Nato a Struppa, quartiere genovese della Val Bisagno, il 1° settembre del 1922, Vittorio Gassman, all’anagrafe Vittorio Gassmann, oggi avrebbe compiuto ben 100 anni. Un anniversario importante come quello che proprio qualche mese fa è ricorso in nome di un altro grande di quei tempi, Ugo Tognazzi. Proprio loro due, che insieme ad Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Monica Vitti e Nino Manfredi, erano il volto della commedia italiana del tempo.

Un vero mattatore: “Recitare non è molto diverso da una malattia mentale: un attore non fa altro che ripartire la propria persona con altre. È una specie di schizofrenia

Che fosse un set cinematografico o un palco teatrale, ma anche una voce in doppiaggio o una presenza in uno studio televisivo, quando c’era Vittorio era facile accorgersi della sua verace ed energica presenza. Per questo era una delle più belle ed evidenti personalità dello spettacolo del tempo.

Vittorio incarnava perfettamente lo spirito dell’epoca post bellica e del boom economico. Voglia di ridere, stare bene, festeggiare. Bellezza, fascino, battuta pronta: l’artista era l’immagine gioiosa e felicemente risorta dei tempi dopo la sofferenza dei conflitti della seconda guerra mondiale.

9 gennaio 1973, intervista di Enzo Biagi: chi è Vittorio? “Intanto un attore. Nel senso pieno…”

La sua indole, il suo sguardo sornione, il modo di fare che lo hanno reso il Mattatore della commedia: Vittorio era tutto questo e tanto altro. Nel 1973, in una intervista rilasciata a La Stampa, l’artista disse a Enzo Biagi, in risposta alla domanda su “chi fosse“: “Intanto un attore. Nel senso pieno…”.

Un artista del quale chi lo ha conosciuto professionalmente ne ha dette di ogni. E tutte in senso positivo: dedito al lavoro, come abbiamo visto quasi maniacale, preciso e incisivo. Tuttavia Vittorio è sempre stato un uomo che sapeva di avere dei limiti prendendone atto. Così come era consapevole dei suoi punti di forza: “Credo di avere delle qualità” – disse, sebbene – non quelle dei veri talenti“.

Vittorio Gassman e la malattia della depressione bipolare

Vittorio non si nascondeva mai e rivelava sempre tutto sé stesso pubblicamente. Nella buona e nella cattiva sorte. Così come quando con grande coraggio e profonde parole introdusse un concetto ancora poco chiaro, anzi, decisamente sconosciuto. L’attore disse di non provare più piacere in qualsiasi tipo di occasione. Una sensazione che lo privava del piacere stesso di vivere.

La sindrome di cui faceva riferimento il compianto attore è riconosciuta in psichiatria come anedonia, un sintomo strettamente legato alla depressione bipolare. Questo atteggiamento non cambiava dinanzi a nulla, compresi gli amori e gli affetti di una vita come la sua famiglia. Tuttavia l’attore riconobbe sempre la forza e l’amore dei suoi familiari nonostante la sua difficoltà a ricambiare.

La famiglia Gassman si è sempre stretta e unita attorno all’attore specialmente nel periodo della depressione che provò a combattere anche con l’assunzione di psicofarmaci. Sebbene tutto riconduca alla sindrome appena spiegata, comprese la maniacale professionalità e la cura minuziosa dei dettagli (sintomi previsti in disturbi del genere), non sono mai arrivate conferme ufficiali. Non quantomeno su quelle relative al bipolarismo.

Invece la depressione sofferta da Vittorio era chiaramente confermata da lui stesso che diede anche un nome a questo mostro. “Il demone interno“, era così che la chiamava. A conferma della sofferenza del buon Vittorio un aneddoto svelato dal figlio durante una tournée al teatro Nuovo di Milano, nel 1994.

L’attore era visibilmente in sofferenza e Alessandro lo avvicinò spingendolo a sospendere il lavoro e prendersi definitivamente del tempo per sé stesso. Nonostante la nota professionalità e l’assidua presenza nel lavoro, Vittorio seguì il consiglio, a testimonianza di quanto quel “demone” lo facesse soffrire. L’evento fu come un passaggio di testimone di padre in figlio.

