Lo guardi e vedi ancora una stella. E le stelle pensi che non invecchino mai. Tuttavia il tempo passa anche per loro. Roberto Pruzzo è ancora una stella e rappresenta il simbolo della Roma calcio ma anche della romanità di un tempo, essendo stato uno degli artefici e protagonisti dello storico scudetto giallorosso del 1983. Il primo aprile il mitico Roberto Pruzzo ha compiuto 67 anni.

Roberto Pruzzo “O Rey de Crocefieschi

Non è stato solo il simbolo di Roma e della romanità, proprio lui, “un ligure di razza nordica” come lo definiva Gianni Brera. Roberto Pruzzo infatti è nato a Crocefieschi, Genova. Per il Genoa è stato uno dei bomber più prolifici della storia della squadra, al pari di nomi come Diego Milito, Tomáš Skuhravý e Carlos Aguileira.

I tempi alla Roma e poi la chiusura di carriera Fiorentina di Roberto Pruzzo

A Roma Pruzzo vince, e rivince. Titoli da capocannoniere, scudetto, quattro coppe Italia e una finale di coppa Campioni che ancora brucia e pesa come un macigno. Dopo il trasferimento alla squadra capitolina nasce sua figlia, a Lucca. Roberto fuma, a volte non si trattiene a tavola ma è un bomber di razza.

Lode a te, Roberto Pruzzo” cantava in suo onore la Curva sud. Dopo l’esperienza in giallorosso passò alla Fiorentina dove chiuse la carriera da riserva. Tuttavia, prima di dare l’addio definitivo al calcio giocato, non si fece mancare l’unico goal segnato in maglia viola: proprio alla sua Roma. Una storia da film.

Roberto Pruzzo nella stagione 1983/84

Allenatore e poi dirigente dopo il ritiro dal calcio giocato

Il ritiro segnava la fine del calcio giocato e apriva al calcio da un altro punto di vista: quello dell’allenatore. Lo fece per una decina di anni. Non fu un gran successo, il calcio non lo ha mai pienamente appassionato al contrario di quello che si potrebbe pensare, se lo fece piacere “per forza” come lui stesso disse. In seguito ha avuto anche una breve esperienza da dirigente.

Roberto Pruzzo e la depressione con quei pensieri sul “suicidio

Ogni tanto credo sia giunto il momento di togliermi dai cog*****i” scrisse anni fa Roberto. Ma grazie “agli amici di Dezza“, in provincia di Lucca, quel “demone” o “l’uomo nero” come lo chiamava lui, spariva per un po’. Uno degli avversari più temibili da affrontare per Pruzzo, stavolta però non sul campo da gioco, anche se forse lì, sul prato, ci tornerebbe ancora per risolvere tematiche aperte.

Come “quella retrocessione in B del Genoa causata anche da un mio rigore sbagliato” o la famosa finale di coppa Campioni della Roma “persa con il Liverpool” sebbene avesse segnato quella sera: sono macigni duri da portarsi dietro soprattutto quando si è perfezionisti come Pruzzo e non ci si fa sconti.

L’anno della retrocessione fu seguito da una promozione immediata al primo posto due anni dopo con tanto di titolo di capocannoniere per Pruzzo e quella finale di coppa Campioni si giocò dopo lo scudetto vinto e dopo aver eliminato tante squadre nella competizione. Tuttavia l’analisi di Pruzzo resta dura con sé stesso.

Cosa mi resta della mia carriera da centravanti? I goal sbagliati e le sconfitte“. Delle vittorie invece “ho goduto poco” come il famoso scudetto della Roma. Le quattro coppe Italia in giallorosso e i tre titoli di capocannoniere. Tutte gioie che sono “subito volate via“. Le sconfitte invece sono vive, pulsano, “sono ancora qui“.

Tra i rimpianti immancabile quello del Mondiale del 1982. Una vittoria che gli avrebbe permesso una doppietta incredibile con lo scudetto dell’anno successivo e forse una tripletta con la finale di coppa Campioni dell’anno seguente. In quelle selezioni di Bearzot fece scalpore la sua mancata convocazione a favore di quella di Paolo Rossi, reduce da due anni di inattività per squalifica.

In panchina, come riserva di Rossi, c’era Franco Selvaggi di valore tecnico nettamente inferiore a Roberto. Una scelta in virtù dell’equilibrio di spogliatoio e per non creare rivalità interne nell’inevitabile dualismo che si sarebbe generato tra Pablito e Roberto. Tuttavia oggi Pruzzo riconosce che la scelta del ct “fu giusta” anche se “mi penalizzò“.

Pruzzo è una persona forte che lotta e combatte, si può cedere ogni tanto come quando scrisse determinate parole, ma resiste, combatte e va avanti. Per lui resta sempre “una continua sfida” ed è quella di aggrapparsi a qualcosa. Una sfida che lui sa affrontare come quando le affrontava “sul campo” dove “sfidavo innanzitutto me stesso“.

Roberto Pruzzo oggi: dove abita e che fine ha fatto

Bruno Giordano e Roberto Pruzzo la sera dell’inaugurazione del ristorante “Osteria il 9”

Oggi il bomber storico del calcio degli anni Ottanta è un commentatore sportivo in tv e in radio. Il calcio, già. Uno sport che non ha abbandonato mai sebbene tempo fa rivelò di trovarlo “noioso“. Uno sport verso il quale “mi sono dovuto appassionare per forza” ma che in realtà “non mi è mai piaciuto“.

Roberto Pruzzo è imprenditore: gestisce un ristorante a Roma e ha un albergo in Versilia. Oggi l’ex bomber si divide tra le due località e viaggia a seconda delle mete previste dal suo lavoro di imprenditore e di commentatore in tv e in radio. Spesso si trova a Roma ed è possibile incontrarlo nel suo ristorante.

Il ristorante di Roberto Pruzzo a Roma

Osteria il 9, il ristorante di Roberto Pruzzo

Si chiama “Osteria il 9” ed è stato inaugurato nel 2016. Il ristornate di Pruzzo al suo interno non si fa mancare numerosi riferimenti alla squadra con la quale ha militato e vinto uno scudetto. Roberto spesso è nel locale e si presta nel firmare autografi o scattare foto con i suoi fans.

L’Hotel gestito da Roberto Pruzzo e sua figlia

Hotel il 9, in Versiglia, gestito da Roberto Pruzzo e sua figlia Roberta

L’albergo di Roberto Pruzzo in Versilia si chiama “Hotel il 9” e si trova a Lido di Camaiore. L’ex attaccante gestisce l’hotel a 3 stelle insieme a sua figlia Roberta.

Roberto Pruzzo: la moglie, Brunella Picchi, e i figli della coppia

Roberto con la figlia, Roberta, e Bruno Conti

L’ex bomber conobbe la sua futura moglie, Brunella Picchi, durante un ritiro con la squadra del Genoa a Lucca. Pruzzo sposò Brunella all’età di 20 anni. Quattro anni dopo, il 7 agosto del 1979, nacque la loro unica figlia, Roberta, che oggi collabora nell’attività di famiglia a Lucca.

Roberto Pruzzo al cinema

Nel 1983 Pruzzo compare nel film “Don Camillo” di Terence Hill. Nella pellicola è presente alla partita finale in compagnia di Carlo Ancelotti e Luciano Spinosi. Nel 1984 appare ne “L’allenatore nel pallone” con Lino Banfi nei panni del mitico Oronzo Canà e nel sequel del 2008, “L’allenatore nel pallone 2“.

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