Alessia Pifferi è in carcere a San Vittore, accusata di omicidio volontario aggravato per aver lasciato da sola in casa e senza cure la figlia Diana, di un anno e mezzo. La piccola è stata abbandonata per sei giorni mentre sua mamma portava avanti le proprie relazioni e si divertiva senza scrupoli, ben consapevole che la piccola sarebbe potuta morire di stenti. Consapevole come ha infatti detto subito dopo essere stata fermata (“sapevo che poteva finire così“). Per questi motivi il pm di Milano, Francesco De Tommasi, contesta l’aggravante dei futili motivi, oltre a quella della premeditazione. Inoltre vi è il pericolo di reiterazione del reato tra le esigenze cautelari contestate alla 36enne.

Durante l’interrogatorio la donna non versa lacrime e quando gli investigatori le contestano l’omicidio della figlia si ammutolisce. Non tornano i conti quando dice di aver somministrato della tachipirina alla piccola mentre invece sono stati trovati degli ansiolitici sul mobile della cucina. Ha anche detto ai vicini di aver affidato Diana ad una babysitter. Ad altri ha raccontato di dover affidare Diana alla mamma che però si sarebbe poi ammalata di Covid e sarebbe deceduta. Inoltre, quando è tornata a Milano per accompagnare il partner per lavoro, durante i sei giorni di abbandono della piccola, non si è curata di andare a controllare il suo stato di salute sebbene il breve tragitto. A farlo presente è lo stesso partner che la smentisce quando Alessia dice di non averne mai avuto occasione durante quella settimana scarsa.

Alessia si giustifica spiegando che avrebbe mentito al compagno dicendogli di averla lasciata “al sicuro” dalla sorella, “al mare”. Lo avrebbe fatto perché si sentiva “sempre giudicata”, ha detto.

La ricostruzione

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La piccola Diana è rimasta da sola in casa per quasi un’intera settimana. I poliziotti hanno trovato un biberon vuoto e il pannolino sul lettone, strappato e lanciato oltre le sbarre della culla mentre un altro è sul davanzale, ricolmo di vermi. Diana è stata lasciata da sola giovedì 14 luglio alle ore 18.55 dopo che Alessia le ha fatto prendere “alcune gocce di tachipirina“. Anche il giorno prima le aveva somministrato le gocce. “La vedevo molto agitata e sbavava, pensavo fosse per i dentini” ha raccontato.

Tuttavia gli investigatori hanno trovato solo una boccetta di benzodiazepine, “En“, vuota per tre quarti, posizionata su un mobile in cucina. La giustificazione della donna: “Me l’aveva data una persona che ho conosciuto“. Il sospetto degli inquirenti è che la mamma somministrasse le dosi di ansiolitico alla piccola per tenerla buona e tranquilla. Alessia Pifferi è poi partita alla volta di Leffe, in provincia di Bergamo per ritornare a casa sei giorni dopo, mercoledì mattina alle ore 11.30, trovando la piccola immobile. Ha raccontato di averle dato “una pacchetta sulla schiena” e di averle messo “i piedi nel lavandino per bagnarla“, tuttavia “non reagiva“.

Poi ha chiesto aiuto ad una vicina e ha chiamato il 118. Nello stato confusionale del momento si è rivolta verso i vicini dicendo: “Non sono una cattiva madre“. La donna, interrogata, continua a difendersi dicendo che aveva intenzione di tornare all’indomani dell’abbandono della piccola, ma poi si chiude nel silenzio quando le viene chiesto come mai non l’avesse fatto. Lo stesso silenzio che replica ogni volta che gli investigatori le contestano l’omicidio della piccola.

Chi è Alessia Pifferi

Alessia Pifferi ha 36 anni ed è accusata di omicidio per l’abbandono della piccola Diana, nata “settimina“, il 29 gennaio del 2021. Quando è stata ritrovata aveva molti segni di piaghe sul corpo. Probabilmente frutto di scarsa cura dovute dall’abbandono della mamma. Alessia aveva ormai preso l’abitudine di chiudere la figlia in casa mentre era fuori. Avrebbe iniziato a farlo da “quattro settimane” ma giura “solo per qualche ora“.

Tuttavia le uscite sono diventate sempre più frequenti e i tempi di abbandono aumentavano costantemente, fino a quando sono culminati con la tragedia dopo i sei giorni di totale abbandono di Diana. Alessia aveva ormai preso l’abitudine di lasciare la bimba da sola per interi weekend, non solo nel periodo che è costato la morte alla piccola. Alessia abita in un piccolo bilocale di via Parea, quartiere popolare e periferico di Ponte Lambro.

Una vita disordinata: il rapporto con il vicinato

La donna, dinanzi al pm De Tommasi e al capo della Mobile, Marco Calì, ha raccontato le vicende di una vita poco equilibrata, fatta di relazioni fugaci con uomini conosciuti attraverso le note app di incontri. Alessia ha detto che sarebbe andata a convivere ad agosto con il nuovo compagno di cui non si conosce il nome, così come è sconosciuto il nome del papà di Diana, oltretutto ignaro di esserlo come ha rivelato la stessa Pifferi.

La 36enne non ha un bel rapporto con il vicinato che l’ha accusata di non aver mai prestato le giuste attenzioni a Diana. Tra i vicini c’è chi ha detto all’Eco di Bergamo che la donna non giocasse mai con la piccola e altri hanno spiegato che si fingesse psicologa infantile e di “saperci fare con i bambini“. Gli stessi hanno anche detto di non essersi accorti di nulla durante questi giorni perché la piccola non avrebbe mai pianto, probabilmente perché sedata.