo momento, la parte di Manuel Fantoni sarebbe potuta andare a Vittorio Gassman, tra i papabili per il ruolo.
Mario Brega era l’unico che poteva fare un po’ come voleva. “Lo dovevi lasciar fare“. Verdone lo conosceva bene e ci aveva già lavorato insieme, sapeva perfettamente che era in grado di tirar fuori delle perle spontaneamente e senza preparazione. Sebbene in altri set la gestione dell’attore non sia stata semplice per il regista romano, qui i due avevano più esperienza pregressa alle spalle e andò meglio.
Presente anche Eleonora Giorgi in trasmissione da Serena Bortone: “Ero giovanissima. Quell’anno arrivavo da Nino Manfredi e dovevo andare da Marcello Mastroianni. Mi dicevano: ‘Ma che vai a fa sto film co ‘sto ragazzo’ – riferendosi a Carlo Verdone – Oggi degli altri film ce ne siamo scordati, mentre siamo qui per Borotalco!“. Carlo la scelse perché era “sprizzante, solare, ironica“. Irradiava energia. “Lei si illuminava” mentre le parlava del soggetto. Nel ventennale (quindi 20 anni prima), l’attore e regista romando disse in merito: “Ha interpretato sé stessa, c’è molto di lei in quel film. Nell’energia, nel sorriso, nella simpatica invadenza. La mia bravura è stata di aiutarla ad esser vera. Quel film le portò fortuna: ha vinto il David, premio Rizzoli, al Festival di Montreal come migliore attrice. Il film ha vinto 6 o 7 David. Vinse anche Infanti come attore non protagonista“.
Durante la puntata compare anche Christian De Sica che fa avere un messaggio di augurio e ringraziamento al cognato “che mi scelse per il film“. L’attore ha rivelato che il merito è stato della mamma di Carlo: “Fa’ lavora’ Christianello…”, diceva a Carlo. Tuttavia Verdone ha smentito nettamente: “Ma quando mai mia madre mi raccomanda qualcuno. Sono io che l’ho preso… Ogni tanto vuole di’ ‘ste cose“.
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“Questa frase mi venne in mente perché faceva parte di un monologo che avevo fatto anni prima in radio. L’ho rimesso in bocca a Sergio Benvenuti dei colossi della musica“.
Com’è nato il titolo Borotalco
“Non lo so, volevo dare l’idea di un fotoromanzo. Una vita leggera. Pensavo alle nuvole…non so. Mi venne fuori Borotalco. Cecchi Gori aveva buon fiuto e disse: ‘Il titolo è buono’“. Mario Cecchi Gori avvisò però Carlo: “Speriamo non rompano dalla Toscana“, in riferimento alla società Manetti & Roberts, azienda produttrice dell’igiene personale e la cura del corpo, tra cui il Borotalco. E alla fine da Firenze chiamarono: “Ma lo sapete che lo produciamo noi?“. La casa di produzione del borotalco mandò una diffida chiedendo che venisse cambiato il nome visto che si trattava di un marchio registrato. Ma tutto finì nel dimenticatoio dopo l’estremo successo del film. A contribuire nella scelta del nome anche Eleonora Giorgi. Il borotalco è “leggero, lieve, gradevole, profumato“: “Proprio come il film. Il più importante ed essenziale della mia carriera“.
Borotalco: quella volta che Verdone fece infuriare Lucio Dalla
L’attore romano, alla serata del Premio Fabula del 2016, durante gli omaggi verso Lucio Dalla, non si era fatto mancare il racconto di un aneddoto relativo al film “Borotalco“, spinto dal presentatore e dal pubblico, desideroso di qualche curiosità simpatica nel rapporto tra il cantante e Verdone. “L’ho fatto arrabbiare quando girai Borotalco“, esordì raccontare di quell’unica volta che fece infuriare il compianto artista.
Verdone chiese a Dalla “di fare le musiche” per il film di Borotalco. Al tempo “mi aveva visto in tv“, spiegava, “ed era rimasto molto colpito da quello che facevo“. Quindi “ci pensò e disse: ‘Ti do qualche canzone mia ma ti metto accanto al mio gruppo’“, gli Stadio, altro omaggio della serata. “È un bel gruppo che suona con me e insieme faremo una bella colonna sonora“.. “Però dammi la certezza che farai un bel film“, chiuse la conversazione il cantante.
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Ma Verdone, a differenza del solito, non era così insicuro del film: “Credo d’aver dipinto un periodo storico molto importante, quello dell’inizio degli anni Ottanta“. Era un film “pieno di entusiasmo” e “pieno di giovani” e c’è un po’ di tutto: “Le battute, i personaggi, Fantoni, la Giorgi….”. Quindi “quando il film fu terminato Dalla mi chiese di vederlo perché se avessi fatto una scemenza mi avrebbe chiesto di togliere il suo nome“.
