Oggi c’è un appuntamento importante per i fan della comedia e soprattutto di Carlo Verdone: alle ore 21, sul canale Cine34, verrà trasmesso il film che segna un altro essenziale appuntamento annuale, che cade in tutt’altra stagione. Parliamo dell’incontro ferragostano al “Palo della Morte“, in via Giovanni Conti, zona Vigne Nuove, da parte dei fan del film “Un sacco bello“. L’evento Facebook è nato nel 2015 per iniziativa di Gianluca Bonetti, gestore della pagina social “I colossi della Commedia“. Ogni Ferragosto centinaia di persone si recano sul posto in omaggio della scena in cui Enzo, interpretato da Carlo Verdone, si dà appuntamento con Sergio, interpretato dal compianto Renato Scarpa. E pazienza se il palo non c’è più oggi. E pazienza anche se la stagione in corso richiama tutt’altra festività.
In occasione del raduno del 2020, Renato Scarpa era ancora vivo. Verdone ricordava che dopo aver visto moltissime zone di Roma (“Ostia, Magliana, Casilino“), rimase piuttosto colpito dai “quei due torrioni di questi palazzi in costruzione” e pensò che fosse una bella prospettiva di una “periferia dove c’era il nulla“. Rappresentava “la solitudine, il bullo e la solitudine del mio compagno di viaggio, Renato Scarpa“.
Dopo l’esperienza a “Non stop“, trasmissione che rivoluzionava un po’ il concetto della tv italiana, nato come programma sperimentale dove erano i personaggi e gli autori degli sketch a passarsi il testimone della conduzione all’insegna dell’improvvisazione, Carlo Verdone si fece conoscere e apprezzare e veniva spesso richiesto dai registi. “Avevo un certo sesto senso per capire quale produttore era giusto per me o no. Le mie carte erano personali, dovevo scrivere io i miei personaggi non un altro“.
Quindi rifiutò molti ruoli: “Ho detto di no a persone molto importanti. Non mi sentivo giusto, sentivo che sarebbe stato un passo falso”, fino a quando Leone non lo chiamò. Sergio diceva: “Voglio sentire quello che sta a ‘Non stop’ il giovedì sera“. E lo invitò a casa. Carlo era elegantissimo e aveva con sé una valigetta, “con i miei progettini“. Sergio gli disse: “Sembri un impiegato del catasto…“. Lo fissava negli occhi per metterlo a disagio. Da lì nacque tutto.
“Quei personaggi di ‘Un sacco bello’ oggi non potrebbero esistere“
Il giorno della prima c’erano tre proiezioni per i critici. “Io avevo il cuore che batteva forte – raccontò Verdone – Leone mi disse: ‘Ma che c’hai’. Gli dissi: ‘Non so come prenderanno ‘sto film’. Mi rispose: ‘Ah Ca’, io sto film ce l’ho così in mano’“. Stringendo il pugno. “Era talmente convinto del film…“. Oggi Un sacco bello non potrebbe esistere: “Non si potrebbe rifare perché non esiste più l’hippie” per quanto riguarda il personaggio di Ruggero; il bullo Enzo “oggi sarebbe un bullo pieno de’ cocaina, de’ vizi“; il personaggio di Leo “non c’è più, è un personaggio che verrebbe preso in giro dagli altri“.
“In quarant’anni cambiano le teste, i gusti, i difetti, le fragilità, i tic, il linguaggio. Cambia tutto“. Però Un sacco bello fa ridere ancora oggi: “Perché la gente ha capito che dentro c’era sincerità, osservazione vera, trasporto vero. Non rappresentavo qualcosa per cercare la risata“. Infatti dietro il film si cela un significato drammatico, “perché è più malinconico”. “Ma le sensazioni erano condivisibili con tutti“.
Carlo Verdone sulla scelta dei personaggi
“Non ho mai fatto imitazioni di personaggi famosi. Con i miei personaggi ho preso i DNA di tante persone che si somigliavano e ho capito che facevano parte di tante anime di persone vere, nella vita reale, e le ho catturate e riproposte a modo mio“. Lo ha fatto però caricandole un po’ “con la lente di ingrandimento“. Ne ingrandiva “i difetti, i tic“. Lo abbiamo visto nei suoi film, tra questi proprio “Un sacco bello“. Si tratta di “personaggi che ho incrociato nella mia vita e che mi hanno colpito“.
