Prima pugni e calci alla donna, mamma del ragazzo arrestato con l’accusa di tentato omicidio, poi la colluttazione con il fratello minore di 16 anni. Ed è lì che la situazione è degenerata: il 19enne ha impugnato il coltello per difendere i familiari e ha colpito ripetutamente il patrigno all’addome e alla testa. I fatti risalgono alla notte dello scorso 16 gennaio e i carabinieri della Compagnia di Desio hanno arrestato il ragazzo dopo aver ricostruito i fatti.

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Il 19enne di Desio che lo scorso 16 gennaio ha accoltellato all’addome e alla testa il patrigno 38enne che picchiava con calci e pugni la mamma e il fratellastro di 16 anni a Limbiate, in provincia di Monza e Brianza, è stato arrestato e si trova nella Casa Circondariale San Vittore di Milano con l’accusa di tentato omicidio; la ricostruzione

Sotto le disposizioni della Procura della Repubblica di Milano, il giovane è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio ed è attualmente detenuto presso la Casa circondariale San Vittore di Milano. “Ti ho detto centomila volte che non devi toccare mia madre e mio fratello”, avrebbe detto il ragazzo durante la violenta aggressione.

È quanto emerso dalla ricostruzione delle forze dell’ordine dopo aver interrogato la donna, vittima delle violenze del 38enne. I fatti risalgono a quella notte del 16 gennaio scorso a Limbiate, in provincia di Monza e Brianza. Il 38enne, operaio momentaneamente disoccupato, era appena entrato in casa della compagna 58enne e subito è iniziata un’accesa discussione presto sfociata in pura violenza. Il 38enne era andato a trovare l’ex compagna con il pretesto di voler vedere la figlia adolescente avuta proprio con la donna.

La lama del coltello rotta all’interno della pancia del 38enne

L’ex operaio ha colpito la donna a suon di calci e pugni per poi sfogarsi contro il figlio minore di lei, il 16enne fratellastro del giovane di Desio intervenuto successivamente, armato di coltello da cucina. Il 19enne ha colpito con tale violenza il patrigno al punto che la lama si è spezzata all’interno della pancia della vittima.

Dopo l’aggressione, l’uomo si è riversato in strada ed è stato presto soccorso da un passante. Sebbene la grossolana ricostruzione fornita ai sanitari una volta giunto in ospedale, i carabinieri della Compagnia di Desio hanno ricostruito la vicenda. Adesso il 19enne dovrà rispondere di tentato omicidio, nelle prossime ore si terrà l’interrogatorio di garanzia.

Tentato omicidio: reato, pena, pena minima, con coltello, procedibilità, premeditato, per futili motivi, rito abbreviato

Il reato di tentato omicidio, che contrariamente al delitto consumato incompiuto per ragioni indipendenti dalla volontà del colpevole, è punito ai sensi di quanto previsto dal delitto tentato, art. 56 del Codice Penale. La pena applicata nei casi di tentato omicidio parte da un calcolo che prevede la pena minima prevista per il reato di omicidio, quindi 21 anni, ridotta di un terzo: dunque 14 anni. Il calcolo, tuttavia, subisce variazioni in presenza di circostanze aggravanti che comportano l’aumento della pena; in presenza di circostanze attenuanti che riducono la stessa; in caso di rito abbreviato, ove si riduce ulteriormente la pena di un terzo.

L’aggravante della premeditazione risulta applicabile al delitto di tentato omicidio. Secondo l’art. 576 e 577 del Codice Penale, le circostanze aggravanti che riguardano il reato di omicidio prevedono l’applicazione dell’ergastolo se l’assassinio è commesso con la premeditazione, della quale esistono due presupposti: uno psicologico e uno cronologico. Il primo consiste nel perpetrare una determinazione criminosa senza soluzioni di continuità e ripensamenti dal concepimento dell’azione fino alla realizzazione della stessa; l’altro è rappresentato da un apprezzabile – non definito giuridicamente – lasso di tempo tra l’insorgenza del proposito criminoso e la sua concreta attuazione, sufficiente comunque a far riflettere l’individuo sulla decisione presa e sulla possibilità di ripensamento dal proprio illecito intento.

L’aggravante dei futili motivi si verifica quando l’azione è determinata da uno stimolo lieve e banale al punto da risultare sproporzionato rispetto alla gravità del reato, evidenziando altresì il pretesto per dare sfogo al proprio impulso criminale.

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