Confermata la condanna all’ergastolo per Innocent Oseghale, accusato dell’omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne di Roma uccisa il 10 gennaio del 2018 in provincia di Macerata. La corte d’Assise d’Appello di Perugia ha confermato la sentenza, già divenuta definitiva. Riconosciuta anche l’aggravante della violenza sessuale, che era il cavillo mancante e che preoccupava i familiari della vittima, temendo che senza di essa la pena avrebbe potuto essere ridotta. “Il modo in cui è stato smembrato il corpo di Pamela dimostra che l’assassino voleva coprire la violenza sessuale”, aveva detto il pg, ribadita in aula da Marco Verni, legale della famiglia Mastropietro.

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Pamela Mastropietro, la Corte d’Assise d’Appello di Perugia conferma la condanna all’ergastolo per Innocent Oseghale: storia, processo, cadavere, maglietta, genitori

Alla fine il nigeriano ha avuto la condanna piena nell’udienza di ieri, dove non era presente in aula. Lo scorso mese c’erano state tensioni, quando Oseghale aveva detto: “Basta oppressione giudiziaria”. Scatenando l’ira di Alessandra Verni, la mamma della vittima che per l’occasione si era presentata in tribunale con la maglietta che raffigurava il cadavere fatto a pezzi della figlia Pamela.

La mamma di Pamela Mastropietro, Alessandra Verni, con la maglietta raffigurante il cadavere fatto a pezzi della figlia.

Dunque nessuno sconto di pena per quella che il legale della parte civile, Marco Verni, zio della vittima e fratello di Alessandra, ha definito una “sentenza giusta”. Tuttavia, per Alessandra non finisce qui: “Adesso vogliamo gli altri. Ci sono le prove che c’erano anche gli altri. Ci sono altri mostri fuori”.

“Non ho parole – ha detto Marco, papà della vittima, davanti alla richiesta della difesa di ottenere l’assoluzione del proprio assistito perché il fatto ‘non sussiste’ – Ho temuto per una sentenza diversa. Adesso bisogna sperare di superare la Cassazione”.

Storia

Omicidio di Pamela Mastropietro: confermata la condanna all’ergastolo per l’assassino nigeriano. Il giorno dei tragici fatti, Pamela vagava in strada dopo essere fuggita da una comunità di recupero: era in cerca di droga e si era imbattuta in Oseghale. La notte tra il 30 e il 31 gennaio del 2018, un passante notò due valigie abbandonate in una villetta di Via dell’Industria. Dentro vi erano le parti del corpo mutilate di Pamela.

“Pamela era incapace di autodeterminarsi. Se lo fosse stata non sarebbe andata con nessuna delle persone con cui è andata. Pamela era sotto terapia farmacologica con quattro tipi di farmaci diversi tra cui antipsicotici. Da quando si era allontanata dalla comunità non li ha più assunti, subendo anche la sindrome da farmaco. Pamela che non era in grado di autodeterminarsi. Il suo comportamento faceva parte del suo disturbo e della sua personalità disturbata”.

Ippolita Naso, avvocata di Stefano Mastropietro.

Al momento della lettura della sentenza, il nigeriano non era in aula.

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