“Il mio ritorno alla vita ha rappresentato una grande rivincita, vissuta insieme alla mia famiglia molto unita e un po’ folle”: sono le parole di Filippo Laganà, figlio di Rodolfo, salvo dopo un precipitoso trapianto di fegato avvenuto nel 2019 negli Stati Uniti, dove si trovava in vacanza. Oggi ne parla sorridendo, ha ripreso dal papà, soprattutto riguardo il suo l’infinito ottimismo. Filippo oggi ha 28 anni, è un attore e quattro anni fa è avvenuto lo stacco tra la prima e la seconda vita.

Già, perché fu sottoposto ad un repentino trapianto di fegato grazie al quale riuscì a salvarsi. Oggi, quella storia, è un film: “Amici per la pelle”, diretto da Pierluigi di Lallo. Filippo interpreta sé stesso, figlio di Massimo Ghini e Nancy Brilly, nei panni dei genitori dell’attore. Due sere fa Rai1 ha trasmesso il film in prima serata.

Amici per la pelle, il film della vera storia di Filippo Laganà, figlio di Rodolfo

Era il 2019 quando Filippo, trovandosi in viaggio a New York, si sentì male mentre era con la mamma e la fidanzata. Papà Rodolfo era a Roma, a lavorare a teatro. Non appena misero piede nella Grande Mela, finirono in ospedale. Filippo era grave e necessitava di un immediato trapianto di fegato. Riuscì a salvarsi grazie ad un donatore. L’intervento andò a buon fine e Filippo cominciò la seconda meravigliosa parte della sua vita. Non ha mai incontrato il donatore, “la legge non lo prevede, ma va bene così: io ci parlo ogni giorno, gli chiedo se è d’accordo con le mie scelte”.

Poi, la sua storia, ha ispirato il film. “L’idea mi è stata data da un produttore che, conosciuta la mia storia, mi ha spinto a buttare giù un paio di paginette. L’ho fatto di getto e per fortuna il soggetto è piaciuto alla Rai. All’inizio, temendo che fossi ancora troppo coinvolto, volevano affidare il mio personaggio a un altro attore”.

Quando scelsero lui, confessa di aver sentito di poter “vincere definitivamente”, perché era un modo per “chiudere il cerchio”. Non fu facile girare, per questo gli chiesero di distaccarsi dalla storia e “fingere” di interpretare qualcun altro. Non era assolutamente facile. La storia, era la sua, non quella di un altro. Ci provò, ma “quando abbiamo girato nel Policlinico Tor Vergata, nella sala operatoria in cui ero stato operato, la commozione è stata grande. Ogni sera, del resto, tornando a casa dal set buttavo fuori tutta l’emotività accumulata. Meglio di una seduta dallo strizzacervelli”.

Oggi il papà Rodolfo è affetto da sclerosi multipla, ma, tipico della sua verve, l’attore e regista la affronta con la solita vena comica. Quando il figlio riuscì a salvarsi, gli disse, scherzando: “Poteva andare peggio, magari mi ritrovato un figlio laziale”.

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