La tragedia di Lorenzo Somaschini, il pilota bimbo morto a 9 anni a Interlagos ha profondamente scosso tutto il mondo del motorsport. In queste ore, tuttavia, dopo le lacrime, è giunto il momento di chiarire se la tragedia avvenuta al piccolo si sarebbe potuta evitare. Lorenzo, infatti, correva con moto troppo grandi e potenti per un bimbo, poiché in Sud America, i ragazzini non iniziano a competere con le minimoto, ma direttamente con prototipi da pista.

La dinamica dell’incidente in cui è morto Lorenzo Somaschini

Lorenzo Somaschini, capelli biondi e sotto il casco lo sguardo della tigre, nonostante sembrasse già un pilota vero, in realtà aveva solo 9 anni e la moto con cui è morto a Interlagos, era troppo grande per lui. La Honda dello Junior Cup Superbike, infatti, era 160 di cilindrata e raggiungeva già velocità elevatissime. Diego Pierluigi, l’istruttore della giovane vittima, ha rivelato la dinamica della caduta fatale. “È successo nella curva più lenta del circuito. È stato un highside, quando la moto si intraversa, e lancia in aria il pilota. La caduta è stata a bassa velocità, però ‘Lolo’ ha battuto la testa, con la parte bassa del casco, alla base del cranio”.

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La moto troppo grande e potente

Nonostante sia usuale nel motorsport iniziare a correre fin dalla tenera età, in queste ore sta emergendo una verità che ormai non può essere taciuta. In Sud America, infatti, Lorenzo Somaschini, morto a Interlagos, così come centinaia di altri ragazzini, corrono con moto troppo grandi. A parlare di tale criticità è il pilota Luciano Ribodino. “In Europa ci sono moto da 50cc per i bambini di otto o nove anni. Qui la più piccola è di 150cc. Per realizzare il sogno che ‘Lolo’ aveva, di diventare professionista e correre in MotoGP, l’unico modo è di iniziare a correre da bambino, e queste sono le uniche moto che abbiamo. Qui si bruciano un po’ le tappe correndo con moto di grossa cilindrata”.

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