A raccontare alcuni aneddoti sull’inconfondibile Bombolo è uno dei suoi figli di Franco Lechner, Alessandro, che oggi fa il tecnico del gas
Franco Lechner, in arte “Bombolo”, è stato interprete di numerosissimi cult della risata italiana, ingiustamente considerati di Serie B, dai polizieschi alle commedie sexy anni Settante-Ottanta. Un caratterista che, attraverso la sua inconfondibile voce, l’accento e le smorfie, ha fatto ridere migliaia di italiani. Un attore che, prima di stare davanti a una macchina da presa, ha fatto tutt’altro e mai si sarebbe immaginato di entrare nelle case degli italiani con la sua singolare e un ruspante comicità.
E a raccontare al Corriere della Sera alcuni simpatici e toccanti aneddoti su Franco “Bombolo” Lechner è stato uno dei suoi tre figli, Alessandro, che oggi fa il tecnico del gas. “Per mamma Regina era un altro bambinone da accudire, tale a quale a come lo vedevate al cinema. Lo sgridava perché ci lasciava fare tutto. Mi chiamava Alitandlo, si divertiva a storpiare tutti i nomi.” Mentre per il suo di nome? Quello portato sul grande schermo? “Da piccolo era cicciotto, camminava a balzelloni. C’era pure la canzoncina: “Era alto così, era grosso così, lo chiamavan Bombolo”. E quel soprannome poi se l’è portato dietro, anche se da ragazzo era magro.”

La sua non fu un’infanzia facile. Rimasto orfano di madre e con un padre ambulante, lasciò presto la scuola. All’età di 8 anni. “Fece fino alla seconda elementare, nella classe differenziata: gli altri andavano di mattina, i poveri di pomeriggio. Il grembiule, le penne e i quaderni costavano troppo.” Per i suoi figli, tuttavia, a fatto di tutto per garantirgli un’istruzione adeguata. E anche lui, proprio, come il padre, ha fatto l’ambulante. “Col carretto a pedali usciva alle sette, girava per i vicoli dietro Campo de’ Fiori. Piatti, bicchieri, ombrelli, tovaglie. “Tre padelle mille lire!”. Vasi cinesi. Era bravo, i soldi ce li faceva. Ci mandò tutti e tre alle scuole private, ci teneva, per lui era una rivincita.”
Nel cinema? Un fortunata casualità. “Castellacci e Pingitore un giorno capitarono nell’osteria dove papà tra un bicchiere e l’altro faceva delle scenette. Lo notarono e gli lasciarono un numero di telefono su un foglietto. “Ci chiami, ha la faccia giusta per il cinema, un talento naturale”. Papà se lo dimenticò nella tasca dei calzoni, lo trovò mamma, lui non voleva richiamare, lo fece lei al posto suo.” Il suo primo film, nel 1976, fu Remo e Romolo, con Pippo Franco ed Enrico Montesano.
“All’inizio faceva fatica a studiare i copioni, anche semplici.” Continua Alessandro. “Perché non sapeva leggere, non bene. A casa dovevamo aiutarlo. Con gli anni diventò più bravo, riusciva ad imparare a memoria anche dialoghi lunghissimi, non sa quanto ne andava orgoglioso. E in locandina il suo nome compariva in alto, accanto a quello di Oreste Lionello.”
In seguito prese parte a polizieschi. Con pallottole, intrighi e… sonori ceffoni in faccia. “Qualcuno lo beccava sul serio. La gente si divertiva. Tornato a casa diceva: “E anche oggi, per guadagnare ‘sti du’ quatrini, me sò preso quattro pizze ‘n faccia”. Tomas Milian gli voleva bene.”
Tra i suoi lavori anche, e soprattutto, commedie sexy affianco a Lory Del Santo, Annamaria Rizzoli e Nadia Cassini. E sua moglie risentiva di tanta bellezza accanto a lui, divenendo ben presto gelosa. “Un po’ sì, però non c’era motivo. Papà guardava, sì, ma non toccava. E dopo tornava a casa, amava moltissimo la famiglia, perché da piccolo non l’aveva avuta.”
Poi gli ultimi tempi prima della malattia. “Nel 1987 il Bagaglino arrivò in tv, su Canale 5, lì sì che pagavano bei soldi, purtroppo lui è morto proprio sul più bello. Ma si era comprata una Giulietta blu.” E l’ultimo ricordo di Alessandro. “Era uscito dall’ospedale il giorno del mio compleanno, il 12 agosto. Stavamo a tavola, era provato. “Guarda che festa brutta che hai avuto”.“No, papà, per me è la più bella, perché sei a casa con me”. Ci mettemmo a piangere tutti e due. Nove giorni dopo è morto.”