Lo ha annunciato lui stesso in una lunga intervista rilasciata al Corriere: Terence Hill sta per tornare ad essere nuovamente “Trinità” in un altro film western. Genere che “non volevo più girare, pensavo fosse inutile”. A convincerlo è stato “un libro con la vera storia di una suora italiana che è emigrata a fine ‘800 in America dall’entroterra ligure con la sua famiglia contadina e poverissima”.

Al di là del racconto toccante di questa donna che da sola e “da Cincinnati” ha deciso “di andare al West”, gli viene chiesto il ruolo di Trinità in questa storia vera a cui si ispirerà il film. “Si vede Trinità sulla sua famosa “lettiga” e poi lei, la suora, circondata da tre minacciosi cow boy. Lui capisce che è in pericolo e la salva da quei tre”.

Questo è l’incipit, dal quale nasce il nuovo film “che si intitola ‘Trinità, la suora e la Pistola’. Dove la Pistola è Billy the Kid perché lei nella sua vita incontrò davvero Billy the Kid”. Non è una bufala, lo ha raccontato Mario Girotti in persona alla “tenerissima” età di 84 anni, con tanta voglia di fare. Al punto che “sono già 18 mesi che lavoriamo alla sceneggiatura, tra varie difficoltà come è normale”.

Le riprese cominceranno nell’amato Abruzzo questa estate. “Faccio anche la regia di questo mio spaghetti western di Trinità che si intreccia con i personaggi veri del West come Billy the Kid. La suora nel film si chiama Blandina, il vero nome era Rosa Maria Segale”.

Terence Hill, dal Western al Western: inizio e fine carriera allo stesso modo, “mi dissero di prendere me quando l’attore che faceva il gatto si era infortunato”

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Diventa dunque impossibile non entrare nel merito dei suoi film che gli hanno aperto le porte del successo. Prima del 1967, quindi prima che diventasse Terence Hill, Mario Girotti aveva già preso parte a molti film. Tuttavia, quando era in Jugoslavia con la troupe di un “film tedesco sui Nibelunghi”, si avvicinò “un romanaccio alla Mario Brega” che disse: “Non sapete che sta succedendo a Roma, stanno girando un western pieno di attori, sono tutti impazziti”.

Comprese di rischiare di perdere “l’autobus del western” e decise di venire a Roma. Conobbe Giuseppe Colizzi che lo prese per il film “Il cane, il gatto e la volpe”, poi diventato “Dio perdona… Io no!”. Arrivò a sostituire l’interprete del gatto che “aveva litigato con la fidanzata e si era pure rotto un piede”. Una storia che ben conosciamo, ma ogni volta l’attore la infarcisce di dettagli. Lo guardarono e il produttore suggerì: “E prendi lui! Non lo vedi? Ha gli occhi azzurri, gli metti un cappello in testa ed è come Franco Nero!”.

L’aneddoto su “Sergio Leone, romanaccio, disincantato che piangeva come un bambino”

“Mi tornano alla mente i giorni passati con Sergio Leone, un amico che mi manca tanto. Stavamo girando Il mio nome è Nessuno, e guardavamo in moviola la scena del mucchio selvaggio di cowboy che arrivava compatto a tutta velocità. Fu allora che mi prese per mano e andammo in una zona buia del set, dove riuscivo appena a scorgerne la faccia. Ruppe il silenzio e mi disse con volto serissimo su cui mi accorsi che scendevano le lacrime: “Questo è il western”. Vedere quel romanaccio di Leone, brusco, disincantato, che riusciva a commuoversi per lo slancio di libertà dei cowboy, dell’eroe del West, un personaggio più grande della vita stessa, mi fece capire che c’era qualcosa di soprannaturale, di mistico appunto in quella visione del mondo. Che da quel momento divenne anche la mia”.

Terence Hill

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