La malattia di Alessandro Gassman

Non solo la carriera da attore e non solo gli sviluppi che hanno portato alla stessa sono dei punti in comune tra Vittorio e il figlio. Infatti anche Alessandro a più riprese ha detto di essere affetto da depressione come suo padre.

L’attore ha rivelato di aver fatto uso di farmaci specialmente nei primi tempi perché le sensazioni provate erano davvero forti e incontrastabili. Non solo depressione ma anche attacchi di ansia. “Amavo stare molto da solo e nella natura“, disse a Mara Venier, ospite di Domenica In. Fu Vittorio a salvarlo facendolo recitare: “Mi ha obbligato a fare l’attore“.

Fortunatamente oggi Alessandro riesce a tenere a bada determinate sensazioni, pur consapevole di non dover né poter mai abbassare la guardia. Ed effettivamente Alessandro non abbassa la guardia, anzi si aggiunge al coro di voci intente a lanciare un messaggio di sostegno e aiuto verso tutte quelle persone che soffrono degli stessi mali. Il consiglio dell’attore è di parlare con degli esperti e poter affrontare sempre tutto a testa alta.

Vittorio Gassman moglie e figli: la nascita dell’attore e regista, Alessandro, e di sua sorella, Paola, attrice teatrale

Vittorio Gassman, così come Ugo Tognazzi, fece scandalo per via della sua libertina vita privata. All’epoca convolare a nozze con la stessa frequenza di Vittorio era un comportamento oggetto di scalpore, critiche e giudizi. Vittorio si è sposato per ben tre volte, che per i tempi sicuramente era una novità.

Nel 1943, nonostante fossero nel pieno dei terribili anni del conflitto mondiale, Vittorio sposò Nora Ricci dal quale matrimonio nacque Paola, divenuta poi attrice teatrale. Tuttavia l’amore durò solo cinque anni.

La seconda moglie fu l’attrice statunitense Shelley Winters. Dalla relazione nacque Vittoria, la quale ha sempre vissuto negli Stati Uniti lavorando come geriatra. Il matrimonio avvenne a Los Angeles mentre in Italia sopraggiungeva il divieto al divorzio del 1952.

Prima del terzo matrimonio l’attore ebbe una relazione con l’attrice Juliette Mayniell dalla quale nacque Alessandro, oggi noto attore e regista. La nascita extraconiugale di Alessandro destò scandalo a cavallo negli anni Sessanta.

Il terzo e ultimo matrimonio dell’artista fu con Diletta D’Andrea, l’ex moglie del regista Luciano Salce. Da qui la nascita di Jacopo, altro figlio di Vittorio. Tra i flirt anche uno con l’attrice Anna Maria Ferrero.

La famiglia Gassman

La madre di Vittorio Gassman decisiva per la carriera di attore del figlio

Non solo la recitazione ma anche tanta scrittura per Vittorio, compresa la sua autobiografia, “Un grande avvenire dietro le spalle“. Luisa Ambron, la madre pisana di famiglia ebraica, ha giocato un ruolo chiave per la carriera di suo figlio. Senza Luisa, il buon Vittorio non sarebbe diventato un attore.

Fu Luisa a spingerlo a frequentare l’Accademia dopo il Liceo, deviando il suo percorso dalla giurisprudenza. Una scelta coraggiosa che però si sposava con la passione di Vittorio al quale suggeriva: “Facendo legge, non hai obblighi di frequenza“. Luisa fu una figura costantemente presente per Vittorio e l’attore riusciva a confidarsi sempre e solo con lei, nonostante i litigi.

Litigi dovuti alla somiglianza caratteriale. Una personalità dallo “spessore burrascoso e pisano” come lo stesso attore definiva sua madre, raccontandola. Dopo la morte del marito (e papà di Vittorio), la signora Ambron necessitava di quello scudo, di quella corazza, per affrontare le avversità della vita in un momento storico difficilissimo e con figli a carico.

