Scoperta sorprendente a Selinunte, in provincia di Trapani, Sicilia: si tratta dell’agorà più grande del mondo antico di circa 33mila metri quadrati che ci mostra i suoi confini. All’interno i resti dei coloni greci e oggetti di raffinatezza molto simili, se non identici, a quelli rinvenuti in Grecia, a Delfi. La campagna di scavi ha visto collaborare per la prima volta due missioni internazionali: quella dell’Università degli Studi di Milano, la squadra dell’Istituto Archeologico Germanico, e quella dell’Institute of Fine Arts della New York University.

L’agorà più grande del mondo: “Risultati della massima importanza per la conoscenza di Selinunte in età arcaica e classica

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A guidare gli scavi l’archeologo Clemente Marconi, impegnato da decenni a studiare i resti dell’antica colonia greca. È apparso visibilmente emozionato quando all’Ansa ha parlato di “risultati della massima importanza per la conoscenza di Selinunte in età arcaica e classica“. L’intervento sulla vegetazione studiato dall’Istituto Germanico nel parco siciliano, ha fatto venire alla luce i confini dell’agorà. Le dimensioni sono gigantesche (il doppio di Piazza del Popolo a Roma) così come lo è la conca vuota ritrovata, “che impressiona per la sua ampiezza“, posizionata al centro. Tomba, probabilmente, del fondatore

L’idea di base era quella di stabilire una data dei templi A e O dell’acropoli, ritenuti gemelli. Si rileva che lo scavo A è stato costruito prima di O, inoltre la costruzione di quest’ultimo sarebbe stata interrotta per uno smottamento del terreno. Il rilevamento di una faglia d’acqua sotto il tempio A, “conferma l’ipotesi che i primi coloni greci si siano insediati proprio in questa porzione meridionale dell’Acropoli“, ha detto Marconi. Scavando in profondità ad un terzo tempio, R, si identificano le mura di un recinto rituale che risalirebbe al 610 a. C. Vale a dire poco tempo dopo l’arrivo dei coloni greci guidati da Pammilo, risalente a circa 30, 40 anni prima.

Nel tempio R è stata trovata la parte mancante della matrice in pietra trovata dieci anni fa nelle vicinanze. Si tratterebbe di un oggetto così prezioso da non dover essere replicato secondo gli archeologi. Dopo la fusione le matrici infatti sarebbero state seppellite in due luoghi differenti.