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Rocky Balboa film del riscatto: il ritorno alle origini del personaggio, ormai solo e alienato

Rocky Balboa ha rischiato di non esistere dopo Rocky V che fu un fallimento, per Sylvester Stalloneinevitabile“. Il primo vero flop, coinciso con la “fine” della storia, almeno per come era stata pensata. E la lunga pausa dal sequel lo testimonia. Ormai per tutti era un capitolo chiuso: la saga di Rocky era finita. Non c’era più niente da dire e l’impressione era che si fosse già andati ben oltre.

Il quinto deludente capitolo della saga ha confermato quel timore, che ha sempre convissuto parallelamente al successo del campione con i guantoni. Il parallelismo con Stallone. L’inizio da “esclusi“, il successo, il mantenimento dello stesso non senza difficoltà. Poi l’introduzione di altri temi fuori dal pugilato come il rapporto USA-Russia di Rocky IV. Infine il declino del personaggio.

Una scelta, quella della caduta in disgrazia di Rocky, della quale Stallone, nel documentario dedicato alla saga da History Channel, ammette di essersi pentito di fare. Perché la gente amava “il successo di Rocky” e lo ha visto crescere, non voleva vederne “il declino“, oltretutto parallelo alla fine della storia. Passarono sedici anni e a Rocky Balboa “venne concesso un altro round“.

Stallone scelse ancora di combattere mentre veniva sconsigliato, tra gli altri, anche dal fratello, Frank vuoi morire sul ring?” gli diceva. “Non sei più il primo Rocky, avevi 29 anni ora ne hai 60“.

Vedi anche: ROCKY V FU UN FLOP: DOPO 15 ANNI LA GENTE SMISE DI TIFARE PER ROCKY E STALLONE GIRÒ IL FILM “SOLO PER AVIDITÀ”

Stallone dopo Rocky V: la sceneggiatura del 1999 disapprovata da tutti

L’attore riuscì un po’ a staccarsi dalla figura di Rocky, probabilmente aiutato dall’epilogo della storia. Si dedicò dunque ad alcuni successi che hanno contribuito a renderlo celebre, scansandone degli altri. Nel 1999 Sly scrisse una nuova sceneggiatura su Rocky. Si trattava dell’ultimo match del pugile. Tuttavia a Stallone tutti rispondevano “non è una buona idea, devi passare sui nostri corpi“.

Jeff Wald, all’epoca agente dell’attore, confermava nel documentario la “rottura” del rapporto con Rocky per il pubblico e le case di produzione. “Non voleva farlo nessuno“. Il produttore Irwin Winkler non esitò più di un attimo ad opporsi “non immaginavo che ci fosse il pubblico per un nuovo seguito” diceva nel documentario dedicato più di dieci anni fa su History Channel.

Robert Chartoff, l’altro storico produttore della saga, confermava come “nessuno era interessato a fare un nuovo film di Rocky. La United Artists non voleva realizzare il film“. Sebbene il film fece arricchire tante persone, incassando miliardi di dollari, come confermava Frank Stallone, nessuno era più intenzionato a dare fiducia al pugile.

Rocky Balboa del 2006: fu decisivo Joe Roth dei Revolution Studios

A Stallone dicevano “il tuo ultimo film è stato ‘Spy Kids‘, stai scherzando?“. Il presidente della United Artists di allora, Mike Medavoy, diceva che Sylvester “era svantaggiato, non contava più nulla. Ma è l’esempio che uomini così non smettono mai di contare qualcosa“.

Sly disse a Burt Young, l’interprete di Paulie nella saga, che c’era la sceneggiatura, tuttavia la MGM l’aveva rifiutata. Gli chiese di leggerla e di dargli un feedback. Dopo averla letta, Young disse: “sì, facciamone un film, è bellissimo“. Joe Roth, dei Revolution Studios, fu decisivo. Lesse il copione del film e “grazie a lui tutta la negatività andò via“, confermava Stallone.

