Un paio d’anni fa la rivelazione a “Oggi è un altro giorno”: Marino Bartoletti ritorna sulla malattia e svela il percorso statistico che riguarda il suo caso clinico
Ha preso “appena in tempo” quel male che si era insidiato dentro di lui, che lo aveva colpito, ferito, ma mai abbattuto: Marino Bartoletti parla dopo il tumore. Oggi ha 74 anni, è consapevole delle statistiche, non si nasconde dietro al temuto calcolo delle probabilità. “La convinzione è che dovremo volerci più bene, cercando di fare più prevenzione – afferma al Corriere della Sera -. Sono stato molto fortunato, perché tutto è stato preso in tempo, ma devo la mia vita a persone che sapevano terribilmente il fatto loro”. Un avverbio non usato a caso, ma ben ponderato dalla sempre meravigliosa mente del giornalista, in possesso di una proprietà di linguaggio di grandissimo spessore.
Non ha usato le parole “a caso” neanche quando, ospite da Serena Bortone a Oggi è un altro giorno, aveva detto di doversi fermare nel periodo giusto, per poi rilanciarsi subito dopo: “Ora posso ripartire”. Era nel mezzo del lungo e tortuoso percorso di guarigione. A marzo era stato ricoverato al Sant’Orsola di Bologna, nell’ormai ex trasmissione Rai dichiarava di aver avuto il tumore. “Scrivo tanto del paradiso che comincio a pensarci seriamente – ha aggiunto -. Mi piace immaginare che ci sia un aldilà in cui si può star bene e trovare le persone che abbiamo amato”. I numeri, dicevamo. Le cifre: le probabilità. Che possono non voler dire nulla alcune volte: “Le statistiche Istat mi concedono ancora 8 anni e mezzo di vita – riconosce Marino -, e spero che siano anni sereni e fertili come adesso: dopo la Partita degli dei devo cominciare a pensare al Festival degli dei”.
Il tumore scoperto “grazie ad un esame”
Dopo aver confessato tutto negli studi Rai, in passato aveva raccontato i dettagli del lungo e complesso percorso seguito per sconfiggere il tumore, diagnosticato nell’ottobre 2020. Mesi di terapie e due di radioterapia, il modo in cui ne parlò suscitò tanto clamore e attenzione mediatica sulla malattia. Al tempo disse:
“Io sono stato abbastanza fortunato e ho scoperto cosa avevo facendo tutt’altro esame. Voglio ringraziare il personale sanitario chiamandolo per nome e non per cognome. Grazie agli specialisti che mi hanno curato: Eugenio, Giovanni, Carlo, Marinella, Damiano, poi i tecnici paramedici che ogni giorno mi infilavano in un tubo sostenendomi e prendendosi cura di me”.
Il resto dell’intervista: “Il campione più amato è Maradona”
Immancabile uno spezzone ritagliato per parlare di calcio nell’ultima intervista, lo sport che ha seguito con più passione. Gli sono stati fatti diversi nomi del passato, campioni di una generazione della quale metà non è più tra noi. “Maradona, Platini, Zoff, Scirea, Paolo Rossi. A chi è più legato?”. Risposta: “Forse quello che ho amato di più per la sua fragilità è Maradona: lo conobbi durante i Mondiali del 1978 in Argentina, a cui lui non partecipò; lo ritrovai nel 1984 in una tournée della Nazionale di Bearzot a New York e gli portai la maglia del Napoli per fare lo scoop, dato che era in procinto di lasciare Barcellona. Nacque un’amicizia molto importante”.
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