In una apparizione televisiva la signora Ambron non sfigurò affatto, anzi, a detta di Vittorio “fu all’altezza delle sue attese“. Togliendogli oltretutto “la parola in trasmissione” e “sgranando versi danteschi e boutade improvvisate“, letteralmente al pari di “una veterana della ribalta“. La trasmissione era lo show di Canzonissima.

Vittorio Gassman e sua madre, Luisa Ambron, votano alle elezioni politiche

Alessandro Gassmann “non volevo fare l’attore” ma Vittorio, come fece sua madre con lui, lo indirizzò sul grande schermo

In una intervista rilasciata al Corriere dal più noto dei figli di Vittorio, ci viene svelato un aneddoto non di poco conto. Alessandro non voleva recitare e fu il padre a giocare un ruolo decisivo in merito. Praticamente lo stesso scenario che visse Vittorio in gioventù con sua madre.

Alessandro da ragazzo accompagnava il padre al Festival del Cinema. La prima volta fu a 17 anni per “Di padre in figlio“. La pellicola trattava di “un racconto tra me e lui“, disse l’attore e regista al Corriere. Vittorio “amava parlare di sé stesso in pubblico” tuttavia “io lo detestavo” perché “ne avevo vergogna“.

Alessandro era “timidissimo” e comprese di “non voler fare l’attore“. Sebbene le premesse sembrassero difficili, anche stavolta il ruolo genitoriale fu decisivo e nonostante il ragazzo si iscrisse ad “Agraria, a Perugia“, il padre lo volle con sé a teatro “per la seconda edizione di Affabulazione“. Dove “è cominciato tutto“.

Davanti a due strade che portano allo stesso punto, scegli quella che ti arreca più fatica

Mio padre mi ha lasciato tantissimo” scrisse sui social Alessandro in memoria del papà a 20 anni dalla sua scomparsa. “Sia umanamente che dal punto di vista etico professionale“. Aggiungendo un aneddoto che spiega tutto sul modo di fare dei Gassman: “La cosa che mi ripeteva era: Fra due strade che portano allo stesso punto, scegli quella che ti arreca più fatica

Gli inizi

Vittorio era figlio di Heinrich Gassman, ingegnere edile tedesco, e di Luisa Ambron, di origine pisana e di religione ebraica. Il compianto attore nacque a Genova e si trasferì molto presto a Roma. Nella capitale ottenne la maturità classica presso il Liceo Tasso” e si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza all’università insieme ai compagni di classe Luigi Squarzina e Carlo Mazzarella. Tuttavia Vittorio interruppe gli studi per dedicarsi pienamente alla sua passione della recitazione.

Potremmo dire “da dove tutto cominciò“. Già, perché dopo aver cambiato radicalmente strada, Vittorio non perse tempo e si iscrisse all’Accademia d’Arte Drammatica, Silvio D’Amico. Nel 1943 debuttò a teatro insieme ad Alda Borelli in “La nemica” di Dario Niccodemi.

Vittorio si mostrò immediatamente per quello che era con la sua versatilità, il suo magnetismo, il carisma e il temperamento, qualità che gli vennero riconosciute (dagli anni ’60) riassunte in un unico vero soprannome: “Il mattatore“. Nomignolo assegnatoli dopo la conduzione del programma televisivo omonimo che condusse lui stesso (Il mattatore).

Il “mattatore” Vittorio continuava a recitare a teatro al fianco di personalità del calibro di Luigi Squarzina, Guido Salvini e Luchino Visconti. Fu fondatore e direttore del Teatro d’arte italiano nel 1952 insieme a Luigi. In seguito Vittorio divenne attore dando vita alla sua espressione recitativa sostenuta da una professionalità sin troppo maniacale.

Il successo sul grande schermo

La carriera di attore cominciò in “Incontro con Laura“, del 1945, di Dario Niccodemi, tuttavia la pellicola andò perduta. Dunque il primo film ancora “in vita” è “Preludio d’amore” dell’anno seguente, diretto da Giovanni Paolucci. Il primo grande successo arrivò nel 1949 con “Riso amaro“, capolavoro del primo neorealismo di Giuseppe De Santis e al fianco di Silvana Mangano.