Winkler spiegò a Roth tutti i motivi per cui non avrebbe dovuto fare il film, tuttavia Roth ribatté con i motivi per i quali il film si sarebbe dovuto fare. “Aveva ragione, io mi sbagliavo“, diceva Winkler.

Un Rocky da geriatria, puzza di carriera disperata

Quando Stallone ottenne il via libera per il film poteva godere di un budget limitato come nel primo fortunatissimo episodio della saga. La critica però non gli dava tregua. La gente non poteva credere a un altro capitolo della storia. La suscettibilità era fortissima e i mezzi di comunicazione non ci andavano giù teneri con l’attore newyorkese.

Il Los Angeles Times diceva testualmente: “Rocky…un Balbosauro che dovrebbe stare in un museo“. Il The Miami Herald scriveva “La prova che la mente umana è ufficialmente a corto di idee“. La moglie di Stallone non era contenta, gli diceva “vuoi che ridano? Sei troppo vecchio“.

Tuttavia, da buon condottiero, Stallone si prese tutte le responsabilità e lo confermava nel documentario di History Channel, ricordando il pensiero che ebbe al tempo. “Se devo cadere tra le fiamme, voglio essere io a guidare“.

Rocky Balboa, la trama: dalla solitudine e l’alienazione all’ultimo incontro sul ring

Il film inizia davanti alla tomba di Adriana. Inizialmente però la sceneggiatura di Stallone prevedeva altro. “Ho scritto almeno cinque stesure. Adriana è viva, il figlio lavora nell’aeronautica e Rocky ha voglia di tornare a combattere. Ma non mi sembrava molto interessante. Ho pensato che doveva essere un uomo distrutto e il pubblico avrebbe sofferto parallelamente il dramma“.

Frank: “Si pensava a una sedia pieghevole nascosta in un albero così che lui potesse parlare ad Adriana, perché non aveva nessuno“. Così Stallone aveva una trama, come confermava. “Avevo le basi per il film: alienazione, solitudine e isolamento. E dolore“. Rocky è vecchio, si è ritirato dalla boxe ed è vedovo.

Gestisce un ristorante e prova a ricostruire il legame con il figlio, interpretato da Milo Ventimiglia. Rocky è solo, un passo che “tutti dobbiamo affrontare nella vita“, ricordava Stallone. “Combattere una grossa perdita e affrontare il futuro anche se qualcuno che amavamo se n’è andato“. Il significato del ritorno di Rocky per Stallone aveva molta profondità. “Era ancora vivo“. Faceva riflettere sul concetto di età.

L’allenamento in Rocky Balboa e l’incontro con Mason “The Line” Dixon

Gli infortuni di Sylvester Stallone

L’avversario di Rocky è interpretato dal vero pugile Antonio Tarver. “Ti verrà un attacco di cuore, ci saranno quaranta inquadrature” gli diceva il fratello Frank, ma Sylvester era deciso. Tuttavia l’incontro è dai ritmi estenuanti, favorito appunto dalla tecnologia che ne risalta particolarmente i dettagli. Sly: “durante l’ultimo incontro mi ruppi una vertebra del collo, mi lacerai il tendine d’Achille“.

Antonio Tarver nei panni di Mason Dixon

Oltretutto “dovetti essere operato in artroscopia al ginocchio“. E il bello è che “dovevamo ancora combattere“. Durante gli allenamenti andava in giro tutto fasciato perché si ruppe le dita delle mani e dei piedi. “Ma dopo tornai in gran forma, non dovevo più sforzarmi e zoppicare e pensai: ‘le mie gambe sono in gran forma, mi sarei dovuto rompere il piede molto tempo fa“.

