Il 7 giugno 1985 usciva nelle sale americane I Goonies di Richard Donner e a distanza di 38 anni il film non è invecchiato di una virgola

Se c’è un film che più di tutti, anche a distanza di 38 anni, ci crea negli anni un continuo rilascio di dopamina, quello è sicuramente I Goonies. Ammettiamolo, la pietra angolare di ogni avventura della nostra infanzia era il cult di Richard Donner. C’era una mappa, un tesoro, una serie infinita di “traccobetti” sparsi ovunque e quella sana e autentica spavalderia tipica dell’esploratore in fase pre-adolescenziale. Gli strepitii si sprecavano e nel cortile di casa si urlava never say die, perché loro non dicono mai la parola “morte”. E alla fine di tutto ci si trovava sempre al cospetto del Willy l’Orbo di turno. Non doveva essere necessariamente uno di noi a fare lo scheletro con una benda sull’occhio.

Molti di voi l’hanno visto attraverso lo schermo arrotondato di una tv a tubo catodico. Quando si aspettava il lunedì sera, alle 20:30 per catapultarci oltreoceano, in Oregon. O su una vhs coperta dalla fuliggine e su cui avevamo registrato su un centinaio di film, programmi televisivi e cartoni animati giapponesi. Potrebbe anche esserci qualche lettore che l’ha visto addirittura in una fredda e nevosa sera del 20 dicembre 1985 (data di uscita italiana), nel cinema vicino casa.

Mentre per quelli un po’ più giovani, la qualità del 4K o del Blue-ray, lo streaming in HDR e la comodissima e agevole fruibilità di titoli hanno di certo agevolato l’impatto emotivo. Insomma, qualsiasi sia la generazione a cui apparteniamo, i ragazzi di Astoria fanno parte del nostro romantico dna cinefilo. Ora, il 99% di coloro che stanno ancora leggendo, probabilmente, l’avranno già visto una caterva di volte. Dunque non mi dilungherò di certo con riassunti della trama o recensioni. Sarebbe una perdita di tempo.

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Mi soffermerei, invece, su alcuni particolari di lavorazione della pellicola passati, nel corso del tempo, in secondo piano (o addirittura inediti per alcuni). Forse perché surclassati dalla bellezza della storia e del prodotto finale. Oltre ai tesori del famoso pirata, infatti, ci sono preziosità di produzione disseminate nel corso del tempo. Vediamo quali:

  • 1) Perché si fanno chiamare Goonies? I protagonisti sono cresciuti nella famosa cittadina di Astoria, nell’Oregon, e più precisamente nel quartiere di Goon Docks (da qui il nome). E nello slang statunitense Goonies va di pari passo con “looser”, perdente o sfigato.
  • 2) In una scena iniziale si fa riferimento un altro cult, Gremlins, uscito l’anno precedente. Scritto e prodotto dallo stesso duo dei Goonies Chris Columbus e Steven Spielberg – e che annovera tra i protagonisti anche il Corey Feldman del personaggio Mouth). Il ciak in questione vede Chunk che parla al telefono con un poliziotto. Il quale ribatte con: “Proprio come lo scherzo di quelle piccole creature che si moltiplicano quando gli getti sopra dell’acqua?
  • 3) Per il ruolo di Sloth, John Matuszak, giocatore di football professionista, fu costretto a prestarsi a numerose ore di trucco. Specialmente per sistemare il suo occhio stroboscopico che si muoveva tramite comandi remoti e che andò più volte in tilt a contatto con l’acqua nelle scene finali.
  • 4) A proposito di finali. Il regista fece costruire in un set segreto una vera nave pirata, senza dirlo ai giovani protagonisti, per suscitare in loro la migliore reazione di sorpresa o di sconcerto. Cosa che accadde fin troppo realisticamente costringendolo a rifare il ciak più volte. La nave in questione, terminate le riprese, fu messa all’asta ma (da non crederci) non ebbe nemmeno un acquirente e fu completamente distrutta.
  • 5) Ancora più devastante della distruzione della casa di Willy, per i fan potrebbe essere sapere che fine fece la mappa originale del tesoro. Sean Astin, il Mikey del film, fece carte false (scusate il gioco di parole) per portarsela a casa dal set e custodirla gelosamente come un reperto archeologico inestimabile. Un bel giorno, però, la madre di Sean, convinta che fosse cartaccia o un volantino, la gettò nel secchio.
  • 6) Per la sequenza conclusiva, quando i protagonisti sono sulla spiaggia riunendosi con i genitori, furono ingaggiate per davvero le famiglie dei giovani attori.
  • 7) Lo scorso anno l’abitazione di 180 metri quadri della famiglia Walsh è stata acquista da un facoltoso fan per una cifra monstre di 1,7 milioni di dollari. Affare che per il sottoscritto vale ogni dollaro speso.
  • 8) In un’intervista per Variety, Josh Brolin, che nei Goonies è Brandon Walsh e di recente Thanos in Avengers: Infinity War, ha scherzato (con volto serio) sul fatto che i ragazzi di Goon Docks sono tutti sopravvissuti allo schiocco di dita del terribile cattivone del film Marvel e godono di ottima salute. E se lo dice il buon Josh allora possiamo star tranquilli.

In conclusione, i Goonies è il perfetto esemplare di legame che unisce le generazioni come un codice genetico, un testimone da passare al proprio figlio e poi al figlio successivo e ai nipoti. E via discorrendo. E’ una pellicola impermeabile al passar del tempo. Molti altri film invecchiano male, ma questo è immortale. Parafrasando proprio i ragazzini di Astoria, “never say die“.

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