Uscito nel 1976 per la regia di Steno, Febbre da cavallo è diventato nel tempo un cult della commedia all’italiana. Eppure inizialmente la pellicola venne snobbata e poco apprezzata. Per la critica si trattava solo di “un filmetto sbrigativo“. Le riproposizioni televisive nel corso degli anni hanno permesso a Febbre da cavallo di riscattarsi. Prima sulle emittenti del Lazio, tipo “Teleroma 56“, poi in quelle nazionali.

Ma non fu un passo immediato. Tuttavia, quando riuscì a penetrare nel cuore degli appassionati, divenne talmente un cult che per scuola o in strada era ormai d’uso ripetere gli sketch imparati a memoria. In particolar modo quello dello spot in cui Proietti è vestito da vigile e che l’attore improvvisò parzialmente. “Anche voi, non prendete fischi per fiaschi, solo questo è un fischio maschio senza raschio!“. “È un vischio maschio senza fischi“. “Whisky maschio senza rischio“.

Il film si è fatto apprezzare anche fuori dal Raccordo Anulare, tuttavia è proprio nel cuore pulsante di Roma che ha riscosso e riscuote il maggior successo. E rappresenta la capitale ancora di più di altri film iconici ambientati a Roma. Per non parlare di Tor di Valle, il tempio di Mandrake, Pomata e Felice. O meglio Bruno Fioretti, Armando Pellicci e Felice Roversi, interpretati da Gigi Proietti, Enrico Montesano e Francesco De Rosa. Tempio anche dell’avvocato De Marchis, interpretato dal compianto Mario Carotenuto.

La storia di Febbre da cavallo ruota attorno ai tre amici, Mandrake, Pomata e Felice, giocatori di cavalli incalliti che adottano ogni qualsivoglia stratagemma pur di racimolare il denaro con il quale sovvenzionano le proprie scommesse. Un modo di fare che non porta lontano e con il quale arrivano ad accumulare debiti non sempre semplici da gestire. Come quelli che il Pomata accumula con il temibile Spartaco Er Ventresca“.

Come è ormai chiaro, il film fu un flop al botteghino. O comunque niente a che vedere con il riscatto che la pellicola avrebbe ottenuto negli anni. Dopo la rivalutazione a cult nel tempo, è stato deciso di proporre il sequel nel 2002, a ben 26 anni di distanza dal primo film.

Febbre da cavallo: come nasce il sorriso magico di Mandrake: “Mi sto cag****o sottooo…

Il fratello di Enrico Vanzina, Carlo, conosceva già Gigi. Entrambi sono i figli di Steno, il regista. Carlo si recò negli Stati Uniti insieme a Proietti e Sofia Loren per girare “un film sfortunatissimo”, “La mortadella“. Enrico non aveva ancora guadagnato molto. “Invitò me e il figlio di Dino Risi sino a New York“. Era il 1971. “Eravamo io, mio fratello Carlo, Marco Risi, Mario Monicelli, Gigi Proietti, Enzo Jannacci“. Furono invitati ad andare a sentir suonare Ray Charles.

Era la prima volta che incontrava Gigi. “Era un’America diversa, terribile. Le discriminazioni esistevano sul serio. Entrammo dentro dentro l’Apollo Theatre e ci bloccammo. Ci guardarono tutti: erano tutti ‘neri’ e noi gli unici ‘bianchi’, poteva sembrare un affronto. In quel momento Gigi sorrideva a denti stretti sussurrando: “Mi sto cagando sottooo…’“. Esattamente nello stesso modo in cui lo fa durante il film, come nella sequenza del set fotografico condiviso con Mafalda.

Come nasce Febbre da cavallo: all’inizio doveva essere un film drammatico di denuncia verso il gioco d’azzardo

L’idea venne in mente a Massimo Patrizi che abbozzò il soggetto di un film drammatico. Infatti inizialmente Febbre da cavallo avrebbe dovuto rappresentare una denuncia della dipendenza dal gioco d’azzardo. Parlò del progetto al produttore Roberto Infascelli che, impegnato nei set dei film poliziotteschi, particolarmente in voga all’epoca, parlò dell’idea a Steno. Il regista però non ne fu entusiasta e ignorò il film proseguendo il filone di film poliziotteschi. I rapporti tra i due si incrinarono.

Con il passare del tempo Infascelli modificò il timbro, spostando la trama sul genere commedia, convinto che questo aspetto avrebbe maggiormente fatto breccia nel cuore degli spettatori. Inoltre il genere comico, secondo il produttore, avrebbe portato più persone al cinema rispetto al genere drammatico. La nuova stesura della sceneggiatura piacque particolarmente al regista che accettò di dirigere. Tuttavia nel frattempo Infascelli aveva già affidato la regia a Nanni Loy. I due registi riuscirono a trovare un accordo: Steno gli avrebbe lasciato la regia di “Basta che non si sappia in giro“. Accordo fatto, il film si fece.

