L’anno è il 1981 e il set è quello del film commedia Spaghetti a mezzanotte diretto da Sergio Martino col soggetto di Laura Toscano e Franco Marotta: memorabile la scena finale con il tentativo di suicidio dell’avvocato Savino Lagrasta (Lino Banfi). Lui è sposato con l’avvenente Celeste (Barbara Bouchet) e potrebbe dirsi un uomo felice se non fosse per le continue pressioni della donna che letteralmente lo obbliga a seguire diete molto restrittive e a estenuanti sedute di jogging nel parco cittadino. Savino però ogni qualvolta ne ha la possibilità si lascia andare non solo a qualche peccato di gola. Infatti, da tempo porta avanti una relazione extraconiugale con la sensuale Zelmira (Alida Chelli), moglie del giudice Ulderico Demma (Daniele Vargas). 

Spaghetti a mezzanotte, l’arrivo del killer

Savino pensa che la moglie lo tradisce con il giovane architetto Andrea Soldani (Teo Teocoli) al quale i coniugi avevano affidato il compito di progettare e arredare nel migliore dei modi la loro villa in campagna. Savino allora ne parla con l’amico boss, don Vito Malisperi (Ugo Bologna), il quale si dice pronto a risolvere la questione a modo suo e invia un sicario di nome Saruzzo (Jacques Stany) per uccidere la moglie e l’amante. L’occasione giusta sembra essere la festa di compleanno che la moglie ha organizzato per l’ignaro Savino proprio nella villa in campagna. Il povero avvocato ritroverà al centro di una serie di divertenti fraintendimenti.

Al termine della serata, la bella Celeste avendo intuito la tresca Zelmira e delusa da altri atteggiamento dello stesso Savino, prende la decisione di lasciare il marito e di andare a vivere con Andrea, salvo poi ritornare sui propri passi quando scopre che anche Andrea è un uomo a cui piace mangiare tantissimo e che soprattutto ha una predisposizione genetica nel diventare calvo e impotente. Tornata velocemente alla villa di campagna, Celeste prova a ricomporre lo strappo con il marito ma si troverà davanti a una situazione ‘drammatica’.

Il tentativo di suicidio dell’avvocato Lagastra

Il marito ha deciso di suicidarsi ma lo vuole fare a modo suo. Celeste non appena tornata a casa sente Savino gridare: “Voglio morire! M’ammazzo!” e lei, temendo il peggio, inizia a correre e gridare: “Savino! No, Savino dove sei.. sono tornata” e si sente ancora lui che dice: “M’ammazzo.. la faccio finita” e ancora lei: “Non lo fare ti prego, sono tornata! Tesoro aspetta! No!!”.

A questo punto si vede e si sente una bottiglia di spumante venire stappata con il buon Savino che ne versa un po’ nella sua coppetta e la moglie sorpresa da questa situazione dice: “Savino cosa sta facendo?” e lui posizionato al centro di una tavola imbandita di ogni ben di Dio risponde: “Voglio morire! Mi voglio ammazzare, voglio morire mangiando” ma lei: “Amore non c’è più bisogno, sono tornata!” ma lui è sempre più deciso: “Non me ne frega niente a me.. torna dall’architetto”. Celeste quasi divertita gli fa notare: “Ma ragiona Savino, per morire così ci vorranno tanti anni”. Per l’avvocato questo non è un problema: “Embè? Mica c’ho fretta io.. posso aspettare tanto tempo ne.. trigliceridi (facendo il gesto dell’ombrello)? Colesterolo? (nuovo gesto dell’ombrello)”.

Celeste a questo punto chiede: “Cosa posso fare per farmi perdonare?” e lui inesorabile: “passami gli spaghetti nee che se non si freddano”. Alla fine lei si accomoda a sua volta alla tavola e prosegue l’abbuffata sulle note e parole della meravigliosa canzone di Detto Mariano e con in sovraimpressione “e vissero felici, grassi e contenti”.

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