La vita del cantante e attore Nino D’Angelo è un film: fu chiamato “traditore” quando abbandonò Napoli, “ma il proiettile sfiorò mio figlio, lasciai la città in un giorno”

La camorra sparò in casa a Nino D’Angelo: ecco perché lasciò Napoli ed ecco spiegato il motivo per il quale oggi vive a Roma. Nel 1986 abbandonò la città che gli diede i natali esattamente 66 anni fa (a proposito, tanti auguri), dopo aver preso parte alla prima delle sue sei apparizioni complessive al Festival di Sanremo. Fu chiamato “traditore” dalla sua città: “Io vivevo a Napoli e non avevo nessuna intenzione di andarmene – spiegava anni fa al Corriere della Sera – ma purtroppo spararono alle mie finestre ed ebbi paura, soprattutto per mia moglie e per i miei figli che all’epoca erano piccoli”. Dunque fece un paio di centinaia di chilometri per approdare in un’altra grande città, la Capitale: “Scelsi Roma perché vi trascorrevo molto tempo in un periodo in cui giravo tanti film. Ma avrei potuto andare anche altrove, tanto Napoli sarebbe stata sempre con me”.

Napoli nel cuore, sempre. E il rapporto non ne ha mai risentito: “Non è affatto cambiato, anche perché una quindicina di anni fa ho acquistato un appartamento a Casoria, dove tuttora vivo durante la settimana, poi torno a Roma il sabato e la domenica per vedere la famiglia che è rimasta lì”. Tuttavia, “anche quando sono nella capitale è come se fossi qui. Tutto in casa mia parla di Napoli, a partire dal dialetto che usiamo per esprimerci”. Il doppio agguato: aprirono il fuoco due volte. “Era la camorra, volevano i soldi”. Perché “vedevano il successo” e quindi “telefonavano e minacciavano”. Il secondo episodio ha rappresentato la fatidica “goccia che fa traboccare il vaso”: “Hanno sparato dentro casa, il proiettile è entrato nella stanza dove mio figlio Vincenzo dormiva nel lettino. Siamo scappati in un giorno”.

La povertà

Pensi Nino D’Angelo e ci associ la spontaneità, la sincerità, la purezza. Niente di quello che dice è diverso da ciò che pensa. Lo ha dimostrato a più riprese, come quando, intervistato da Fanpage.it, ha parlato della sua infanzia. Quando era un bambino si vergognava “di essere povero”. Realizzò tutto quando andò a “benedire le case vestito da chierichetto” per la “chiesa di Padre Piscopo”. Raggruppò il denaro raccolto in una busta e lo consegnò al Padre: “Sono i soldi che stavano nell’acquasantiera”, gli disse. Il parroco lo guardò e lo esortò a portarli a casa, dalla sua famiglia. Il giovane Nino chiese il motivo: “Padre, ma non sono per i poveri?”. La risposta fu una sorta di trauma: “Perché, tu cosa sei?”. Tornò a casa e cominciò a “litigare” con il papà. “Nun voglio essere povero!”, urlava disperato. Il padre gli fece “preparare una valigia di cartone” con tutti i suoi vestiti all’interno. “Vattene dalla signora al piano di sopra – gli disse – lei ha i soldi e ti ti vuole bene, vai”. Incredibile ma vero, il piccolo Nino, anche se per un istante, ha vacillato dinanzi all’ipotesi: “Ci ho anche pensato un po’, a dire la verità – ha rivelato l’attore – però poi il sangue mi ha fatto rimanere là”.

La depressione

Ne “Il poeta che non sa parlare”, libro pubblicato nel 2021, l’artista parlò di “depressione”. Sempre nell’intervista rilasciata al quotidiano con sede a Napoli, disse:

“La depressione bisogna farla capire alla gente, è una malattia patologica. Non si cura così, da sola, bisogna andare dallo psicologo e farsi curare. Tu puoi essere pure il più grande cantante, la depressione prende anche quelli che stanno vivono bene e hanno i soldi. Noi siamo arrivati alla depressione perché abbiamo perso dalle tasche il desiderio: se non desideriamo, ci dobbiamo deprimere per forza. La vita bella è desiderare, quando ti manca il desiderio non sei niente”.

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