Tanti auguri a Paolo Genovese che oggi compie 56 anni. Paolo è uno dei migliori registi italiani in circolazione. Si è saputo distinguere grazie alla capacità di lavorare sui lati inespressi dei suoi interpreti, correggendo con mestiere anche i loro punti deboli. Paolo non cerca fama, è un regista concentrato sul suo lavoro e vuole essere riconosciuto per il suo “tratto” piuttosto che per il nome. Regista eclettico, capace di raccontare al meglio vizi e virtù degli italiani, aveva già dimostrato il suo talento in “Immaturi” e “Una famiglia perfetta“, per poi riuscire a sconfinare dal territorio Nazionale raggiungendo quasi tutto il mondo con “Perfetti sconosciuti“. Nel 2019 il film ha avuto talmente tanto successo da essersi guadagnato l’ingresso nel Guinness dei primati per i 18 remake realizzati. Numero cresciuto nel frattempo.

Paolo non è solo un regista di grande qualità ma anche una persona buona, dall’animo pacato. Si dice che non si arrabbi mai. “So di essere un privilegiato assoluto e l’isterismo da set non lo capisco. Durante Immaturi, sull’isola di Paros, l’attrezzista dimenticò di mettere la copertura subacquea sulla Mdp a un passo dalle riprese. Potevo perdere la testa, poi mi guardai intorno. Il sole, il mare, la troupe rilassata che aveva fatto il bagno fino a 10 minuti prima. Respirai e sorrisi“.

Non perse la testa neanche quella volta che Raoul Bova e Ricky Memphis stavano per abbandonarlo sul set del sequel di “Immaturi“. I due attori si lamentavano dei ruoli e volevano mettere le mani sul copione. Anche in quel caso, sebbene fosse “furibondo“, si trattenne e scelse “un momento più propizio” per chiarire. Lo fece perché “litigare avrebbe significato mandare a monte il film“.

La gioventù: “Ero molto di sinistra“, partecipò alla manifestazione “contro Pinochet” uscendo al Tg3. I genitori “democristianissimi” non la presero affatto bene…

Paolo ha fatto le scuole elementari alla “Montessori“, quartiere Africano, Roma. A 14 anni “ho comprato un telecamerone e una centralina di montaggio“. “La sola idea di poter unire musica e immagini” gli sembrava “lunare“. Era già appassionato, anzi “fissato“, di “ricordi” e voleva riprendere tutto. Registrava una giornata al mare riuscendo a darle un tocco “allegro o malinconico, a seconda dei suoni o della scelta delle immagini”. “Insieme al tempo che passa – i ricordi – sono la mia fissazione perché il ricordo e la sua costante contraddizione sono le chiavi di lettura più efficaci del nostro tempo. Lo fissiamo in immagini per non dimenticarlo e contestualmente, mentre raccogliamo frammenti, in pubblico e in privato, sembriamo del tutto inconsapevoli di essere immortali“.

Il papà “lavorava alla divisione commerciale della Esso“. La mamma “era casalinga“. Viveva in un contesto di “media borghesia“, dunque “l’idea del posto fisso era basilare“. Paolo si è diplomato al Liceo classico Giulio Cesare per conseguire poi la laurea in Economia e commercio all’Università “La Sapienza” di Roma. Da ragazzo “ero molto di sinistra“. Partecipò ad una manifestazione “contro Pinochet, sotto l’ambasciata cilena” uscì al Tg3 sebbene esortato a non andare dai “democristianissimi” genitori. Al rientro a casa “trovai un piccolo inferno“. Paolo entrò a lavorare alla Deloitte in Albania. “Una multinazionale che si occupa di revisionare i bilanci aziendali. A Roma mi annoiavo e sognando il trasferimento a Parigi o a Londra, e chiesi di cambiare sede. Mi mandarono a Tirana, in un Paese in apnea appena riemerso dalla dittatura di Hoxha. Non c’era niente e tutto andava ricostruito“.

Passò 18 mesi in Albania, si licenziò e venne assunto “in McCann Erickson, una grande agenzia di pubblicità“. Dopo due giorni gli proposero di affacciarsi sul set per capire “cosa significasse uno sport“. “Vado, vedo il carrello, le luci, gli elettricisti, la macchina da presa e rimango folgorato“.

