Una lunga intervista in cui Roberto Vecchioni torna a ricordare il figlio morto lo scorso aprile: un dolore che lo ha ulteriormente avvicinato alla fede

Il messaggio del cantautore e paroliere Roberto Vecchioni è quello relativo alla “speranza”: perché la morte del figlio Arrigo, a soli 36 anni, non è stato il viatico per cedere al fuoco dell'”inferno”, ma il modo per avvicinarsi ancora di più alla religione. Ne ha parlato alla lectio tenuta in Vaticano, presso la Basilica di San Pietro, nell’incontro con tema: “Dio non fa preferenze”. Roberto ha 80 anni, pochi mesi fa ha perso il figlio di 36, sta provando a superare il dolore, ma non è semplice, come raccontato in un’intervista al Corriere. “È stato il dolore più grande della mia vita. Il più grande. Ma invece di sbalzarmi nell’inferno mi ha proiettato verso la speranza”. Non c’è spazio per cedere al male, al dolore, la vita è troppo breve ed è così misteriosa, così come l’aldilà. Ecco cosa vuol dire speranza.

La fede

“Sono andato a rileggere gli Atti degli Apostoli e mi sono reso conto che lì c’è scritto: Dio non fa preferenze ma accoglie chi ha rispetto di lui, a qualunque nazione appartenga”. La fede, dono o conquista?

“Io con la mente e con la fantasia sono arrivato a un bisogno assoluto di super umano, di ultraterreno, di qualcosa che non sia solo chimica. Alla fede ci si arriva quasi sempre attraverso i sentimenti, quella forza incredibile che governa il mondo che è l’amore: è un’invenzione troppo straordinaria. E non parlo di cellule che si uniscono ad altre cellulle. Mi riferisco al fatto che pensi a una donna lontana mille chilometri ma senti che la ami, in un modo che va oltre le mini maglie della realtà”.

Nella sostanza, Roberto crede ancora? “Mai stato ateo”, risponde. Tuttavia, ammette di essere stato “un credente molto debole, del resto ho fatto le scuole cattoliche, finisci per forza per andarci contro a un certo punto”. Un percorso un po’ viziato, che invece di avvicinarlo alla risposta corretta e reale, lo allontanava. Ritiene che la sofferenza sia il mezzo per avvicinarsi alla fede, e non il contrario. “Cosa l’ha fatta crescere nella sua fede?”, a domanda, risposta:

“I dolori. Il cercare di spiegarmi razionalmente o sentimentalmente il perchè del male. E quindi lentamente capire che c’è un senso, oscuro ma c’è. Aveva ragione Eschilo: si impara soffrendo. Ed è vero, non si impara niente dalla felicità, è uno stato di quiete, di mare morto. Nel mare in agitato scopri come navigare”.

La figlia omosessuale

Si è parlato di figli, soprattutto di Arrigo, ma Roberto è papà anche di una ragazza lesbica, che a quanto pare non è una notizia per Roberto. Non al punto da turbarlo: “Ma no, certo”. La Chiesa però non approva:

“Non ho le competenze per esprimermi sul perché la Chiesa non lo abbia ancora fatto ma io dico che accadrà. Si capirà, si dovrà capire che bisogna vivere in un mondo in cui gli uomini possono esprimere il proprio spirito e il proprio sentimento. Il proprio bisogno di trovare tranquillità, rifugio e piacere in un’altra persona, chiunque sia”.

Il tradimento della prima moglie

In un’intervista meno recente, raccontava del rapporto fedifrago intrapreso dalla sua prima moglie. Riportò il dolore nella canzone “Due giornate fiorentine”. Era sulle colline, intorno a Scandicci, proprio in compagnia della donna e fu lì che scoprì il tradimento: “E il matrimonio è finito. Lo sfondo troppo bello strideva con il mio dolore, perciò scappai via. Ma Firenze non ha colpe; è simbolo dell’umanità, perché da lì inizia l’Italia, e mi ispira solo pensieri positivi”.

Si è risposato, ha trovato l’amore vero:

“Ho avuto questa fortuna immensa: da 43 anni sto con una donna che è meravigliosa e siamo una cosa sola. Posso aver avuto tutti i dolori del mondo, ma posso anche dire che per 43 anni ho avuto al mio fianco una persona con cui — nel bene e nel male, nei litigi, nel capirsi e non capirsi — abbiamo costruito una sintassi dell’esistenza comune. Non c’è una ragione: quando l’ho vista la prima volta sono crollato. E l’ho vista in mezzo cento persone, ma subito ho pensato: la mia vita parte da qui. Non so dove arriverà, ma parte da qui. Era una donna bellissima, la più bella che avessi mai visto in vita mia. E lo è ancora, ma la bellezza è la sua qualità peggiore”.

Chi era Arrigo Vecchioni, il figlio del cantautore morto a 36 anni lo scorso aprile?

Arrigo aveva solo 36 anni quando lo scorso aprile è morto, lasciando la sua famiglia nel dolore. Arrigo è il terzogenito dei quattro figli del cantante, il secondo avuto dalla moglie Daria Colombo. Arrigo ha scritto la raccolta di componimenti poetici in rima baciata, “Il paradiso dei Geni”, è stato autore de “Il paese di Notte”, opera teatrale, ha realizzato la raccolta di strisce fumettistiche ambientate in Africa, intitolata “Beach Boys”. Lo ricordiamo al Festival delle Generazioni nel 2014, a Firenze, dove prese parte all’evento insieme al padre.

“Arrigo aveva tante meravigliose qualità, in primo luogo la sensibilità. Ma anche tante debolezze, insicurezze, incertezze che non c’era modo di fargli passare e che forse aumentavano nel vedere il padre che aveva successo”, ha ricordato ancora papà Roberto.

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