Quattro chiacchiere con Manuela Ventura, protagonista del film uscito l’8 marzo al cinema, “Primadonna”, opera prima di Marta Savina. La Ventura interpreta Sara Crimi, la madre della giovane 21enne Lia.

Manuela Ventura, la Sara Crimi di “Primadonna, si è diplomata all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” a Roma. Il suo curriculum vanta diverse collaborazioni teatrali e cinematografiche di spicco. Fra le varie esperienze, ritroviamo anche importanti fiction, come: “Il commissario Montalbano”, “Il figlio della luna” con l’attrice, Lunetta Savino. Interprete in “Distretto di polizia”, “Il capo dei capi”, “Squadra antimafia”. Veste il ruolo di Teresa Strano in “Questo nostro amore” coprotagonista a fianco di Anna Valle e Neri Marcorè. Fa parte del cast del film Anime Nere, vincitore del David di Donatello 2015. È Tina Chinnici a fianco di Sergio Castellitto nel film-tv “Rocco Chinnici, è così lieve il tuo bacio sulla fronte”. E ancora altri film come “Quo vado” con Checco Zalone e di recente uscita “Una boccata d’aria” con Aldo Baglio, regia di Alessio Lauria. Ancora su Netflix per il film “Sulla stessa onda” di M. Camaiti e “Generazione 56k” di Francesco Ebbasta e A. M. Federici. Inoltre, Manuela Ventura, sta proseguendo la sua tournée teatrale, con lo spettacolo “La scattiàta”, testo dell’autrice Silvana Grasso e regia di Salvo Piro.

L’8 marzo è uscito al cinema il film che ti vede protagonista, “Primadonna”, dove interpreti la madre di Lia, Sara Crimi, com’è stato interpretare questo ruolo?

Si è trattato di un’esperienza molto profonda, iniziata ancor prima di dare il via alle riprese. Uno scambio e un confronto con la regista, Marta Savina, e la protagonista, Claudia Gusmano, e con Fabrizio Ferracane che interpreta il padre. Questo ci ha permesso di lavorare anche su molte sfumature e in sintonia. Una di quella situazione in cui percepisci che c’è un interesse alle dinamiche umane, oltre che di indagine dei personaggi. È stato un percorso fatto di ricerca e anche di improvvisazioni, per dare vita ed emozioni ai personaggi. Al tutto si aggiunge il lavoro fatto sul set con un grande dialogo che ci ha permesso di comprendere ancora di più il rapporto tra madre e figlia e dare voce a questa famiglia e a questa storia che è soprattutto una storia di autodeterminazione femminile e di cambiamento, è un film aperto al futuro, da guardare, con gli occhi della protagonista, oltre l’orizzonte.

Quattro chiacchiere con Manuela Ventura alias Sara Crimi in “Primadonna”: “E’ stato un percorso fatto di ricerca e improvvisazioni”

La vicenda è ambientata negli anni ‘60, in Sicilia, in cui si trattano temi anche attuali. Perché fa ancora fatica, la donna, a volte, ad avere il coraggio di “ribellarsi” in famiglia/ in amore, secondo te?

Non bisogna rassegnarsi alla mediocrità ma avere il coraggio di ribellarsi, diceva Rita Levi Montalcini, che è esempio per molte e molti. La difficoltà sta proprio nel dare valore alla propria libertà, cercare tutte e tutti, pur nelle difficoltà, di tenere a mente questo, il valore che ciascuno ha come essere umano e il diritto di avere un proprio spazio affinché la propria voce non venga soffocata. La libertà di agire, di ribellarsi alle storture, alle ingiustizie, la libertà di dissenso. Si fa fatica perché gli stereotipi sono duri a morire, perché ancora c’è un senso di oppressione dato da vincoli culturali, si ha timore delle conseguenze, ci sono a volte sensi di colpa e paura per la mancanza di sostegno esterno. Molto quindi dipende dal cambiamento profondo che dovrebbe esprimere la società tutta nei suoi aspetti culturali e sociali, le donne fanno e hanno fatto sempre moltissimo, hanno generato rivoluzioni epocali ma spesso si trovano in difficoltà nel ricevere aiuto e riconoscimento. La mancanza di un supporto sociale, parentale e istituzionale è sicuramente uno dei punti che maggiormente ostacola la ribellione. Ci si sente sole e spesso con la paura di essere colpevolizzate. Il pensare sociale sembra ancora quasi diffidente, come se fosse ancora presente l’idea che la vittima non sia totalmente vittima e questo è veramente terribile. Questo è un grosso problema sociale e culturale con il quale ci dobbiamo confrontare, così come quello di fornire sempre più alle donne gli strumenti per poter essere alla pari e innescare sempre di più un cambiamento profondo, negli uomini e consolidare, con fiducia, la consapevolezza delle donne.

