Non si placano le discussioni relative alla lettera scritta dagli studenti del Liceo Classico Berchet di Milano al Corriere e apparsa sul giornale martedì scorso.
Il documento, firmato dai rappresentanti dell’istituto classico milanese e sottoscritto da ulteriori 25 istituti italiani, ha come scopo quello di mostrare solidarietà verso tutti i ragazzi in difficoltà, dopo la notizia dell’abbandono scolastico di 56 allievi in circa sei mesi dal Liceo Berchet a causa dell’eccessiva pressione psicologica.

La lettera degli studenti del Liceo di Milano: “Vogliamo studiare ma chiediamo rispetto”

Biancamaria Strano, 19 anni, racconta che l’idea di scrivere la lettera ha preso piede in seguito a un questionario che ha dato risultati sconvolgenti: di 533 alunni che hanno risposto alle domande, ben 303 hanno ammesso di soffrire di stress e ansia per via di compiti, verifiche e interrogazioni, e aggiunge: «Le situazioni gravi sono circoscritte, non contestiamo il Berchet, ma un certo clima presente anche altrove – e aggiunge – ho impiegato anni ad andare oltre al voto». Mentre Beatrice, 17 anni, ci tiene a sottolineare che la richiesta degli studenti non è finalizzata alla riduzione dei programmi didattici: «La richiesta di impegno è alta, ma non è questo il problema, non vogliamo un modello di studio alienante, bensì che ci renda persone pensanti. Non siamo i 4 che prendiamo». Replica Andrea Fogli, 18 anni: «Quel numero è solo la fotografia del momento».
Giulia invece ci tiene a sottolineare la differenza tra professori severi ma corretti e professori che hanno modi di fare errati versi i loro alunni: «c’è chi usa toni sbagliati. Ci sono casi di compagni che prendono gocce per tenere a bada l’ansia».
Il preside, Domenico Guglielmo, anch’esso padre di una ex allieva del Liceo Berchet, apre al dialogo con gli studenti e tenta di dare una spiegazione a tali fenomeni di malessere individuando tra le possibili cause un uso eccessivo dei social, ma anche l’isolamento vissuto durante la pandemia e conclude: «Stiamo lavorando sui problemi. Capiremo se servirà un seguito del sondaggio».
Iniziano intanto a circolare le prime proposte che vanno dall’invitare i professori a seguire corsi di pedagogia, a correggere le verifiche direttamente in classe o ad accompagnare il voto con un giudizio.

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