“Ciao, sono Aldo Naro – è l’incipit della lettera scritta dai genitori, come se a raccontare la sua storia fosse proprio il 25enne. – Sono morto da solo per un motivo a me sconosciuto. Da otto anni la mia storia non riesce ad avere giustizia. Di tutti i presenti, nessuno ha dato la versione reale di quello che mi è successo. Da otto anni i miei genitori vanno di udienza in udienza, da processo a processo in virtù della speranza. La speranza che i miei assassini paghino col carcere per ciò che mi hanno fatto. Quanto deve aspettare una persona, un uomo, un medico incensurato per avere giustizia”.
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Aldo Naro, ucciso nella discoteca Goa dello Zen a Palermo il 14 febbraio 2015, il giorno di San Valentino: storia, lettera dei genitori, processo, fidanzata, padre, madre, famiglia, Le Iene, video

La lettera è stata condivisa sui social proprio dai genitori della vittima del Goa dello Zen, la discoteca di Palermo dove Aldo ha perso la vita 8 anni fa esatti. Era infatti il 14 febbraio del 2015, e il ragazzo fu colpito sulla testa in seguito ad una rissa scoppiata nel locale. Per quei fatti, è ancora in fase di svolgimento il processo con i tre buttafuori imputati. Si tratta di Massimo Barbaro, gestore del “Goa”, accusato di favoreggiamento; Francesco Troia, buttafuori; Antonino Basile.
Due anni fa, attraverso nuove indagini e perizie che hanno portato ad una seconda autopsia in seguito alla riesumazione della salma, il Tribunale di Palermo ha rinviato a giudizio i tre imputati con l’accusa di omicidio volontario in concorso. Da quanto era emerso, il giovane era stato pestato prima di morire. Il decesso sarebbe avvenuto in conseguenza dei violenti e numerosi colpi ricevuti al collo, al capo e in viso.
I risultati del primo esame autoptico, invece, evidenziavano che il giovane si fosse sentito male dopo un solo colpo ricevuto. Capace di causargli il trauma fatale. Dalla tac si rileva la rottura del setto nasale. In prima ipotesi era stato attribuito al minorenne Andrea Balsano il calcio che avrebbe causato il trauma fatale con il singolo colpo inferto alla vittima. Dopo la condanna in via definitiva, il giovane reo confesso è stato scarcerato.
“Sono morto soffocato dal mio stesso sangue”
Quella notte Aldo è morto per arresto cardiorespiratorio in conseguenza dei traumi riportati nel pestaggio. “Sono stato ucciso a calci nella mia parte più preziosa nella mia testa – prosegue la lettera scritta dai genitori del ragazzo – sono stato preso alle spalle, sono stato buttato a terra, mi hanno dato calci in testa, nelle costole perforandomi il polmone, mi hanno rotto il naso, schiacciato le dita, mi hanno rotto l’osso del collo a furia di calci, cercavo di dire basta, di tirarmi su, cercavo di chiedere aiuto ai miei amici”.
“Sono morto soffocato dal mio stesso sangue – si legge ancora nel comunicato condiviso sui social – In tutto ciò, nessuno ha fatto niente per me, ma non avrei mai chiesto da medico che qualcuno donasse la sua vita per me, ma nessuno, neanche i miei colleghi hanno saputo prestarmi soccorso nessuno mi ha aiutato, tutte le persone intorno a me si sono limitate a guardare, senza emozioni, quello che mi stava accadendo”.
La ricostruzione della sera dei fatti

“In pochi minuti sono stati cancellati tutti i miei giorni futuri senza pensarci due volte, sono morto da solo su un marciapiede del giardino interno di una discoteca al freddo, in camicia, buttato fuori a calci con plurime emorragie cerebrali, sono morto da solo per un motivo a me sconosciuto. Da 8 anni – proseguono i genitori di Aldo Naro – la mia storia non riesce ad avere giustizia. Di tutti i presenti, nessuno – e dico nessuno – ha dato la versione reale di quello che mi è successo”.
“Da 8 anni i miei genitori vanno di udienza in udienza, da processo a processo in virtù della speranza che i miei assassini paghino col carcere per ciò che mi hanno fatto”. E poi, ancora: “Quanto deve aspettare una persona, un uomo, un medico incensurato per avere giustizia? Per lo Stato vale così poco la vita di una persona? Io volevo soltanto essere una brava persona e un bravo medico. Non avevo fatto nulla di male per meritare una fine così disumana”.
Il processo
Aldo Naro è morto il 14 febbraio 2015 al “Goa” mentre era insieme alla fidanzata Simona Di Benedetto e altri sette amici. Proprio per la donna è cominciata la baruffa della tragedia, diventando il movente dei disastrosi fatti. Nell’udienza del procedimento per rissa aggravata avvenuto nel 2020, avevano deposto Simona e un amico della vittima, confermando che tutto era scaturito per “gelosia”. In quanto Simona aveva “parlato con un buttafuori”. L’amico, Ciro Vella, spiegò: “Me lo raccontò Aldo poco prima di essere ucciso”.
Il movente della gelosia
“Poco prima che scoppiasse la rissa furiosa – aveva detto tre anni fa durante il processo a Palermo davanti al giudice Sergio Ziino – la fidanzata di Aldo era andata da un buttafuori per farsi riparare il braccialetto per entrare al privè”. Quindi la lite della coppia, piuttosto animata, sebbene la ragazza non abbia confermato, asserendo al contrario di non ricordare nulla della notte dei fatti. Silenzi che “ci hanno delusi e amareggiati”, avevano commentato i genitori della vittima. Così come il legale della famiglia, che osservò al contrario la presenza di Simona nel privè durante i fatti, testimone delle condizioni del fidanzato rannicchiato a terra senza “nessuna possibilità di muoversi”.
“Come è possibile che non si ricordino i particolari di un fatto grave come il barbaro omicidio della persona che si sostiene di amare? – dissero tre anni fa Anna Maria Ferrara e Rosario, mamma e papà di Aldo – Come si fa a non mettere in conto l’aiuto anche se involontario che in questo modo si dà agli assassini di Aldo? La storia di Aldo Naro è molto strana e piena di ombre”.
Della vicenda si è occupata negli anni anche la trasmissione “Le Iene”. Per l’occasione, Ismaele La Vardera, inviato sul posto, fu aggredito insieme al suo operatore, Massimo Cappello, dal fidanzato di una giovane ragazza che stavano intervistando in merito ai fatti della tragica notte. In rete è possibile reperire il video sul sito Mediaset.
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