Ogni volta che c’è un problema è una fortuna per Rocky, ogni volta è una inquadratura perfetta. Magari di ‘Nick lo scatenato‘ o di ‘Fermati o la mamma spara‘. Ben vengano le sconfitte“. Per Stallone l’incontro doveva essere “più reale possibile“, ci fu maggiore contatto in quella scena che in tutte le altre della saga.

Si tratta del “più autentico degli incontri“. Anche i critici e i giornalisti confermavano nel documentario la competenza acquisita da Sly nel capire “come girare gli incontri in base a ciò che la saga richiedeva“. Durante il match si passò all’alta definizione per cambiare l’atmosfera e la fotografia “divenne più piatta e vistosa, è esattamente ciò che vedremmo in un film ad alta definizione“.

Le riprese dell’incontro tra Bernard Hopkins e Jermain Taylor

Il match tra i due pugili è un incontro reale, trasmesso in pay-per-view da HBO e Stallone decise di utilizzare le riprese per il film, sfruttando la comparsa di un pubblico vero. Sarebbe stato molto complicato pagare tutte quelle comparse per riempire l’arena.

All’epoca l’HBO divenne il modello di chi guardava i film sul pugilato. Era matematico, ogni incontro era lo stesso“. Winkler: “Quando vediamo questi due pugili che si colpiscono, non c’è traccia di finzione hollywoodiana”.

Sylvester Stallone e Rocky di nuovo sulla scalinata di Philadelphia

Il ritorno a casa, su quella celebre scalinata del Philadelphia Museum. Garrett Brown, l’addetto agli effetti speciali di ripresa, ricordava nel documentario come durante la scena dell’allenamento di Rocky, mentre percorreva le scale, stesse iniziando a cadere “qualche fiocco di neve. Erano molto grandi, enormi. Forse Dio voleva che si girasse quella scena“.

Fu strano, tutte le persone erano lì. Un po’ diverse, consumate, ma tutte lì” ricordava Stallone. L’idea nel film era di fare Rocky, tra la gente, e girare. “Scoppiò una confusione, un caos assoluto“. C’erano transenne “eravamo per le strade di Philadelphia” e c’erano molte persone che evitavano che il pubblico circolasse tra il set.

Ventimiglia, che interpreta il figlio di Rocky, diceva al documentario che mentre Sylvester era impegnato a lavorare sul set, una donna lo avvicinò dicendogli “è bello vederti qui di nuovo. Poi se ne andò“. Stallone ringraziò “grazie mille“, poi si voltò e continuò a fare ciò che doveva.

Gli incassi e la critica

I giorni di gloria saranno anche passati ma la risposta del pubblico al tentativo del film di tornare agli inizi fu “un piccolo miracolo” come lo definiva lo stesso Stallone. Rocky raggiungeva di nuovo la vetta, così come il suo creatore. Come il personaggio, anche l’attore “non si arrende mai” come è stata sempre opinione comune di tutta la troupe. Il film incassò più di 155 milioni di dollari in tutto il mondo.

La critica fece dietrofront nel considerare il film dopo la distribuzione. Il Chicago Sun-Times titolava “Il miglior film su Rocky dai tempi dell’originale“, TotalFilm scriveva “Un sorprendente trionfo personale per Stallone“. The Star: “Il giusto tributo a uno dei grandi personaggi del cinema americano“. New York Times: “Percorre la sua strada come il suo antesignano“.

Rocky Balboa: colonna sonora

Fu ancora Bill Conti a comporre la colonna sonora di Rocky così come avvenne per tutti gli altri capitoli della saga a parte il quarto. Bill riprese tutti i brani già noti negli episodi precedenti e in più aggiunse un brano dedicato al carattere di Marie.

Nel film ci sono tracce originali eseguite da Three 6 Mafia, Frank Stallone e Natasha Bedinfield. Presenti anche brani classici di Frank Sinatra come “High Hopes” e dei The Miracles come “Oooh Baby Baby“. Il più significativo dei brani originali è “Still Here” di Diane Warren, eseguito da Natasha Bedingfield.

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