Nei giorni scorsi il Procuratore generale di Milano ha aperto un procedimento disciplinare a carico di Cuno Tarfusser, il giudice che ha chiesto di riesaminare il caso della Strage di Erba, avvenuta in provincia di Como l’11 dicembre 2006. Quella notte persero la vita Youssef Marzouk, un bambino di appena 2 anni, sua madre Raffaella Castagna, sua nonna Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Per i quattro omicidi di quella notte, nel 2011 sono stati definitivamente condannati all’ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi.
Il magistrato Tarfusser, fermamente convinto dell’innocenza dei condannati, ha definito la sentenza un enorme errore giudiziario, chiedendo più volte la riapertura del caso. Per questo il 31 marzo ha deciso di depositare di propria iniziativa la richiesta di revisione della condanna definitiva: a quel punto la Procura Generale della Cassazione gli ha contestato la violazione dei doveri di correttezza, riserbo ed equilibrio del proprio ufficio.
“Le prove sono infondate”
Un difetto formale, quindi, che teoricamente non esprime un giudizio sull’opportunità di riaprire o meno il caso.
Intervistato sulla questione, Tarfusser ha dichiarato: “In merito al procedimento disciplinare a mio carico, mi limito a dire che attendo con grande serenità e fiducia l’esito del procedimento stesso nella consapevolezza di non avere fatto altro che il mio preciso dovere di Magistrato. Ci sono due persone da 17 anni all’ergastolo che aspettano che la mia richiesta legittima sia accolta, e invece pare che il problema relativo alla Strage di Erba sia io.”
Il magistrato ha ripetutamente affermato di avere le prove dell’innocenza di Rosa e Olindo: come ha più volte dichiarato, le tre prove principali su cui si basa la condanna ( il riconoscimento di Olindo Romano da parte di Mario Frigerio, marito di una vittima e unico sopravvissuto; la macchia di sangue di Valeria Cherubini sull’auto di Rosa e Olindo; la confessione dei coniugi) sarebbero minate da “gravissime criticità mai valutate nelle sentenze di primo e secondo grado“, oltre a essere contraddette “da certezze scientifiche“.