Tuttavia le idee di Steno erano ben lontane inizialmente da quello che vediamo nella pellicola. Lo stesso Infascelli restò piuttosto allibito dinanzi alla proposta di un film “in stile anni 1950, con tanti caratteristi, tante maschere, o magari un film di gruppo“. Steno non era esperto di corse ippiche quindi chiese aiuto al figlio, Enrico, frequentatore assiduo del mondo degli ippodromi in gioventù. Gli disse: “Non so se sei bravo a scrivere, ma ma siccome sei un giocatore di cavalli sicuramente ci metterai qualcosa“. A posteriori Enrico, che collaborò nella stesura della sceneggiatura, ha rivelato che sebbene molti ruoli sembrino perfettamente calzanti con gli attori che li hanno interpretati, in realtà inizialmente la produzione brancolava nel buio. Oltretutto molti personaggi minori vennero aggiunti in fase di post-sceneggiatura (come la sorella di Armando e Mafalda).

Mandrake, Pomata, Felice e gli personaggi di Febbre da cavallo: ecco gli attori che avrebbero dovuto interpretare i protagonisti del film nell’idea originale

Vedi anche: Gigi Proietti: elegante, misurato, maestro. Dalla musica al teatro, l’esplosione sul palco e in TV. E quel ritardato successo al cinema…

  • Mandrake

Infascelli avrebbe voluto Ugo Tognazzi per il ruolo di Mandrake in Febbre da cavallo. Tuttavia l’attore non andava a genio al regista che avrebbe preferito un attore romano. Anche Vittorio Gassman era tra i papabili per il ruolo ma rifiutò l’offerta. A suggerire Gigi Proietti fu Alberto Lattuada. Il regista aveva appena collaborato con l’attore romano in “Le farò da padre” e suggerì il suo nome a Steno. Infascelli non ne fu entusiasta, avrebbe preferito un attore più in risalto. Tuttavia Gigi non fece rimpiangere Steno della scelta. Proietti scelse di adoperare gran parte dello stile teatrale di Gassman, immedesimandosi completamente nel personaggio.

  • Pomata

Il personaggio di Pomata poteva essere interpretato da un semisconosciuto Carlo Verdone. All’epoca doveva ancora emergere dalla trasmissione “Non stop” che gli diede la giusta visibilità e considerazione agli occhi di registi e produttori. Quindi Steno preferì un più affermato Enrico Montesano. L’attore accettò dopo un periodo iniziale di titubanza dovuto al fatto che di lì a poco avrebbe dovuto prender parte alle riprese de “Il marito in collegio“. Il regista Maurizio Lucidi però posticipò le riprese per permettere all’attore di partecipare in entrambi i film.

  • Felice Roversi

Anche il ruolo del terzo protagonista, Felice Roversi, era stato pensato inizialmente per un altro attore. Si tratta di Alvaro Vitali, particolarmente in voga in quel periodo con “Pierino“. Fu lo stesso attore a rifiutare per continuare a cavalcare l’onda del suo personaggio. Lo stesso che durante la carriera lo limitò particolarmente come ha ricordato a più riprese.

  • Gabriella

La parte di Gabriella era stata proposta a Edwige Fenech. Dopo un periodo di riflessione l’attrice declinò gentilmente l’offerta. Il ruolo finì all’altrettanto meravigliosa Catherine Spaak.

Enrico Vanzina su Soldatino: “Lo giocai davvero e tra tutti i ricconi e gli snob diventai Pomata: ‘Dajeee, Soldatino, ho vinto!‘”

Poco prima di fare Febbre da cavallo conobbi mia moglie – disse Enrico Vanzina – Una signora tedesca, bionda, carina. Molto seria. Sapeva che io giocavo ai cavalli ma mi disse di non farlo più se avessi voluto stare con lei. E smisi“. Dopo molti anni ricevette un invito per andare a vedere una corsa a Capannelle, “premio Regina Elena, una gara molto importante“. Propose a Federica, la moglie, di andare a Capannelle. “Lei un po’ titubante, ma le andò bene“. Entrato nell’ippodromo si accorse della presenza di un cavallo: Soldatino. “Ma è un segno del destino“, disse. Sulle tribune “era il contrario del film: si trattava di una cosa di elegantoni, di snob, di str***i che erano lì“. Lo giocò e vinse. “Diventai Pomata, mi alzai e urlai: ‘Vaiii soldatino, daje!“.