“Sono sempre stato un uomo che si stupiva anche delle persone più grigie, più anonime, però avevano un qualcosa che andava tirato fuori e sottolineato – ha proseguito Verdone la sera del 40° del film – Ho sempre amato il prossimo, sono sempre stato un grande osservatore“.
“Non credevo molto in me stesso“
Un sacco bello era “proiettato in pellicola, ancora con un pubblico in sala”. Oggi sarebbe “fantascienza“, come disse Carlo Verdone alla Casa del Cinema dopo la proiezione del film di due anni fa, in occasione del 40° anniversario dall’uscita nelle sale italiane. “Io non volevo fare il regista né l’attore. Non avevo la sensazione di poter fare qualcosa di importante – aggiunse quella sera – Ero molto timido. Non credevo molto in me stesso. Chi aveva capito il potenziale era mia madre e anche un po’ papà“.
Un sacco bello: le ambientazioni, le atmosfere e lo spirito d’osservazione di Verdone
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“Quella Roma, quelle atmosfere… Era tutto quello che avevo assorbito da studente, da ragazzo, quando non ero nessuno. Però frequentavo tutti: Campo de’ Fiori, Trastevere, mi piaceva guardare, osservare. Anche i difetti…diventavano interessanti”. Da attore ha potuto mettere in pratica “tutte quelle emozioni e atmosfere respirate”.
Aveva capito “che nel ’79 stavamo alla fine di quella poesia”. Una poesia “dove Roma era fatta di pochi suoni”. “Le campane alla mattina e al pomeriggio, le cicale quando il caldo era opprimente e qualche motorino di qualche scippatore“, disse in occasione del 40° anniversario della pellicola, unitosi alla folla al famoso raduno al “Palo della morte“.
“Un sacco bello per me è stato una festa…Non avevamo un permesso, mi cambiavo dietro le frasche“
L’attore e regista romano ha descritto Un sacco bello come una “festa“. “Io volevo finire il film a Via Garibaldi e lì l’ho finito. Non avevamo avuto un permesso. Mi cambiavo dietro le frasche. Non avevo una roulotte, mi truccavano per strada, davanti all’anagrafe. E mi dicevano: ‘Sbrigate Ca’ che ce stanno i vigili’. Una cosa tremenda. Ma le cose anche fatte in maniera pioneristica premiano“.
Un giorno “scapparono tutti” proprio perché erano senza permessi, e lo lasciarono “in mutande“. Tutta la produzione “era sparita“. Carlo fu portato “in commissariato“. Sergio Leone “venne e mise le cose a posto“.
Sulla bomba: “All’epoca ogni tanto c’era un attentato…”
In occasione del 40ennale l’attore e regista spiegò lo “scoppio” che si sente nel film. Riceve spesso domande su quella “bomba” e spiega che si tratta per lo più di giovani che non hanno vissuto l’epoca degli “anni di piombo” . “Ogni tanto c’era un attentato…”.
Veronica Miriel si fece davvero il bagno nuda alla Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona
Verdone si ammalò a pochissimi giorni dalle riprese del film che “stava per saltare“. Mancava l’interprete della ragazza spagnola di nome Marisol che alloggia a casa di Leo. “Il direttore della fotografia, Ennio Guarnieri, che per me era tutto, mi diede quattro giorni di tempo“. Era impegnato in un altro film. “Il miracolo volle che dopo due giorni io finalmente riuscì a migliorare sempre di più e guarire. Ma mentre io stavo male Sergio Leone partì per la Spagna per cercare Veronica“.
Gli portò alcune foto di attrici spagnole e scelsero Veronica Miriel che Verdone ha descritto come una ragazza “fantastica, simpaticissima, solare” e “capì tutto il suo copione“. Sulla scena in cui si denudò per fare il bagno nella vasca delle foche “Leone si tolse gli occhiali per vederla meglio“.
Sebbene Verdone fosse impegnato alla regia, alla recitazione e alla scrittura, riuscì a terminare il lavoro con un giorno di anticipo rispetto alla fine prevista. Veronica gli chiese di andare a vedere Roma visto il tempo avanzato. “C’era tantissima gente: turisti, gente che suonava la chitarra“. Improvvisamente rimase incantata “da questa fontana“. E gli disse: “Ti faccio una sorpresa“.