O magari “di metterlo piccolo piccolo…”. Solo che il produttore fece uscire manifesti enormi ancora prima che Dalla vedesse il film. “All’epoca si faceva con quei cartelloni immensi – ricordava Verdone – con striscioni per strada“. “Borotalco era scritto piccolo; poi ‘un film di Carlo Verdone’ era scritto un po’ più grosso” così come il nome di Eleonora Giorgi; e poi decisamente con scritte più grandi ecco: “Musiche di Lucio Dalla”. La scritta del nome del cantante era “enorme”.
Il produttore “era Mario Cecchi Gori” e lanciava un messaggio come per dire “credo più a Dalla che a Verdone“. “Dalla passò su Muro Torto e vide ‘sto manifesto del film che sembrava su di lui e non su Verdone per quanto era grosso il suo nome“, aggiunse l’attore, parlando di sé in terza persona. Risate inevitabili degli spettatori in platea e del presentatore della serata. Quindi “mi fece una telefonata arrabbiatissimo“.
Il punto di non ritorno: “se il film fa cag**e ti faccio causa!“
“Ti ho dato le musiche, ti ho dato tutto, non si mette il nome così grande!“, imitava Verdone. “Io ti tolgo il nome!“, minacciò Dalla. Quindi le scuse immediate: “Perdonami ma il produttore…”, tuttavia Dalla non sentiva ragione. “Ma tu devi contare con il produttore!“. Insomma, “una cosa tremenda“. Quindi la chiusura della telefonata, che “mi lasciò col patema d’animo: ‘Io stasera vado a Bologna e lo vedo. Se mi fa cag**e tolgo il nome e ti faccio causa!‘”.
Ecco quindi che ci fu “la prima del film“, che “era al cinema Corso a Roma“. “Ero lì col mio sceneggiatore, Enrico Oldoini, e stavamo dietro l’angolo. Avevamo paura a guardare l’entrata per vedere se c’era gente o meno, stavamo così“, e mima una posizione immobile simulando il corpo accostato al muro dal quale spiavano l’ingresso del cinema. “Vedevamo un po’ di gente, e dico: ‘Quanti so’?’“. Risposta: “30“.
Quindi ci si interrogava sull’affluenza e Verdone ragionava: “Per uno spettacolo delle 22 e 30 non sono tantissimi“. Allora “fumai una sigaretta“. Dopo si accorsero “che erano diventati cento“. Lo spettacolo cominciava alle 22 e 40, “e a quell’ora vedevamo mezza piazza piena che entrava a vedere il film“. Tuttavia il peggio non era affatto passato, la domanda sorgeva spontanea per Carlo: “Ma come usciranno questi?“. Alla fine dello spettacolo “ci passarono davanti e sentii un ragazzo che disse: ‘Aoh, me so’ morto dalle risate, mort***i sua quella battuta quanto è forte‘”.
Il responso e il cambio di tono di Lucio Dalla

Il film piacque e Verdone ricordava l’entusiasmo: “È piaciuto! È piaciuto!“. “Arrivammo alla cassa dove c’era Mario Cecchi Gori che fumava il sigaro. Lui era un cinico. Gli chiesi: ‘Com’è partito il film?’. E lui: ‘L’è partito che è belloccio’, e quando lui diceva ‘belloccio’ voleva dire che era una cosa strepitosa. E infatti il film lo fu“. Il pericolo era scampato? Per niente. “Restava il dramma di Dalla“, diceva Verdone. “Era andato a vederlo a Bologna“. La notte passava nel silenzio ma la mattina dopo “alle otto e mezzo squillò il telefono“.
Era Dalla “il tono era completamente cambiato“. E disse: “‘Carletto mio, ma tu mi hai fatto un omaggio straordinario, è tutto un omaggio a me. L’ho visto per terra sdraiato, non c’era posto. Grande Carlo, scusame assai. Insomma il nome poteva essere un po’ più piccolo ma bene così, grande film, grande film’“. E Carlo aggiungeva: “Probabilmente pensava a tutti i diritti d’autore che gli entravano con quel film, gliene sono entrati talmente tanti…”. E giù tutti di risate.
Poi la chiosa nel ricordo di Lucio Dalla: “E quindi è l’unica volta che l’ho fatto arrabbiare però gli ho dato una soddisfazione il giorno dopo. Io di Dalla avrò sempre bellissimi pensieri e ricordi, era molto umile e generoso, era un artista e poeta, scriveva grandi testi, per questo lo ammiriamo e lo celebriamo ancora“.
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