La carriera

La carriera comincia come autore e regista di spot pubblicitari che dirigerà per le compagnie telefoniche (Tim e Tre), fast food (Mc Donald’s), e per Buitoni, Findus, Algida, e per la testata del Corriere della Sera. Il cortometraggio “Incantesimo napoletano“, del 1998, diventa un film nel 2002 e segna il debutto cinematografico di Genovese, co-diretto con Luca Miniero. “In McCann produssero il mio primo cortometraggio“. Con Miniero “ci licenziammo da McCann e ci mettemmo in proprio per realizzare spot“. “Il primo contratto lo firmammo con Filmmaster. C’era scritta sopra una cifra a cui non potevamo credere. Pensavamo fosse lo stipendio annuale, in realtà si trattava di una sola mensilità. Poi, di tanta generosità, capimmo anche le ragioni“.

Paolo Genovese spiegò la discontinuità dei lavori: “Magari dallo spot successivo non ti chiama a lavorare più nessuno“. In pubblicità “ci sono molti soldi” ma “il contrappasso è l’usura rapida, l’oblio senza ragioni apparenti“. Dopo altri lavori con Luca Miniero, nel 2010 Paolo si siede in cabina di regia in solitaria per il film di Aldo, Giovanni e Giacomo, “La banda dei Babbi Natale“. La separazione è data da un processo “naturale“, perché “due registi sono le persone meno indicate per lavorare insieme“.

L’anno seguente è toccato a “Immaturi” e il sequel del 2012, “Immaturi – Il viaggio“. Il vero successo arriva con “Una famiglia perfetta“. Importante anche l’impatto di “Tutta colpa di Freud” del 2014. Il 2016 segna l’anno di “Perfetti sconosciuti” che sbanca al botteghino dopo il primo weekend d’uscita nelle sale, attestandosi al secondo posto tra i maggiori incassi della stagione cinematografica in questione. Tuttavia il vero guadagno del film è arrivato grazie alle molte proposte di acquisto dei diritti che sono giunte per realizzare i numerosi remake del film.

Il film viene premiato, tra gli altri riconoscimenti, con un doppio David di Donatello (per il miglior film e la migliore sceneggiatura), tre Nastri d’Argento, un Globo d’Oro e tre Ciak d’Oro. La sceneggiatura è premiata anche al Tribeca Film Festival. Nel 2017 esce “The Place” con discreti risultati al botteghino. Il 2021 è la volta di “Supereroi“. Nello stesso anno va in onda anche la serie televisiva “Tutta colpa di Freud” e il discusso mediometraggio “Gli Amigos“.

Paolo Genovese oggi: età, moglie, fratello, figli, l’incidente del figlio Pietro, quanto guadagna, il patrimonio, Edoardo Leo, i film previsti nel 2022

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Paolo è nato a Roma il 20 agosto del 1966, e proprio oggi compie 56 anni. Il regista e sceneggiatore è sposato con Federica Rizzo, dalla cui relazione sono nati Pietro, Emma e Matteo. Oggi la famiglia si divide tra Roma e Todi.

Pietro, il primogenito della famiglia Genovese, è accusato di omicidio stradale plurimo ed è stato condannato in definitiva a 5 anni e quattro mesi per aver investito e ucciso Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli mentre era alla guida della sua auto con un tasso alcolemico superiore di tre volte al massimo consentito. Il fatto è avvenuto a Corso Francia la notte tra il 21 e il 22 dicembre del 2019. Dopo un anno e sette mesi di arresti domiciliari, dal luglio del 2021 il ragazzo è costretto alla permanenza domiciliare dalle 22 alle 7 del mattino, con obbligo di dimora a Roma.

Non è assolutamente semplice calcolare il guadagno del regista e il suo patrimonio. Tuttavia sappiamo che ha girato diversi film ed è uno dei registi più quotati sul territorio italiano. Nel 2019, per i remake di “Perfetti sconosciuti“, la pellicola aveva incassato globalmente 500 milioni di euro.

Il regista ha girato due film con Edoardo Leo interprete: “Tutta colpa di Freud” e proprio “Perfetti sconosciuti“.