Papà ebbe l’intuizione di fare un film con la forza dei caratteristi

Nel film c’è un Carotenuto ai massimi livelli, strepitoso. Un Adolfo Celli straordinario. Marina Confalone…la nonna di Pomata, la Montagnani“. Secondo il regista è proprio la coralità dei caratteristi il pezzo forte del film.

Febbre da cavallo: Gigi “Mandrake” Proietti sul film

Credo sia un fenomeno unico questa esplosione ritardata del film – disse nel 2002, dopo l’uscita del sequel -Ebbe un esito medio, come succede sempre. Poi dopo 15-16 anni dall’uscita al cinema questo film cominciò a girare per le televisioni private. Evidentemente ogni volta che passava aveva un ascolto alto. Oggi mi rammarico di non avere percentuali, a quest’ora sarei diventato miliardario”.

A differenza delle altre pellicole uscite al cinema, questo ha fatto “un percorso inverso”. “Si è meritato da solo la prima serata di network importanti. Quando uscì evidentemente non ebbe lo stesso exploit, magari non era stato distribuito nella maniera giusta. Non ho più fatto cinema, non conosco bene i meccanismi. La distribuzione capillare ha impattato di più con il pubblico“.

Come si è accorto dell’onda di ritorno: “Me ne sono accorto più tardi degli altri“. Gli dicevano: “Ho visto quel film tuo“. E lui: “Ma quale?“. Per lui Febbre da cavallo segnò lo stop con il cinema. “A questo punto mi trovo ad essere attore di cinema senza aver fatto il cinema. Piano piano sono nati dei fans club del film. Fa piacere e stupisce nello stesso tempo“.

Durante le riprese si divertivano molto: “E ci siamo ridivertiti di nuovo nel secondo film. Si ha a che fare con un elemento, il gioco, che affascina. Esaspera“.

Febbre da cavallo: la colonna sonora

Composta da Franco Bixio, Fabio Brizzi e Vince Tempera, è innegabile che la colonna sonora è un cult al pari del film. Fu proprio il maestro Tempera a scriverla.

Altre curiosità su Febbre da cavallo: location, chi è il regista che ferma Mandrake durante lo spot del Vat 69

  • Le riprese cominciarono a Roma il 20 giugno del 1975, precisamente in piazza Margana. Proprio dove, insieme a piazza d’Aracoeli, sono avvenute la maggior parte delle riprese. Nei pressi sono state girate anche le scene dello spot del whisky Vat 69 e della truffa a Manzotin.
  • Steno preferì girare le scene in un vero ippodromo, premiando quello di Tor di Valle. Tutte le sequenze negli ippodromi sono stati girate lì. Al contrario Infascelli avrebbe preferito un set realizzato in studio.
  • La prima scena girata il 20 giugno, a inizio riprese, fu quella in cui i tre protagonisti studiano le prossime scommesse da piazzare e scelgono il cavallo su cui puntare. La prima sequenza filmata all’ippodromo ha svelato un particolare di non poco conto: i tre protagonisti non erano sincronizzati con gli sguardi mentre seguivano la gara, ognuno guardava in un punto diverso. Per risolvere il problema Infascelli prese una bandiera e girò per tutto l’ippodromo dando un punto di riferimento a tutti e tre, permettendo agli attori di guardare lo stesso punto al fine di rendere quanto più realistica la scena.
  • Il Gran Caffè Roma che gestisce Gabriella è situato in piazza d’Aracoeli.
  • Il portone della casa di Pomata si trova in piazza Margana, l’ospedale dove ricetta i medicinali rubati da Luciano Bonanni è il Fatebenefratelli.
  • Le scene del treno sono state girate sulla tratta Roma-Formia-Napoli. Quelle nella stazione di Napoli sono avvenute in realtà a Roma Termini.
  • La strada in cui si ferma l’auto di Mandrake, e in cui i protagonisti fanno l’autostop, appartiene alla via Ostiense, tra Tor di Valle e Vitinia.
  • Talmente era l’adrenalina e il trasporto della trama che gli attori protagonisti entrarono veramente in competizione per le corse. Aspetto che contribuì inevitabilmente a rendere il film quanto più autentico possibile.
  • L’attore nei panni del regista, nella sequenza del carosello del Vat 69, è stato doppiato dal regista Steno.
  • La scena in cui Mandrake comunica a Mafalda di aver perso la tris è basata sulle note de “Il tango delle capinere” di Bixio Cherubini e Cesare Andrea Bixio.
  • Le riprese terminarono nel mese di agosto del 1975.