Nell’interrogatorio avvenuto con la Procuratrice dei minori di Palermo, si evince una Miriam Barreca più che consapevole delle atrocità commesse: catene al collo, colpi di padella e ustioni con il phon

Dunque, Miriam Barreca non era drogata, né sedata e neanche sotto effetto di alcol o altro tipo di sostanze: nel triplice omicidio di Altavilla Milicia, in provincia di Palermo, la giovanissima non solo ‘era lucida’, ma ha agito attivamene affinché quel “macabro rito di purificazione” si compisse secondo i loro assurdi dettami. Questo è quanto si è appreso dall’Adnkronos e dall’interrogatorio al quale è stata sottoposta la 17enne. Il suo profilo è stato delineato: Miriam è una ragazza timida e asociale, passava molto tempo in casa e aveva pochissime amicizie, a quanto pare anche mal coltivate. “Nell’ultimo periodo era stata isolata anche dalle poche conoscenze che aveva”.

La killer “era lucida”: “Mamma implorava di chiamare i carabinieri”

Secondo le prime indagini coordinate dalla Procuratrice dei minori di Palermo, Claudia Caramanna, si scopre dunque qualche dettaglio in più. Atroce: “Mi chiedeva ‘Ti prego, chiama i carabinieri, mi vogliono uccidere'”, ha raccontato la giovane con estrema lucidità e consapevolezza. A implorarla così era sua mamma, Antonella Salamone, donna di 40 anni e genitrice di tre figli, due dei quali morti insieme a lei. Antonella è stata uccisa insieme a Kevin ed Emanuel, rispettivamente di 16 e 5 anni. La primogenita dei Barreca, non era nascosta, non stava sfuggendo alle torture che mai avrebbe subito, al contrario di quel che si credeva in prima battuta.

Quindi, Miriam non è stata fortunata: semplicemente era parte attiva di quel culto che prevedeva questo risultato. Chi ha fatto il sopralluogo nell’abitazione ha definito la scena “agghiacciante”, dalla quale si denotavano le atroci sofferenze patite dalle tre vittime. Antonella è stata poi sotterrata in giardino, quello dinanzi alla villetta dei macabri fatti. Miriam ha aiutato il papà a sopprimere il cadavere carbonizzato. Sebbene la mamma implorasse di allertare le forze dell’ordine, Miriam non le avrebbe mai dato retta. Al contrario, aveva premeditato tutto insieme al genitore e ai due amici facenti parte del medesimo culto religioso: Sabrina Fina e Massimo Carandente.

“Quando posso vedere mio padre?”

Infatti, Miriam aveva sottratto i familiari “posseduti dal demonio” dei loro telefonini prima che il martirio cominciasse. Questo è stato fatto “per il loro bene”: è quanto la giovane continua a ripetere, facendo eco alle parole di papà Giovanni, che ora la figlia chiama a gran voce. Dal carcere minorile in cui è detenuta a Palermo, affermano come la ragazza continui insistentemente a chiedere di lui: “Dov’è? Come sta?”.

“Quando posso vedere mio papà?”, ha ripetuto più volte dal carcere minorile nel quale si trova. Emerge un legame padre-figlia molto stretto, unito: “Lei è la figlia prediletta di Giovanni”. Tra le torture, sono state citate le ustioni con il phon e colpi con la padella. Oltretutto le vittime avevano le catene al collo, così come sono state ritrovate nel sopralluogo delle forze dell’ordine. Inoltre, avevano anche degli stracci in bocca: molto probabilmente per impedire loro di essere uditi dai vicini durante le sevizie.

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