Il ricordo di Gino Paoli sul suicidio di Luigi Tenco, morto a Sanremo nel 1967 dopo essersi sparato con un colpo alla testa

Gino Paoli ricorda e racconta il suicidio del grande amico Luigi Tenco, che venne trovato senza vita a Sanremo, nel lontano 1967, dopo essersi sparato un colpo alla testa. Nel corso di una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, il famoso cantautore 89enne, ha ripercorso il viale dei ricordi raccontando la profonda amicizia che lo legava a Tenco la cui morte, sostiene, fu un colpo di teatro, sfortunatamente riuscito male. E ideato per imitare il tentato suicidio dello stesso Paoli che si era sparato al cuore, l’11 luglio del 1963.

“Avevo tutto, e non sentivo più niente. Le due donne più belle d’Italia, Ornella Vanoni e Stefania Sandrelli, erano innamorate di me. In garage avevo una Porsche, una Ferrari e una Flaminia Touring. Cos’altro potevo avere? Volevo vedere cosa c’era dall’altra parte”. Ammette il cantautore genovese, rivivendo quel particolare capitolo della sua vita.

“Provo con i barbiturici, il Nembutal, annaffiati con il calvados, ma non mi fanno niente. Penso di gettarmi di sotto; ma non voglio dare a mia madre il dolore di vedere un figlio straziato. Mi ricordo di avere due pistole. Faccio le prove sparando con la Derringer calibro 5 dentro un libro bello spesso, e vedo che il proiettile entra in profondità. Così mi corico sul letto, e mi sparo. Non alla testa, sempre per non dare quel dolore a mia madre. Al cuore. Il proiettile si fermò nel pericardio. È ancora là, e mi tiene compagnia; ha anche smesso di suonare al metal detector. Meglio così. Ogni volta spiegavo: ho una pallottola nel cuore. E nessuno mi credeva. Ho una foto con Rita Pavone e Teddy Reno al mio capezzale. Ornella passò di notte, per non dare nell’occhio. Nel corridoio Luigi Tenco ripeteva sconsolato: non si fanno queste cose.”

Nel 1967, circa quattro anni dopo, a tentare il suicidio fu il suo amico Tenco. Che ci riuscì. I due cantautori erano legati da una grande amicizia che, tuttavia, venne drasticamente interrotta quando Paoli scoprì del tradimento di Tenco con Stefania Sandrelli. Per gran parte della stampa di quel periodo, fu proprio il tradimento dell’amico con la sua allora compagna di vita che spinse Paoli a tentare il suicidio. Ma il cantautore genovese smentisce prontamente.

“Quello accadde dopo. Luigi mi telefonò: ‘Sono a letto con Stefania’. La presi malissimo e ruppi con entrambi. Se non l’avessi fatto, lui sarebbe ancora vivo. Quella sua telefonata non nasceva da una vanteria maschile, ma da un senso di protezione. Tenco era legatissimo alla mia prima moglie, Anna. Era il suo modo di dirmi che Stefania non era la donna giusta per me”.

“Lui e io ci siamo fatti l’immagine di poeti maledetti perché nei locali, anziché corteggiare le ragazze, ci mettevamo in un angolo immusoniti e tenebrosi, alla James Dean, con il pugno sulla tempia. Così le ragazze arrivavano. Non ho mai corteggiato una donna; erano loro a venire da me. In realtà Luigi Tenco era un gigantesco cazzone. Divertentissimo. Adorava gli scherzi. Il suo preferito era quello della cravatta: si avvicinava sorridendo, ti poggiava una mano sulla spalla, ti faceva parlare, e intanto con le forbici ti tagliava la cravatta. Una volta, dopo aver visto un film su un suicidio, rifacemmo la scena madre su un tetto di Genova: io fingevo di volermi gettare di sotto, lui di trattenermi. Dovemmo smettere perché si era creata una folla in attesa…”.

Poi tocca il delicatissimo tema del suicidio dell’amico, chiarendo il suo punto di vista. “Un colpo di teatro non riuscito. Come se avesse voluto imitare me: spararsi, e restare vivo. Andava molto una droga arrivata dalla Svezia, il Pronox, che ti dava un senso di sdoppiamento, come se non fossi più responsabile di te stesso… Appena arrivò la notizia mi precipitai a Sanremo. Il festival andava fermato; e se fossi stato in gara sarei riuscito a fermarlo. Incontrai Lucio Dalla, e lo attaccai al muro. Avrebbe dovuto ritirarsi. Tanto più che la sua canzone si intitolava “Bisogna saper perdere”. E tanto più che tutti collegavano Lucio a me.”

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