Nonostante i tanti disagi vissuti “sin da quando ho 8 anni”, con i commessi che giravano in tutto il negozio per cercare “la taglia giusta” per lei, Elesser, la modella “con la pancia”, come ama definirsi, racconta al mondo la sua missione
Le chiamano “curvy”, Dagospia le ribattezza ironicamente le “modelle con la pancia”, ironia che utilizza lei stessa: tra queste avvenenti donne “rotondeggianti”, c’è Paloma Elesser, nel settore sin da quando aveva 22 anni. Non ha mai cambiato sé stessa e, se ci permettete, è meravigliosa. Lei, come lo sono tutte le modelle curvy, s’intende. Questione di gusti, per carità, ma dove è scritto che la moda debba essere esclusiva? Arriva il momento di dire “basta”, come si stava provando a fare con il progressismo degli ultimi anni. O tentativo di progressismo, visto che anche la stessa Paloma conferma una timida ma non insignificante intenzione degli addetti ai lavori di tornare al concetto di moda e magrezza che ha caratterizzato il settore per anni.

“Mi è sempre piaciuta l’idea di mettere in scena persone diverse – ha detto in un’intervista rilasciata di recente e ripresa anche da Repubblica – Ma tantissimi abiti non erano pensati per il mio corpo, quindi mi ingegnavo”. Ma a volte l’ingegno non basta, la vita può essere crudele. La vita che abbiamo “creato” noi, certo. “Ho un ricordo molto preciso di me bambina da Gap Kids: non mi entrava nulla. Avrò avuto 8 anni e rivedo, come fosse adesso, quelle luci fluorescenti del camerino, la rigidità della panchina, le corse trafelate dei commessi che non sapevano che fare e cercavano qualcosa nella sezione adulti”. Disagi su disagi, poca preparazione del mondo per affrontare dinamiche simili. Poca sensibilità.
“Lo stile non può interessare solo le persone magre”
Non ha vissuto bei momenti, ancora oggi deve forgiarsi continuamente nel carattere per affrontare situazioni che non tengono conto della sensibilità altrui, condizionate da paradigmi sbagliati che il cervello, spontaneamente e inconsciamente, non considera immediatamente “un problema”. Gaffe che ci costringono a chiedere “scusa” continuamente, dopo aver riflettuto abbastanza. Un tema difficile, quello di cambiare radicalmente modi di pensare, cronicizzati nelle menti di persone, di generazioni. “Ecco – prosegue – con le immagini a cui collaboro voglio ispirare l’esatto contrario di quella sensazione – è la sua risposta alla mancanza di inclusività (ndr) – Voglio aprire mondi, possibilità. Che poi è assurdo che una percentuale così grande di persone potenzialmente interessate alla moda venga esclusa a priori. Chi può pensare che lo stile interessi solo ai magri? È un’evidente mistificazione”.

Tuttavia, anche con le accortezze del caso, è troppo facile sbagliare. Perché il problema è alla radice. A volte soffre di questa “differenza”, che non dovrebbe neanche esistere come tale, con le sue colleghe da taglie “meno forti”. “Mi succede in continuazione di avere quattro look in croce e vedere le colleghe con file e file di capi di alta moda”. L’aneddoto: “Una volta, durante uno shooting per un brand importante, in uno degli abiti ci entravo letteralmente solo con una coscia”. Per fronteggiare questo senza perdersi d’animo ci vogliono un grande lavoro e una tempra di un certo spessore. La parte più impegnativa del suo lavoro è il “continuo coaching”, il dialogo con i collaboratori. Per non soffermarsi solo alla mera fisicità e al mero dato numerico di una taglia, ma andare oltre. Capirla nelle intenzioni, nello stile, nelle idee. ” Cerco sempre di spingerle a pensare oltre la mia taglia, dialogare con me su presupposti molto diversi”.
La mancanza di inclusività delle ultime stagioni
Le fanno notare che, dopo aver aperto al mondo delle curvy, la moda sempre tornata, silenziosamente, a prediligere solo un determinato tipo di stile. “Già – conferma – Viviamo in una specie di economia della nostalgia, forse perché gli ultimi anni sono stati piuttosto complicati. E se ci guardiamo alle spalle, come ora si tende a fare, troviamo stili che esaltano la magrezza. So che non lavoro in un’industria nota per fermarsi a riflettere, e so che esistono cicli, che i canoni estetici cambiano di continuo. Se anche non ne fossi consapevole, comunque non fanno che ricordarmelo”.

Quante volte si è sentita dire: “Se fossi nata nel Rinascimento, saresti la personificazione ideale della bellezza”. Ma lei aggiunge: “Certo tesoro, e mi avresti trovata nei quartieri riservati alla servitù”. Paloma è stata “grassofobica”, e combatte tuttora con questo ed altri disagi. Ma ha capito che la via della “guarigione” è “l’accettazione”. “Voglio far passare il messaggio che anche se sei imperfetta – e lo sarai sempre – potrai ottenere la vita che desideri, oltre i tuoi sogni più grandi. Se ce l’ho fatta io, ce la puoi fare anche tu”.
