Il riscatto della laurea è l’opportunità di trasformare gli anni universitari in anni contributivi. Questa è la proposta fatta qualche settimana fa dal presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, ispirato dal modello tedesco. L’obiettivo è quello di continuare a tenere stimolati i giovani nello studio e di non farli fuggire via, magari scoraggiati dalla lunga carriera che li aspetta nel difficile mercato del lavoro, inclusa l’obbligata gavetta, dopo essere stati per anni sui libri. Nei casi in questione il giovane, se tutto va bene, si ritroverebbe laureato e pronto per iniziare la gavetta a 25 o 26 anni. Ma, come si sa, più si tarda il versamento dei contributi INPS e peggio è per i lavoratori. Ecco che dunque l’agevolazione per i contribuenti interessati a riscattare gli anni di laurea assumerebbe un senso importante.

Riscatto laurea 2022: cos’è, requisiti, calcolo, Inps, agevolato, costo, gratuito, esclusioni, quando conviene e quando no

Vedi anche: Carburanti alle stelle, ora il metano costa più della benzina

L‘INPS, avvalendosi dello strumento, offre la possibilità di riscattare il corso legale di studi universitari. Quindi lo studente può convertire gli anni universitari in anni contributivi. Il contributo è anche fiscalmente deducibile al 100%. Tuttavia c’è una differenza con il riscatto di laurea agevolato che invece permette il risparmio del 70% in meno rispetto a quest’altra forma. La misura potrebbe tuttavia richiedere 4-5 miliardi di euro.

Il requisito essenziale per riscattare la laurea è di essere in possesso del titolo di studio. Possono rientrare anche gli inoccupati, non iscritti a una gestione previdenziale, che non abbiano iniziato l’attività lavorativa.

Il calcolo consiste nel riscatto dei periodi che corrispondono alla durata dei corsi legali di studio universitario. Quindi sono inclusi anche i periodi in cui sono stati conseguiti più titoli rilasciati dalle università o da istituti di livello universitario.

Il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, spinge per attuare la misura visto che tra pochi anni le pensioni saranno calcolate in maniera esclusiva con il sistema di calcolo contributivo. Quindi ovviamente chi inizierà a lavorare più tardi sarà maggiormente penalizzato. Tridico incalza per riscattare la laurea in modo gratuito e tra le proposte si dice interessato ad introdurre anche quella della “pensione di garanzia per evitare pensioni povere in futuro“. Sarà il Parlamento eventualmente ad esprimersi in merito visto che dovrà adeguarne le coperture finanziarie.

Esclusi dalla manovra gli anni fuori corso e i periodi già coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa o da riscatto che sia non solo presso il fondo cui è diretta la domanda stessa, ma anche negli altri regimi previdenziali richiamati dall’articolo 2, comma 1, decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184.

Non conviene per tutti: le indagini di Smileconomy

Ad oggi l’unica agevolazione possibile è quella di godere del riscatto light che corrisponde a un costo di 5.360,19 euro per ogni anno di università, deducibile al 100% ai fini fiscali. Inoltre l’importo complessivo si può rateizzare fino a 120 rate senza interessi. Si tratta di un investimento che in base all’anzianità lavorativa potrebbe essere utile ad anticipare il pensionamento.

Smileconomy ha indagato sugli effetti di un riscatto di laurea quinquennale e ha rivelato che non sempre conviene. In alcuni casi addirittura peggiora la situazione con la conseguenza di dover posticipare l’età pensionabile. Nell’indagine sono state prese in considerazione differenti fasce d’età con redditi da 1.500 euro ai 3.000 in base all’età (dai 30 ai 60 anni, rispettivamente da 1.500 euro di guadagno a salire ai 3.000).

Nell’ipotesi di versamento di contributi di età differenti, tra i 24 e i 30 anni, sia gli uomini che le donne andrebbero in pensione senza riscattare la laurea tra i 64 anni e 9 mesi e i 67 anni e 8 mesi. La fascia d’età tra i 30 e i 45 anni invece riuscirebbe ad anticipare l’età pensionabile in ogni caso, anche se in alcune circostanze si tratterebbe solo di pochi mesi. Infine le persone tra i 50 e i 60 anni che hanno iniziato a lavorare a cavallo del 1996 potrebbero avere spiacevoli sorprese.

I casi “anomali

Andrea Carbone, ideatore di Smileconomy, spiega che si tratta di casi “anomali” che riguardano prevalentemente “chi ha iniziato a lavorare e quindi a versare i contributi dal 1996 e ha frequentato l’università prima o a cavallo del 1996“. Nei casi analizzati si rischierebbe che un uomo 50enne che ha iniziato a versare i contributi a 27 anni, si vedrebbe ritardare il pensionamento “di 9 mesi“, mentre un 55enne che ha iniziato a versare all’INPS a 30 anni, andrebbe in pensione con 3 anni e 3 mesi di ritardo. Idem per una donna di 55 anni che ha iniziato a versare i contributi a 30 anni, nel caso si ritarderebbe il pensionamento di 2 anni e 10 mesi.