Un lupo è stato ucciso e, dopo essere stato decapitato, ne viene esposta la testa come fosse un trofeo, esattamente all’ingresso della frazione di Era, comune di Samolaco, all’imbocco della Valchiavenna (Sondrio). La scena è raccapricciante: la testa mozzata del lupo è stata appesa al cartello stradale che segnala l’ingresso nella località. “Un episodio gravissimo e da condannare – ha detto il presidente della Comunità montana della Valchiavenna, Davide Trussoni – Una provocazione inutile e becera, che però è espressione del forte segnale di disagio e preoccupazione che gli allevatori della zona stanno vivendo per la continua minaccia che il lupo incarna“.
Lupo decapitato: gli avvistamenti in zona vanno avanti da tempo. “Occorre pensare a un adeguamento normativo che ne consenta la corretta gestione“
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Trussoni spiega di aver già “segnalato” la situazione “alle istituzioni” attraverso “una lettera inviata“. Veniva spiegato come la questione “fosse diventata ingestibile e quanto accaduto ne è l’esempio lampante“. “Il lupo non può essere considerato un animale in via di estinzione, occorre pensare a un adeguamento normativo che ne consenta la corretta gestione“.
La zona in questione è la piana di Samolaco, da tempo oggetto di segnalazioni di molte persone che hanno avvistato l’attraversamento di molti predatori, compreso un branco di lupi, filmato durante il passaggio. Sul posto è intervenuto il nucleo faunistico della polizia provinciale di Sondrio e ha rimosso i resti del lupo. La testa dell’animale è stata portata presso l’istituto zooprofilattico per gli accertamenti del caso.
Il messaggio riportato sul lenzuolo bianco
“I professori parlano, gli ignoranti sparano“, è il triste messaggio che si legge sul lenzuolo bianco esposto sotto il cartello stradale. Il messaggio va, molto probabilmente, in riferimento a chi ritiene questi animali importanti per l’ecosistema locale. Una minaccia velata che sa di sollecito verso un pronto intervento alle forze dell’ordine. Il gesto mostra il disagio che vivrebbero gli allevatori locali per la presenza di molti predatori nella zona, tuttavia l’atto dimostra che, quanto meno sul piano culturale, la strada da percorrere per fare quel famoso “salto“, è ancora molto lunga.