Si denudò per farsi il bagno nella fontana. “Urlavano tutti: aoh ce sta una nuda è pure bona“. Mentre lui le diceva di uscire lei lo invitava a tuffarsi insieme. “Ma che sei matta, esci“. “Tornammo a casa in macchina con duecento persone dietro che urlavano: ‘Ma che magni da solo aoh’“.
La prima volta che Verdone ha visto Un sacco bello
“Invitai la mia fidanzata, che sarebbe diventata mia moglie, a vedere ‘Un sacco bello’ a casa di Sergio Leone“. La preparava spiegandole che “mancava ancora qualcosa“. Partì il film e lei non rideva mai: “Io guardavo lei non il film. E’ vero che ride poco ed è un po’ severa, però porca miseria. Nemmeno con Mario Brega rideva. Le chiesi: ‘Ma t’è piaciuto o no?’“. Lei allargò le braccia dicendo: “Non te lo so dire, è un film talmente atipico. Non so, tu sei bravo… Bisogna vederlo col pubblico, non ti so dare un giudizio“. Verdone rimase col dubbio che il film non trasmettesse quello che poi avrebbe trasmesso.
“Arrivammo alla sera della proiezione alla vecchia Medusa, in via Salaria, vennero tutti i politici. C’era Sergio Leone quindi era normale che ci fossero tutti. Avevo una paura. Mi giocavo tutto“. Verdone non andò a vederlo in sala, “mi vergognavo“. Poi la moglie gli disse: “Andiamo a vedere Un sacco bello. Bisogna che ti vedi, anche io vedo meglio che non avevo capito niente con quella moviola“. Verdone non voleva ma la sala, sebbene piena, era buia. “Mi rimase in mente che la gente rideva dove doveva ridere“.
Sergio Leone costrinse Verdone a recitare l’intero copione nel suo cinema sotterraneo
Sergio Leone, prima di realizzare il film, una volta gli disse: “Io ancora devo capi’ perché mi fai ride”. E poi: “Chiamame domani che leggo ‘ste cose”. Quando Carlo gli chiese un responso sui suoi “soggettini”, Sergio rispose: ‘Fanno piagne’“. Carlo non aveva più speranze. Però tre giorni dopo si incontrarono e gli chiese di trovare tre personaggi. Verdone aveva bisogno di tempo, “avevo già individuato il film ma volevo vedere che regista mi affibbiava“. Andarono da tutti: “Steno, Tina Wertmuller, addirittura Gigi Magni che non c’entrava niente col film. A un certo punti tutti dicevano: ‘Questo ha un mondo suo, deve scrivere lui’“.
Distrutto e affaticato, Sergio Leone un giorno gli disse: “Mo te lo scrivi e te lo dirigi da solo. Ora ti darò i migliori sceneggiatura su piazza che ti insegneranno a sceneggiare“. E fu una grande cosa “perché è un’esperienza importantissima“. “Ci vuole un esercizio continuo con persone che ti insegnano. I tempi degli sketch e della commedia non sono come quelli del cinema. Nel cinema i tempi sono ristretti. Quindi chi meglio di Leo Benvenuti e Piero De Bernardi ai quali devo moltissimo?”.
I due sceneggiatori hanno avuto il merito di insegnare a Carlo “a capire cos’è una sceneggiatura“. “Gli portai la mia idea di raccontare un’estate romana dei tre personaggi. A loro l’idea piacque molto, si trovavano di fronte un ragazzo ma eravamo in perfetta sintonia. È chiaro che la maggior parte dei dialoghi erano miei senza togliere niente a loro che hanno cucito l’arco temporale“. Quindi in tre mesi e mezzo scrissero il film anche se “nessuno aveva capito niente“.
“Non capì Sergio Leone e neanche i futuri distributori, Coccioni e Colaiacomo della Medusa, così Sergio mi chiese di recitare l’intero copione nel suo cinema sotterraneo sotto la piscina di casa sua“. Si trattava di una bella sala nella quale Carlo si era dovuto esibire interpretando tutti i personaggi del film. L’attore la ricorda come una delle esperienze “più faticose” in carriera. Alla fine Colaicono si alzò e disse: “Io non c’ho capito niente comunque se fa ride o no, a Se’, provamoce che te devo di“. Il film costò 380 milioni di lire, “che all’epoca non era niente“, e fu girato “in 5 settimane e due giorni, che non era niente“.