Impossibile non citare altre pellicole di successo come “I soliti ignoti“, del 1958, diretto da Mario Monicelli; così come “La grande guerra“, dell’anno seguente, per la stessa regia; “Il mattatore“, film di Dino Risi, del 1960, regista anche de “Il sorpasso“, del 1962 e de “I mostri“, dell’anno seguente. Ed ancora “L’armata Brancaleone“, del 1966, ancora con Monicelli e “L’alibi“, del 1969, in co-regia con Dino Risi.

Poi lo ritroviamo ne “In nome del popolo italiano“, del 1971, e “Profumo di donna“, del 1974, ancora per la regia di Risi. Ha collaborato anche con Ettore Scola in “C’eravamo tanto amati“, del 1974, e “La terrazza“, uscito sei anni dopo. Nel 1977 “Anima persa“, e due anni dopo “Caro papà“, ancora con Dino Risi.

Gassman lo ritroviamo ancora nel 1978, anno in cui fece doppietta con Robert Altman alla regia, in “Un matrimonio” e “Quintet“. Nel pieno degli anni Ottanta si ricorda “La famiglia“, di Scola, e “Lo zio indegno“, di Franco Busati, rispettivamente del 1987 e del 1989. Nel 1990 “Tolgo il disturbo“, con Risi. E sì, potremmo continuare a lungo…

Il debutto sul piccolo schermo

Il debutto in televisione avvenne nel 1959 proprio nella trasmissione varietà da cui ne trasse il soprannome, per la regia di Daniele D’Anza: “Il mattatore“. Sebbene fu proprio il piccolo schermo ad attribuirgli un soprannome che gli rimase a vita, l’artista dosò sempre cautamente le sue apparizioni in tv.

Negli anni Sessanta Vittorio era comunque impegnatissimo e si alternava tra l’Italia e Hollywood lavorando per registi come quelli citati più Luigi Comencini, Nanni Loy, Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Sergio Corbucci, Burt Reynolds e molti altri ancora.

Vedi anche: Vittorio Gassman. Il Centenario – Inizia oggi la mostra a Genova

Anche regista, doppiatore e scrittore: i titoli e i riconoscimenti

Vittorio è stato anche scrittore esordendo con il romanzo “Luca dei numeri“, del 1965. In seguito ha scritto “Un grande avvenire dietro le spalle“, del 1981. Le pause tra un libro e l’altro si sono accorciate sempre di più con l’avanzare dell’età e infatti nel 1990 scrisse “Memorie del sottoscala“, replicando due anni dopo con “Ulisse e la balena bianca” e “Mal di parola“, entrambi usciti nella stessa annata. Quattro anni dopo scrisse “Lettere d’amore sulla bellezza” in collaborazione con Giorgio Soavi.

Da doppiatore fu la voce fuori campo del film “Romeo e Giulietta“, del 1968 di Franco Zeffirelli, nonché la voce del personaggio Musafa nel film d’animazione “Il re leone“, del 1994.

In cabina di regia diresse sé stesso in quattro pellicole. Kean – Genio e sregolatezza; L’alibi; Senza famiglia nullatenenti cercano affetto e Di padre in figlio.

Nel 1994 fu insignito del titolo di Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana da Oscar Luigi Scalfaro, il presidente della Repubblica del tempo. Cinque anni dopo ricevette la medaglia d’Oro ai benemeriti della cultura e dell’arte.

Vittorio in carriera ha vinto numerosi premi e ottenuto tanti riconoscimenti tra i quali il Leone d’oro alla carriera e il premio del Festival di Cannes come miglior attore e anche 9 David di Donatello, 6 Nastri d’argento e 2 Globi d’oro, tra gli altri.

Vittorio Gassman, altezza e il successo con la pallacanestro della quale se ne innamora al Liceo

Le leve lunghe, la statura slanciata e un fisico in forma atletica strepitosa permisero al giovane Vittorio di farsi spazio nella pallacanestro. Da ragazzo il buon Vittorio era una stella nascente del basket e riuscì ad ottenere le convocazioni per la serie A e la Nazionale.

