Siamo abituati alle intramontabili interpretazioni comiche del ragionier Ugo Fantozzi, ma Paolo Villaggio non ha recitato solo nelle vesti di quel, seppur mitico, personaggio. In “Io speriamo che me la cavo”, film del 1992, tratto dal libro di Marcello Dell’Otra e diretto da Lina Wertmüller, Paolo Villaggio stupì tutti interpretando un ruolo “drammatico”.

Che fine hanno fatto i protagonisti del film “Io speriamo che me la cavo“?

Non tutti dei bambini che hanno preso parte al film sono riusciti a proseguire la carriera cinematografica.

Ciro Esposito, nel film Raffaele Aiello, il bambino malvivente dall’aspetto dall’aspetto criminale, piuttosto sfacciato e irriverente, oggi è un attore piuttosto noto, appare perlopiù in fiction e film.

Adriano Pantaleo, che interpretò il piccolo Vincenzino, barista, oggi è un attore di teatro.

Luigi Lastorina, nel film è Totò, oggi è un dj.

Dario Esposito, nel ruolo di Gennarino, il bambino che dormiva in classe, oggi è un militare. È sposato con la cugina di Adriano Pantaleo.

Carmela Pecoraro, nel ruolo di Tommasina, a parte qualche apparizione sparì dai presto dai radar. Adriano Pantaleo ha rivelato che si è pentita di questa scelta.

Marco Bianco ha tenuto fede al personaggio interpretato, Nicola il mangione. Oggi ha una serie di cornetterie a Torino.

Un film non semplice: le difficoltà durante le riprese

La storia ruota attorno al maestro elementare Marco Tullio Sperelli, interpretato da Villaggio, che viene erroneamente trasferito alla scuola De Amicis di Corzano, al Sud, invece che a Corsano, nella sua Liguria. Nel film il maestro affronta diverse difficili situazioni che in realtà ben poco si discostavano dalla realtà. Infatti il film teneva a sottolineare anche quella che era la cruda realtà degli anni Ottanta e Novanta ad Arzano, in provincia di Napoli. Realtà alla quale si è ispirata la pellicola. Corzano non esiste, è un nome di fantasia scelto per una questione di diritti legali.

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Durante le riprese, che inizialmente avvennero nel cuore di Napoli, dei personaggi malavitosi chiesero una percentuale sul budget del film per poter girare. La troupe abbandonò la zona e spostò il set a Taranto, nel Borgo Antico. Alcune scene sono state girate anche a Tivoli, a Caserta, presso la Reggia, San Giorgio a Cremano nel napoletano e Altamura e Corato nel barese.

Uno dei più importanti messaggi che la regista volle evidenziare fu quello relativo al linguaggio: “I dialetti arricchiscono la lingua italiana, non bisogna assolutamente perderli”, sottolineò Lina Wertmüller.