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Secondo te, quale potrebbe essere il segreto per credere in sé stessi ed avere il coraggio, sempre, di esprimere le proprie idee pur rischiando di perdere qualcuno o qualcosa?

Non so se c’è una formula o un unico modo , credo che la sfida si presenta costantemente nella vita di ognuno di noi, la vita oscilla , siamo alla ricerca di equilibri che possono sempre mutare , per fortuna, cioè forse questo ci potremmo augurare , cercare di essere il più possibile aperti e in ascolto con noi stessi e con ciò che ci capita intorno , nel piccolo cerchio delle nostre relazioni ma anche nei grandi eventi e mutamenti del mondo e del genere umano, e in questa ricerca provare a capire cosa risuona più familiare per noi, cosa ci emoziona, cosa ci fa male e ci blocca e man mano provare a fare delle scelte anche se a volte non si sa quale possa essere l’esito, cercando di rispettarsi e rispettare l’altro.

Stai proseguendo la tournée teatrale con lo spettacolo “Scattiata”, spettacolo che racconta di un drammatico duello esistenziale tra un magistrato e una donna…

La scattiàta, in gergo a scattiàta , la folle, indica una persona talmente fuori dagli schemi da apparire al popolo omologato, un soggetto borderline. Tanto originale quanto folle, se per follia si intende una genialità degli illuminati che poco si allinea alla massa omogeneizzata col perbenismo. LA SCATTIÀTA è un’opera teatrale scritta da Silvana Grasso, è una sua opera inedita, in cui l’autrice dona parole e anima “alla vita vera, che illude e delude, ferisce e risarcisce, seduce ed è sedotta, innamora e si innamora. È la mia opera più tosta intensa, un drammatico “duello” esistenziale tra un magistrato, presidente di corte d’appello, e una donna, la scattiàta, che in gioventù lui amò pazzamente silenziosamente, ammirando la bellezza l’intelligenza di quella ragazza, iscritta a Filosofia, brillante animatrice di quel mitico Sessantotto che si consumò presto nelle ceneri del fallimento! Lei, a differenza dei suoi colleghi di università, non si è imborghesita né piegata al ricatto di facili carriere conquistate rinunciando a ideali personalità, vendendo il corpo in cambio di vorticose carriere politiche e professionale” – queste alcune delle parole dell’autrice.  Lo spettacolo è prodotto dal Teatro della Città di Catania, la regia è di Salvo Piro e in scena siamo io, che interpreto la scattiata, e Franco Mirabella che interpreta il giudice.

“Penso che sia il lavoro più bello che ho fatto negli ultimi anni – ci dice l’autrice Grasso – dalla pagina letteraria al palcoscenico è come se si rompessero tutti i legacci. La nave va dove vuole ed il timone non la guida più.”

Quattro chiacchiere con Manuela Ventura alias Sara Crimi in “Primadonna”: “E’ stato un percorso fatto di ricerca e improvvisazioni”

Progetti futuri?

A breve cominceremo le riprese della seconda stagione di “Lea”, la fiction ambientata in un ospedale pediatrico, con protagonisti Anna Valle e Giorgio Pasotti. C’è stata una bellissima accoglienza da parte del pubblico quando è andata in onda due anni fa su Rai 1 e siamo molto contente di ricominciare.