Ospite del BSMT di Gianluca Gazzoli, un’occasione per promuovere il film uscito oggi in tutte le sale, “L’ultima notte di Amore”, Pierfrancesco Favino ha parlato del ruolo del nostro Paese nel cinema internazionale, citando, tra gli altri, l’immortale collega statunitense Al Pacino.

Più che altro, il discorso che ne fa l’attore verte sull’idea che gli altri hanno di noi. Un’idea vecchia, compassata, lo vediamo nelle interpretazioni anacronistiche che sfoggiano i prodotti statunitensi in primis.

“Come fa Riccardo Scamarcio, Luca Marinelli, o il giovane attore di vent’anni, che ancora non conosciamo – si chiede l’attore – ad avere un’opportunità fuori se il ruolo da italiano, che dovrebbe aver la libertà di girare nel suo Paese; poi anche lì, in inglese, e alé, va bene… Dunque come fa quel ragazzo lì, quella faccia lì, a riuscire ad andare fuori dai confini se poi invece dobbiamo prendere il ventenne americano già noto, perché così lo vendono? È chiaro che rimarremo sempre una piccola realtà. Ti dico: io non sono d’accordo in generale su questa cosa”.

Vedi anche: Pierfrancesco Favino: “Una volta ho preso 20 chili per una parte”: le follie dell’attore

Pierfrancesco Favino e le interpretazioni degli attori americani quando recitano “in italiano”: “Io non parlo così in inglese, è rimasto il cliché anni ’50. Basta”

Durante la lunga chiacchierata, durata più di un’ora e quindici minuti, Favino ha affrontato molti discorsi interessanti. E sui commenti social, sia dal canale YouTube di Gazzoli che dalle altre piattaforme ove è stato ricaricato lo spezzone, molti sono stati gli utenti che hanno sposato in particolar modo il concetto secondo il quale la recitazione straniera non renda giustizia alla realtà dei fatti nostrana.

Tuttavia, il problema sta alla radice. E Favino è piuttosto intelligente da saper distribuire i torti di quel paradigma estremo che oggi vive il cinema in generale quando prova a “parlare italiano”. Il cinema, a sua volta, è uno specchio della fonte a cui si ispira: quindi la colpa parte dal cinema nostrano. Ed infatti l’attore si chiede: “Come facciamo noi se le nostre storie non vengono rappresentate da noi culturalmente, a poter portare fuori la nostra storia e la nostra vita?”.

Quindi la considerazione, appunto, sulla rappresentazione dell’Italia all’estero. E, riprendendone la mimica, la gestualità e il tono della voce, ma soprattutto rimarcandone l’accento, Favino dice: “Stiamo parlando di attori straordinari, io non è che ce l’ho con Adam Driver o Al Pacino, però sono un po’ stanco di vedere queste persone che entrano nei bar facendo: ‘Ehi, ‘a cappuccino, Mario, eh, lallella’”.

“Cioè, io non parlo inglese così. È un cliché anni ’50 dell’italoamericano del New Jersey che viene riproposto tutte le volte e di cui io sono personalmente molto stanco”.

Il VIDEO

Favino è un attore piuttosto apprezzato, noto per avere una passione maniacale per la sua professione, tanto da sottoporre mente e fisico a stress continui per entrare bene nelle parti. Tipico degli attori di grande calibro, tra cui quelli citati da lui stesso nella lunga intervista al BSMT e per i quali, come da lui ammesso, nutre gran rispetto.

Continua a leggere su Chronist.it