Attore di soap opera, popolarissimo fino al primo decennio del nuovo millennio, poi c’è stato l’oblio, dovuto ad uno scandalo dal quale è stato travolto. Il 2008 segna il punto più basso della carriera artistica del bel Edoardo Costa, che oggi addirittura ringrazia Striscia la Notizia. Il declino cominciò proprio a causa dei servizi del tg satirico Mediaset, che travolse la Ciak (Construction intelligent association kids), ovvero la sua associazione. Si ventilavano dubbi sulle somme raccolte, in origine destinate ai Paesi poveri. Fu condannato per appropriazione indebita.
L’intervista del Corriere
Costa, dove vive ora?
«Principalmente a Los Angeles, ma sono spesso a Miami e ho casa anche fuori Milano. Sono trent’anni che vivo tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove ho studiato recitazione. L’America mi ha adottato. Ma amo l’Italia (nel bene e nel male)».
In Italia è stato al centro di una vicenda giudiziaria che ha portato alla sua condanna per appropriazione indebita. Il suo libro parte da qui. Perché?
«Perché è stato il punto di leva, ciò che può spostare i macigni. La vita ti mette davanti l’opportunità di andare in profondità, di vivere appieno. Ero preso dai piaceri illusori in una vita di eccessi, da rockstar. Ora sono cambiato».
Modello e attore di «Un posto al sole», «Beautiful», «Vivere», «La notte prima degli esami» e tanti altri film. Come è finito al centro dell’inchiesta?
«L’inchiesta è nata dall’attacco mediatico di “Striscia” ed è seguito un iter giudiziario lunghissimo. Con la mia associazione Ciak avevo fatto cose straordinarie: ho costruito un asilo in Senegal, aiutato le onlus in Afghanistan, Kenya, Brasile, India. Mi sono fatto aiutare da persone esterne per realizzare libri fotografici e calendari, pagandole in nero. Mancavano le ricevute di 180 mila euro versati a loro in cinque anni. I reati fiscali sono caduti in prescrizione. I miei legali hanno rintracciato chi ha ricevuto i pagamenti in nero e ci sarà una revisione del processo. Ma, allora, avevo perso tutto: la mia scuola, due agenzie, due case di produzione, la mia onlus, i miei libri sono andati al macero».
Come si è sentito?
«Devastato. Non mi sapevo spiegare la ferocia dell’accanimento mediatico. Antonio Ricci, da genio della comunicazione, tutti i giorni ripeteva la stessa bugia. Provavo rabbia e un fortissimo desiderio di vendetta, anche perché a soffrire erano anche i miei genitori, mia sorella e miei nipoti».
Cosa direbbe a Ricci?
«Lo ringrazierei. Grazie al suo accanimento sono diventato la persona che sono oggi. Il cambiamento può arrivare in mille modi, da un problema di salute, un lutto. Nel mio caso, perdendo la reputazione».
Com’era la sua vita prima?
«Spingevo sull’acceleratore: di giorno lavoravo, poi c’erano la palestra, i meeting, gli eventi, le ospitate in tv. La droga era parte del gioco, quell’additivo che ti permetteva di farcela».
E oggi?
«Lavoro sempre tantissimo per il cinema: ho girato “The island” con Michael Jai White, dove interpreto il cattivo, sono il coprotagonista insieme a Elizabeth Hurley della commedia “Christmas in the Caribbean”. E faccio il life coach attraverso la piattaforma The-change.it, aiuto le persone a stare meglio con live sui social, workshop, meditazione. Sapere di dare conforto mi dà i brividi di gioia, un senso di realizzazione che non ho mai provato prima».
Tra i suoi maestri c’è lo yogi indiano Sadhguru, che il primo ottobre, all’Allianz Cloud di Milano, ha tenuto il più grande programma di meditazione organizzato in Italia. Lei c’era?
«Ero a Bologna per presentare il mio libro, sono tornato per stare con lui, è un trasmettitore di saggezza, insegna senza insegnare a vivere con gratitudine, compassione e amore».
È vero che ha fatto il provino per il «Grande fratello» e sarebbe stato scartato?
«È una fake news. Ma se ci fosse un reality dove posso dire ciò che penso, per elevare il livello di consapevolezza, ci potrei pensare… ».
Cosa guarda in tv?
«Non ho la tv. Ho visto qualche spezzone di “Belve” sui social e devo dire che la Fagnani è bella e brava. Mi è sempre piaciuta. I personaggi che intervista, no. Ma questa è l’Italia».