Il 44enne è stato condannato a 30 anni di reclusione, ma non all’ergastolo poiché il movente non può essere considerato “abietto o futile in termini tecnico-giuridici”
Non avrebbe agito né con crudeltà, né tantomeno con premeditazione, Davide Fontana, il 44enne che ha ucciso l’attrice 26enne Carol Maltesi, lo scorso 11 gennaio 2022.
Dopo il femminicidio, il bancario, che viveva con la vittima a Rescaldina, avrebbe comprato un’accetta e un seghetto per poi recarsi a casa della ragazza e mettere in atto il suo piano: farla a pezzi e farla sparire. Avrebbe inoltre, per sua stessa ammissione, provato a bruciare il cadavere, dandole fuoco sul barbecue.
Come se non bastasse, Fontana aveva comprato un freezer in cui conservare i resti della 26enne.
Infine, l’assassino continuava ad usare il cellulare della ragazza, rassicurando parenti e amici, riferendo che si trovava in vacanza a Dubai.
Dopo vari tentativi andati a vuoto, il killer ha deciso di gettare il corpo della donna in un dirupo.
La vittima, madre di una bambina piccola, aveva manifestato il suo desiderio di trasferirsi a Verona.
Secondo i giudici, Carol era disinibita e aveva usato Fontana
Nonostante l’atrocità del delitto, secondo i giudici, il movente dell’omicidio non può essere considerato “abietto o futile in termini tecnico-giuridici“.
Come si legge nelle motivazioni della condanna, Davide era rimasto deluso dalla prospettiva dell’abbandono: il 44enne viene descritto come un uomo innamorato, che non avrebbe accettato la fine della relazione. Mentre la vittima viene descritta come una ragazza “disinibita“, che “si era servita di lui“.
“Si è reso conto che la giovane e disinibita Carol si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo avesse usato, e ciò ha scatenato l’azione omicida. A spingere l’imputato non fu la gelosia ma la consapevolezza di aver perso la donna amata. Consapevolezza accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte“. – si legge nella sentenza.
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Omicidio Carol Maltesi: “Il movente non è da ritenersi turpe”
Dunque, secondo i giudici, il movente dell’omicidio “non è da ritenersi turpe o spregevole più di ogni altro motivo che induca a un delitto cruento“. Inoltre, non è “espressione di un moto interiore del tutto ingiustificato o un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale“.
Questa è la storia di una giovane madre picchiata, sgozzata e fatta a pezzi.
Le motivazioni della sentenza stanno facendo molto discutere tutti, a partire dai familiari della vittima.
Infatti, dopo la sentenza la zia di Carol Maltesi ha dichiarato: “È una vergogna, mia nipote l’ergastolo lo ha avuto a vita, così come sua madre e il mio nipotino. Lascio tutto nelle mani di Dio, è una vergogna. Ci aspettavamo l’ergastolo, anche se a mia sorella non interessava, perché tanto niente le riporterà Carol. Con tutto quello che succede – ha concluso – Fontana tra dieci anni sarà fuori e potrà rifarsi una vita. Mia nipote di 26 anni non torna più”.