Sono passati trent’anni di silenzi, misteri e bugie in merito alla strage di Via D’Amelio ma non è ancora stata scritta la parola fine perché i magistrati sono tornati a riesaminare i fascicoli d’archivio. Il gip del tribunale di Caltanissetta, infatti, ha respinto la richiesta di archiviazione perché c’è ancora la necessità di fare luce, ma non è semplice. La procura di Caltanissetta non ha mai mollato le indagini e, sotto la direzione di Salvatore De Luca, viene preso in esame il dossier mafia e appalti sul quale Paolo Borsellino si stava dedicando negli ultimi tempi di vita. Per la famiglia del magistrato potrebbe essersi trattato del motivo della velocizzazione della strage.

Gialli, silenzi, misteri, bugie: la strage di via D’Amelio

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Al quarto piano del palazzo di giustizia di Caltanissetta, sede della procura della Repubblica, le dichiarazioni dell’omicida Gaspare Spatuzza hanno rivelato l’inganno del falso pentito Vincenzo Scarantino, le stesse hanno permesso di avviare l’indagine sul depistaggio architettato da alcuni membri della polizia. Dopo trenta sofferti anni sono stati riconosciuti come responsabili uomini dello Stato. Ma perché i poliziotti lavorarono per il depistaggio? Qual era il motivo se non favorire la mafia, quindi il boss Giuseppe Graviano, dato che l’ipotesi di ottenere presto un risultato è stata ritenuta “troppo riduttiva” dagli avvocati della parte civile? E se così non fosse stato, chi si stava proteggendo?

Nel lungo video che la procura fece realizzare dalla Scientifica non compaiono i volti dei mafiosi. Ancora ci si domanda se tra quelli che compaiono, ancora senza nome, ci fossero il ladro dell’agenda rossa del magistrato o l’agente dei servizi segreti. Già, quell’agente di cui parla uno dei primi poliziotti giunti sul posto della strage in via D’Amelio. E c’è un altro uomo di cui ha parlato il pentito Spatuzza.

L’autore dell’attentato tre settimane prima andò “fuori dalla Sicilia…”

Un uomo misterioso, un altro Mister X “il giorno prima dell’attentato“. Era “nel garage di via Villasevaglios” in cui veniva caricata l’autobomba. “C’era una persona che non conoscevo“. L’autore dell’attentato, Giuseppe Graviano, il capomafia di Brancaccio incaricato da Salvatore Riina, partì “all’inizio di luglio” ed andò “fuori dalla Sicilia“. Lo aveva detto il suo autista, ad oggi collaboratore di giustizia, Fabio Tranchina. Dunque le altre domande senza ancora una risposta: il luogo dove si era recato, qual era? E soprattutto chi doveva incontrare?

Il gip del tribunale di Caltanissetta ha respinto la richiesta di archiviazione perché si vuole accertare se nell’attentato vi sia stata la partecipazione di personaggi estranei a Cosa Nostra. Nel frattempo i pm hanno rivelato l’ennesima impostura. Si tratta di Maurizio Avola, il pentito che aveva svelato tramite un libro di essere tra gli assassini della strage, vestito da poliziotto. Ci si chiede se non l’avesse fatto per allontanare tutti i sospetti sugli uomini senza volto? La morte di Borsellino, sebbene qualche passo avanti, resta ancora pregna di mistero, silenzi e bugie.