Lo sport della palla a spicchi divenne la sua passione che scoprì presto, proprio mentre era al Liceo “Tasso” a Roma. Aveva ben 189 centimetri di altezza ed un fisico scolpito da sfoggiare, caratteristico per le leve così lunghe che prima dello sviluppo completo gli fecero attribuire il soprannome di “Gallinaccio“. Vittorio fu tesserato per la S.S. Parioli.

Con la stessa squadra romana si giocò la finale per il tricolore contro la Reyer Venezia, il 14 giugno del 1942, nella palestra della Misericordia di Venezia. La squadra di Gassman fu intitolata a Bruno Mussolini, il terzogenito del Duce morto nel 1941 su un velivolo di guerra.

La storia palestra della Misericordia di Venezia dove Vittorio giocò la finale

La palestra era ritenuta tra le migliori al mondo grazie ai suoi spessi muri, i soffitti alti e le pareti con gli affreschi di Jacopo Sansovino. Quel giorno l’atmosfera era infuocata e le cronache parlavano di un caldo torrido per il quale contribuì nettamente l’ampia presenza di pubblico. Oltretutto la palestra era munita di tetto e giocare al coperto al tempo era un lusso per pochi. In Italia al pari solo Trieste e Bologna.

La squadra veneta vinse il titolo sconfiggendo quella di Vittorio per 33-28 ma protagonista fu la scazzottata che coinvolse tutti e la rabbia generale di una gara che fu così fallosa al punto che 3 giocatori del Venezia vennero squalificati e terminarono la gara solo in quattro uomini.

Per Vittorio fu una gara da dimenticare: solo 3 punti, uno dei quali da un tiro libero, oltretutto l’unico che riuscì a segnare su 7 occasioni dalla lunetta. L’indomani il Corriere dello Sport intitolava “Vittorio Gassman delude, accecato ormai dalle luci della ribalta“. Chissà forse proprio quell’articolo di giornale contribuì a spingere definitivamente e convintamente Vittorio verso la carriera di attore (prima di teatro e poi di cinema).

Vittorio Gassman e il militare

Nel marzo del 1942 Vittorio si recò a Forlì alla scuola allievi ufficiali per il servizio militare. Durante il corso di addestramento granatieri ottenne una sospensione per sospetta pleurite e fu dichiarato rivedibile in quanto affetto da sonnambulismo nonché figlio unico di madre vedova.

L’attore Massimo Ghini ha rivelato un aneddoto durante il suo periodo di militare. Ghini voleva vedere lo spettacolo teatrale con protagonista Vittorio ma non c’erano posti a sedere così chiese gentilmente aiuto alla moglie di Gassman, Diletta, e alla figlia, Paola. Vittorio recitata “o Cesare o nessuno“.

Le due, intenerite dal giovane sorridente in divisa che disse loro “sono un attore“, non solo trovarono il modo per farlo accomodare ma gli chiesero se avesse avuto voglia di conoscere l’artista. Vittorio, appena lo vide, affermò: “Ho sempre amato l’esercito“.

Alberto Sordi e Vittorio Gassman ne “La grande guerra”

Quella brutta storia con Catherine Spaak “maschilista, insieme ad altri mi chiamavano t***a sul set

Quando tempo fa Catherine Spaak è tornata a parlare a La Stampa di quello che oggi è un tema delicato, profondo e sensibile, ha lasciato tutti sbigottiti. “Non solo lui – riferendosi a Gassman – ma molti degli attori“. Incluso “il regista Mario Monicelli“.

Il set è de “L’armata Brancaleone” e la Spaak ha detto che non appena si palesava per lavorare, veniva immediatamente apostrofata “con tr**a” o “put***a” ed “epiteti del genere“.

In una scena che dovette girare con Vittorio: “Dovevo dire la frase ‘non voglio andare a Castrocaro‘. Lui continuò a sussurrarmi ‘Castroca**o’“. Così quando fu dato il ciak “io recitai: ‘Non voglio andare a Castroca**o“. “Sono stata molestata e l’ho dichiarato con sincerità“.