Un sacco bello, le altre curiosità, il titolo, fischio, location, inizio, frasi, Enzo, significato
- Il film segna l’esordio alla regia di Carlo Verdone per la cui interpretazione vinse un David Speciale ai David di Donatello del 1980, un Globo d’oro al miglior attore rivelazione e un Nastro d’argento come migliore attore esordiente.
- Come disse Antonello Panero il titolo del film “riprendeva uno dei suoi tormentoni tipici” e la pellicola “somigliava“, nella struttura, “ad una puntata di Non stop“, la trasmissione dalla quale emergeva davvero Carlo Verdone dopo alcuni ruoli minori per il grande e piccolo schermo.
- Prima di unirsi a Sergio Leone l’attore romano rifiutò la scrittura anche di “Asso” con Adriano Celentano tra le altre offerte.
- La parte di Marisol venne proposta anche a Lory Del Santo e Lina Sastri.
- Il segreto per aver chiuso il film in tempi record risiedeva nella capacità dell’attore di riuscire ad interpretare i suoi personaggi praticamente a memoria già prima di stenderne la sceneggiatura.
- La colonna sonora del film è stata composta dall’immenso Ennio Morricone, mentre il celebre fischio appartiene ad Alessandro Alessandroni.
- Il film venne distribuito nelle sale italiane dal 19 gennaio del 1980.
- Oltre all’appuntamento annuale al “Palo della morte“, tra gli omaggi al film si segnala una targa commemorativa piantata sul Pavé di Porta Settimiana dove abita Leo. Un’altra targa commemorativa è stata posta in piazza Rossellini.
- Tra le location si evidenzia via Luigi Petroselli dove Ruggero e il papà si incontrano e si salutano; Sergio, l’amico di Enzo che durante il viaggio si sente male, viene ricoverato all’Ospedale San Gallicano a Trastevere; Leo rovescia l’olio all’incrocio con via Garibaldi, il punto a due passi da dove abita in zona Porta Settimiana a Trastevere
- L’inizio del film introduce il personaggio di Enzo che, dopo una sauna, si cambia a passo di danza improvvisata ammirandosi davanti allo specchio, entusiasta dell’imminente viaggio in direzione Cracovia. La musica che si ascolta in sottofondo doveva essere Train Time dei “Cream“, tuttavia i diritti costarono troppo. “Famola fa’ a Ennio che c’aa fa’ uguale!” gli disse Leone. Il risultato lo conosciamo.
- Tra le frasi storiche del film è difficile fare una selezione precisa. Tuttavia riteniamo che è immancabile la sequenza dello scambio di battute tra Mario Brega e Fiorenza, interpretata da Isabella De Bernardi. Mario: Ma ‘n padre pò avè un fijio così, senza ‘na casa, senza ‘na famijia, co ‘e pezze ar c**o, ai semafori a chiede l’elemosina?!…E co ‘sta str***a che so du’ ore che sta a masticà! Ma che te ciancichi, aoh!!? – Fiorenza: Guarda che io a mi padre j’ho già sputato in faccia, attento, fascio, che nun ce metto niente! – Mario: A me fascio? Io fascio? A zo***lè, io mica so’ comunista così, sa! So’ comunista così!!
- Sul significato della pellicola anche Verdone si è espresso su quella che in realtà è una velata linea malinconica e il film, sebbene faccia molto ridere, nasconde il suo significato drammatico e grottesco. Enzo ha 30 anni e non ha amici, si danna per cercare compagnia in vista del Ferragosto imminente. Leo è un ragazzone ingenuo poco cresciuto e piuttosto sfortunato. Ruggero è sicuramente il punto fermo del film, quello sul quale la pellicola si poggia particolarmente anche grazie alla presenza di Mario Brega e alle magistrali interpretazioni camaleontiche di Verdone che impersona Don Alfio e il professore Anselmo. Nella lunga chiacchierata per convincere il figlio a rinunciare alla sua idea di libertà di vivere come “figlio dei fiori” o “dell’amore eterno“, “senza ‘na casa senza ‘na famijia, co ‘e pezze ar c**o, ai semafori a chiede l’elemosina“, esattamente come dice Mario nel film, ogni tentativo sarà vano perché le alternative raccontate ad esempio dal cugino e professore Anselmo dipingono un quadro senza gioie e senza particolari stimoli. Un’alternativa non così felice per Ruggero che ha “già superato il concetto di casa…”.