Nel 2022 il regista sta lavorando sul film “Il primo giorno della mia vita“, ispirato al romanzo scritto per Einaudi dal quale ne prende il nome.

Perfetti sconosciuti: il grande successo, le parole di Paolo Genovese, i remake

Ci sono film più belli – aveva detto Genovese a “Repubblica” sul film – ma ‘Perfetti sconosciuti’ ha saputo intercettare un fenomeno sociale in cui tutti si sono identificati. Non so se mi ricapiterà mai, ho avuto fortuna“. L’idea del regista ha fatto scuola praticamente in tutto il mondo, con oltre 20 remake realizzati. Il film è attuale più che mai e mette a nudo i protagonisti permettendo allo spettatore di immedesimarsi facilmente nei personaggi. Tutto si svolge come un “gioco” che prevede di mettere sul tavolo il proprio cellulare e, ad ogni notifica, squillo o vibrazione dello smartphone, tutti devono vedere di cosa si tratta, compresi i partner sentimentali dei protagonisti. Già dopo il primo weekend in cui il film uscì al cinema si attestò in cima alla classifica tra i più visti della settimana, con un incasso di quasi 3,5 milioni di euro.

Siamo rimasti sommersi dalle richiede di diritti per i remake” aveva spiegato l’amministratore delegato di Medusa Film, Giampaolo Letta. “Le cena con gli amici è uno di quei rari momenti in cui ti lasci andare, senza rete. Ti rilassi, hai il tempo di abbassare le difese e soprattutto non puoi scappare – aveva detto Genovese a Repubblica Le cene hanno spesso un arco drammaturgico ben preciso, l’inizio è freddo e lento, poi ritmo emotivo e non solo salgono, a volte in modo esponenziale, di sicuro progressivo. Per noi italiani, poi, la convivialità non è mai un fatto banale“.

Poco dopo l’uscita del film è subito un grande successo e molti spettatori scrivono al regista confidandogli i propri segreti. “Mi scrivono lettere lunghissime – diceva Paolo nelle interviste – Non mi dicono semplicemente è bello o fa schifo, ma si aprono“. Gli raccontano le loro paure, i sensi di colpa e condividono con lui “il peso di una bugia“.

L’idea del film

Fu semplice per Genovese: “Ma possibile che nessuno abbia fatto un film sulle relazioni governate dai telefonini?“. Questa era la sua domanda ricorrente. Il regista voleva realizzare qualcosa su un aspetto ormai così quotidiano: “Messaggi, foto, segreti“. Sembrava strano ma “non ci aveva pensato nessuno“. Così arrivò Paolo: “È l’Uovo di Colombo“.

Perfetti sconosciuti: il finale

Centrando il punto, il film parla del “tema della menzogna” e quindi mostra “chi abbiamo veramente al nostro fianco“. Paolo Genovese desiderava un “finale spietato“, sebbene nella sceneggiatura il film già finisse “male“. Voleva un finale ancora più “drammatico e senza speranza“. La gente entrava in sala “pensando di ridere” e poi usciva dal cinema “turbata“. Tuttavia si tratta di “una commedia“, seppur “drammatica“.

Perfetti sconosciuti si è rivelato un successo globale, eppure “il rischio di realizzare una schifezza era alto“. Si trattava di un repertorio in parte già visto e l’assunto che “non brillava per originalità“. “Un film tutto girato al chiuso che non controlli fino in fondo, non sai dove tagliare e in cui i piani d’ascolto sono più importanti della recitazione“. La pellicola ha sovvertito le previsioni ma non se l’aspettava neanche lo stesso regista. La lezione appresa è che “le sorprese servono” perché “ti danno un pizzico al c**o“. “Si può fare qualcosa di diverso“. E la si può fare uscendo dalla comfort zone: realizzare film che rispecchino i gusti del pubblico “è un errore“. Al pubblico può piacere anche il contenuto dal dubbio riscontro.

Nel 2019, solo tra i remake di Francia, Spagna, Turchia e India, il film ha raggiunto ben 500 milioni di euro totali di incasso grazie alle molte proposte di acquisto dei diritti. In Italia la pellicola ha incassato 17,3 milioni di euro.