Scoppia il caso dei falsi negativi da Covid-19. Si tratta di un fenomeno ancora in fase di studio ed è “ancora difficile stimare il numero dei casi di questo tipo e quali persone siano più a rischio“. A dirlo è la Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) attraverso la rubrica “Dottore, ma è vero che?“.
Il fenomeno in questione consiste nella manifestazione di tutti i sintomi compatibili con il Covid. Tuttavia il tampone risulta negativo per poi positivizzarsi solo qualche giorno dopo. In alcuni casi anche quando i sintomi sono diminuiti nella quantità e nell’intensità, o addirittura spariti.
Si apre un vero e proprio caso dunque, meritevole di attenzione vista la larga diffusione del fenomeno. Come spiegato nella puntata dedicata dalla rubrica della Fnomceo, è più complesso capire quali siano i soggetti più a rischio data la riduzione costante del numero di persone che si sottopongono ai test ufficiali tracciati dalle autorità sanitarie. Al contrario risulta in aumento il cosiddetto tampone fai da te che non viene tracciato nei calcoli ufficiali.
Falsi negativi da Covid-19: a rischio il contenimento dei contagi, le prime ipotesi sulle cause, cosa fare in casi simili
Sebbene moltissimi tamponi non tracciati, i calcoli della pandemia dal suo arrivo ad oggi segna quota 20 milioni circa di contagi nella penisola con quasi 170mila decessi. I casi giornalieri tracciati rilevano numeri inferiori ai 100mila contagi.
Si è registrato un calo nelle ultime 24 ore da 96.384 a 89.830 casi. I tamponi restano stabili, sono in calo anche le vittime (111). Tuttavia il problema di compromettere il contenimento dei contagi è reale vista l’esplosione di casi dei falsi negativi.
Lo scarto temporale tra il momento in cui compaiono i sintomi e quello in cui ci si positivizza al tampone è un’incognita inaspettata e complicata da gestire. Ragion per cui la comunità scientifica si è attivata per ipotizzarne le cause.
Le ipotesi attuali sulle cause
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Sebbene il fenomeno sia in fase di studio, il virologo dell’Università statale e direttore sanitario dell’Ospedale Galeazzi di Milano, Fabrizio Pregliasco, attribuisce le cause alla “risposta immunitaria molto rapida” nei casi di soggetti che hanno già avuto “una precedente infezione” o che siano “vaccinati“.
La rapida risposta immunitaria “anticipa la presenza più importante del virus“. Dunque la comparsa dei primi sintomi si deve “all’attivazione del sistema immunitario che combatte l’infezione“. Tuttavia “la carica virale della variante Omicron 5 con cui stiamo facendo i conti è inferiore“.
Inoltre il test “soprattutto se antigienico e a maggior ragione se eseguito in casa e non da un professionista“, potrebbe non riuscire a “rilevare la sintomatologia” quanto meno “nelle fasi iniziali“. O “finché la carica virale non risulti sufficiente” da essere rilevata dal test.
Cosa fare in caso di sintomi e tampone negativo
Ad ogni modo il virologo sottolinea che il ritardo della positività si riscontra anche in soggetti “che incontrano per la prima volta il virus“. Pregliasco consiglia di “ripetere il tampone ogni ventiquattrore per più giorni” in casi simili e di “restare in quarantena almeno fino alla scomparsa dei sintomi“.
Gli stessi sintomi che nel frattempo sono diventati più blandi e spesso possono essere confusi con quelli di un’influenza. Sui numeri Pregliasco precisa: “Non sono significativi, stimiamo che i casi reali siano almeno il doppio o il triplo“. Ovviamente accade per via della mancata tracciabilità dei test ufficiali dovuta ai tamponi fai da te o semplicemente perché i cittadini “preferiscono non sottoporsi proprio al tampone“.
Infine, secondo il virologo, sebbene Omicron 5 rappresenti il 75 per cento dei casi attuali in Italia, si tratta di un virus che si è “affievolito“. Inoltre, stando all’andamento attuale, dovremmo immaginare le future varianti in arrivo come “onde di un sasso in uno stagno, che tendono via via a ridursi“.