Un film nato secondo molti sotto una cattiva stella. Una pellicola estiva che sarebbe dovuta durare un paio di settimane scarse al botteghino e che invece è diventata un cult assoluto, tanto da scaraventare Patrick Swayze nell’Olimpo degli attori più amati degli anni 80. Dirty Dancing era uno dei tanti dance movie pensati per far sospirare le ragazzine, invece è stato il più alto incasso in Home Video nel giro di un anno, un indelebile tassello per tutti i ragazzi e le ragazze degli anni Ottanta e Novanta. Nonché il definitivo colpo di grazia per Jennifer Grey, che sarà Baby per sempre.

Il 21 agosto 1987 usciva nelle sale degli Stati Uniti Dirty Dancing, da noi con l’aggiunta “Balli proibiti”, a sottolineare il carattere già sexy del titolo originale. E riferito a quei balli che lo staff artistico di un villaggio vacanze faceva di nascosto e che pochi di noi, all’epoc, hannoosato imitare in pubblico. Protagonista una ragazzina appena diciannovenne e la sua miseducation. Ovvero quel processo, che non ha corrispettivo nella lingua italiana, per cui a un certo punto un adolescente si spoglia di tutti i concetti di buona educazione e comportamento ricevuti, li sporca venendo a contatto con le cose del mondo e poi decide cosa valga la pena tenere e cosa lasciar andare. Un passaggio fondamentale per diventare adulti, insomma. E Baby, lo dice lei stessa nell’incipit, lo fa in vacanza.

Genesi di Dirty Dancing

Era prima dell’omicidio Kennedy e prima dei Beatles. L’America doveva ancora perdere la sua innocenza, proprio come Baby. Ispirato alla vera storia della sceneggiatrice Eleanor Bergestein, che la ha infarcita di suoi ricordi, Dirty Dancing è la storia di un riscatto sociale – come spesso nei dance movie accade. Fu la Bergestein a volere i due protagonisti: all’inizio i ruoli di Johnny e Baby sarebbero dovuti andare a Billy Zane e Sarah Jessica Parker. I due si erano fatti notare per i loro ruoli secondari, rispettivamente in Ritorno al futuro e in Footloose. In più, il regista Emile Ardolino, che allora aveva al suo attivo solo un documentario sul ballerino e coreografo Jaques d’Amboise ed era fissatissimo con la danza, non avrebbe mai accettato alcun attore che non sapesse anche ballare. Voleva evitare i body double, come si vede purtroppo proprio in Footloose.

Eleanor Bergestein aveva visto Patrick Swayze e Jennifer Grey recitare insieme in Alba Rossa, capolavoro di John Milius del 1984, e aveva trovato che fra loro ci fosse una grandissima “alchimia sessuale”, come lei stessa la definì. C’era solo un piccolo problema: Patrick e Jennifer si detestavano. Si erano trovati insopportabili su quel set. Dopo una serie di trattative, lei fu la prima ad accettare, ma aveva 27 anni: 8 in più rispetto al suo personaggio. Ardolino le fece un provino, molto spazientito: “Hai cinque minuti di tempo per farmi vedere che sai muoverti e parlare come un’adolescente sfigata”. Ed ecco qui: le movenze di Baby ce le ricordiamo tutti, ancora oggi.

Fu poi lei a convincere Swayze e i due decisero di provare ad andare d’accordo, a far funzionare un po’ le cose per non apparire proprio finti sullo schermo. Ad ogni modo ce la fanno e il resto lo sappiamo: Johnny Castle inizialmente doveva essere italiano – il che un po’ si intuisce dal nome dello zio che avrebbe dovuto farlo entrare nel sindacato – ma poi si pensò che sarebbe stato troppo somigliante a Tony Manero. Accanto ai due viene piazzata la ballerina migliore allora in circolazione, Cynthia Rodhes, la prima a essere scelta nel ruolo dell’eccezionale Penny. Una piccola curiosità: Cynthia era così bella che nella scena in cui sta male, dopo l’operazione che quasi le costa la vita, i truccatori dovettero imbruttirla moltissimo.

I’ve had the time of my life

Il film esce e Jennifer Grey, che aveva firmato per il tour promozionale, viene bloccata in seguito a un tragico incidente. In vacanza in Irlanda con Matthew Broderick, suo fidanzato di allora (anche se l’anno prima avevano recitato come fratello e sorella in Una pazza giornata di vacanza del grande John Hughes), i due vengono coinvolti in un incidente d’auto, che costa la vita a madre e figlia nell’altro veicolo. Le indagini e la burocrazia le hanno impedito di essere alla première, ma non alla notte degli Oscar, dove è apparsa a dir poco scintillante. Infatti la colonna sonora di Dirty Dancing si è meritata un Oscar per la Miglior Canzone Originale con (I’ve Had) The Time of My Life. E anche un Golden Globe per lo stesso motivo, mentre i due cantanti, Bill Medley e Jennifer Warnes si aggiudicarono un Emmy. E a proposito di canzoni: è Patrick Swayze a cantare la bellissima She’s Like the Wind.

E sì, se siete tra i più giovani e ve lo state chiedendo, la mamma di Baby è proprio Kelly Bishop, la nonna di Rori in Una mamma per amica.

Di Dirty Dancing si sono realizzati un sequel nel 2004, con Diego Luna e Romola Garai, e un remake televisivo nel 2017, con Colt Prattes e Abigail Breslin. I due film, sorvolando sul fatto che gli attori non sono ballerini, sono decisamente trascurabili rispetto all’originale. C’è da dire però che Dirty Dancing stroncò la carriera di quasi tutti, in primis dei protagonisti, che rimasero intrappolati in quei ruoli. Jennifer Grey non riuscì a far decollare la sua carriera, Cynthia Rodhes interpretò un altro piccolo film per poi ritirarsi dalle scene e Patrick Swayze rimase incastrato nel ruolo di Johnny fino a che, nel 1990, non arrivò Ghost. Ci pensò finalmente Kathryn Bigelow a dimostrare che lui poteva essere altro, affidandogli l’iconico ruolo di Bodhi in Point Break.

Ma che dire… è uno di quei miracoli. Quelli che non si spiegano, che avrebbero dovuto incassare due dollari e mezzo e invece sono ancora qui, a farci sognare. Secondo Patrick Swayze è stata una questione di cuore, quello che ha infuso al suo personaggio: un vero oggetto del desiderio e per questo, molto triste e solo, alla ricerca di qualcosa, di qualcuno. Una canaglia da far diventare principe. E quale donna non lo vorrebbe?

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