La Spaak ha aggiunto che molte “colleghe”, hanno denunciato “solo qualche anno fa, con l’inizio del MeToo“. Purtroppo il ricordo di Catherine del set non è positivo: “Mi avevano preso di mira, ero diventata un bersaglio“. L’attrice ha aggiunto di essere stata accolta spesso con battute del tipo: “È arrivata la tr**a“. Circostanza che la faceva stare “male tutto il giorno” e alla fine ne era “terrorizzata“. Tuttavia Gassman in seguito all’accaduto si scusò e lo confermò la stessa attrice: “Mi chiese scusa“.

Catherine Spaak e Vittorio Gassman ne “Il sorpasso”

Altre curiosità

  • Vittorio Gassman all’anagrafe, come abbiamo detto, è Vittorio Gasmann. La doppia “n” finale la dimezzò a causa delle persecuzioni naziste e scelse questa soluzione per semplificare. Tuttavia Alessandro ha reintrodotto la “n” nel suo cognome.
  • A cinque anni Vittorio ha vissuto a Palmi, comune marittimo in provincia di Reggio Calabria. Il padre era coinvolto, da ingegnere, nella realizzazione del nuovo quartiere “Ferrobeton“. L’attore restò legato al luogo tanto da citarlo nel film “Il mattatore“.
  • Come abbiamo visto Vittorio diresse sé stesso in quattro pellicole. Fu anche doppiatore e scrittore.
  • Anche una brevissima parentesi politica per lui: su proposta di Bettino Craxi, nel 1987, Vittorio fu incluso tra i membri dell’Assemblea nazionale del Partito Socialista Italiano.

Non fu mai impallato“: morte e funerali del grande Vittorio Gassman

Vittorio ci lasciò nel sonno il 29 giugno del 2000, a causa di un attacco cardiaco a pochi mesi dal compiere 78 anni. Cremato, le sue ceneri vennero tumulate nel cimitero del Verano, a Roma, dove oggi riposa in pace. I funerali si svolsero due giorni dopo nella chiesa di San Gregorio al Celio. L’ultimo saluto al grande Vittorio Gassman avvenne alla presenza di ben 15mila persone tra artisti e gente comune.

L’epigrafe riporta solo “attore“. Tutto molto secco, semplice, accompagnato dalla lapide di marmo bianco poco appariscente e una foto di Gassman che ammicca a un sorriso. Molti si sono spesso chiesti il significato di “non fu mai impallato“.

Tuttavia lo stesso Vittorio diede la spiegazione anni prima in una intervista pubblicata su “la Repubblica” il 2 dicembre del 1989. All’epoca l’attore aveva 67 anni e correvano voci sulle sue precarie condizioni di salute in seguito a un insolito momento di pausa che dovette prendersi, dovuto appunto ad un periodo di malattia. Interloquendo con Corrado Augias, con tono malinconico, disse: “La mia epigrafe è già scritta“.

Sulla lapide si leggerà: Vittorio Gassman, fu attore“. Dunque una “piccola chiosa” e in basso, “quasi illeggibile: non fu mai impallato“. L’attore spiegò che si tratta di “un termine tecnico cinematografico“. Dunque “è impallato ciò che si nasconde alla macchina da presa“. Un modo come un altro per dire che “io mi sono sempre fatto vedere, mi sono esposto“. Compreso “a teatro” con “un certo coraggio che per me, date le premesse, è il massimo“.

Un “mettersi a nudo” dinanzi alla telecamera o davanti agli spettatori di teatro. Così come non aveva timore di rivelarsi con le sue debolezze e con le sue paure dinanzi al giornalista. “La morte la trovo di eccezionale ripugnanza, mi fa orrore“, disse ponendosi delle domande: “Dopo che sarò morto, dove andrò? Chi mi farà compagnia? Mi piacerà? Cosa mi promettono?“.

Prima di arrivare a questa conclusione Vittorio si rivelava comunque con un filo di positività: “Due mesi fa ho compiuto 67 anni“. Un’età non “smaltata e fiammante della giovinezza“, ma che cela “una sua bellezza autunnale“. Sostanzialmente “cammino ancora” e soprattutto “gli organi funzionano, credo di non essere rincoglionito“.

Dunque da dove viene la malinconia? La risposta: “Viene dal futuro“. È quello “che mi spaventa“, perché “la vecchiaia è il preludio di una cosa verso la quale più che paura provo disgusto“.