Nasceva 50 anni fa, nel 1972, dalle matite di Rioko Ikeda. E moriva idealmente durante la Presa della Bastiglia, all’alba della Rivoluzione Francese, non assistendo poi al Terrore che storicamente ne scaturì. Lady Oscar è il personaggio manga a cui più di ogni altro vengono dedicati post in memoria sui social. Ogni anno i fan si scatenano, come fosse un personaggio realmente esistito, da ricordare con affetto, grande ammirazione per l’eroismo dimostrato, cordoglio per un amore mai sbocciato…

Metafisicamente tutto questo non è poi così errato: Oscar vive nei cuori di coloro che furono bambini negli anni Ottanta e, successivamente anche alla fine dei Novanta e i primi Duemila. La serie animata che scaturì dal manga originale è senza ombra di dubbio una delle più belle di sempre, al pari della quale, forse, solo Caro Fratello, sempre nato dalla mente della Ikeda. Delicato, con fortissimi elementi storici, coraggioso e assertivo, con una narrazione mai banale rivolta soprattutto a un pubblico di young adults, Lady Oscar ha riscosso grande ammirazione, anche da parte di molta critica – cosa assolutamente fuori dal comune per l’epoca in cui fu trasmesso in Italia, dal 1982 – e recentemente è stato al centro di numerose polemiche, come solo a un grande prodotto narrativo può capitare.

Oscar: non chiamatelo solo cartone

Ma perché i fan si agitano così tanto nel ricordare la morte di Oscar? Il motivo è presto detto: la storia di Oscar è struggente. E poco valgono le affermazioni che la vedono come una eroina gender ante litteram. Leggende urbane, che può provare a portare avanti chi non conosce bene il manga originale o si ferma alle apparenze. Oscar è un’eroina romantica a tuttotondo e, come tale, non è destinata alla felicità. Tutto lo schema narrativo dell’intero racconto si basa sulla narrazione del romanticismo più classico, sposato dal genere shoujo manga molto tempo fa, e che in questa veste è stato capace di raggiungere vette emotive che troppo spesso in Occidente abbiamo perduto.

Berusaiyu no bara (traduzione letterale: Le rose di Versailles, plurale, in quanto le protagoniste femminili erano diverse) racconta la triste storia di Oscar, una bambina che nasce in una famiglia nobile il cui padre è stato Comandante della Guardia del Re. La linea familiare si spezza in quanto Jarjayes ha avuto solo figlie femmine e non può garantire un suo erede nella Guardia. Ma il comandante non ci pensa proprio a perdere la carica e i privilegi che per nascita gli spettano. A Oscar quindi verrà proibito di crescere tra lussi e begli abiti come alle sue sorelle maggiori: appena nata subirà la decisione paterna e verrà cresciuta come un maschio, addirittura le toccherà un nome da uomo. Nella storica sigla iniziale, vedevamo Oscar nuda e circondata da rovi dalle spine aguzze. Questo, insieme al rosso del suo incarnato, è un fortissimo simbolismo giapponese che sta ad indicare la sua femminilità negata e costretta a contenersi per non farsi male.

Non c’è travestitismo, non c’è scelta di genere, non esiste alcuna confusione sessuale. Oscar è una donna costretta, per imposizione patriarcale, a vestire panni da uomo. Ciò le consentirà, semmai, di avere una formazione diversa, una maggiore libertà, di indagare al contrario di tutte le altre la condizione femminile a corte e non solo. I suoi magnifici occhi blu potranno vedere gli orrori che la corona stava portando e, seppure legata alla regina Maria Antonietta da una profonda amicizia e una sconfinata lealtà, saprà distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

La struggente scena della morte di Lady Oscar

Oscar non è però fuori da tutto questo sistema: il suo amore infelice è per un uomo, un nobile. Mai si sognerebbe di avere una relazione con il suo valletto (perché è pur sempre una donna, ha un valletto, mica se ne può andare in giro da sola), il bellissimo e plebeo André, di cui ogni ragazzina si è innamorata e per il quale tutti, nessuno escluso, abbiamo tifato nel corso della vicenda. E anche quando raccatta per la strada l’orfana Rosalie, la sua missione non è quella di integrare una popolana a corte, bensì di riscattare per la giovane il titolo nobiliare che le spetta. Un atteggiamento piuttosto conservatore, una sessualità ben definita. I generi in questo manga sono due: uomo e donna, l’amore è binario e c’è solo l’elemento di una donna vestita da uomo – che pare sia realmente esistita in Francia – ma di cui tutti conoscono la vera identità. Già nella sigla originale si cantava “le gran dame a corte ti invidiano perché anche nel duello eleganza c’è”. Invidia, soprusi, pettegolezzi: mai un desiderio omosessuale nei confronti di Oscar. Semmai a volte quelle sciocche donne si domandano perché gli uomini non possono essere eleganti come lei, in una società vanesia e superficiale che non faceva altro che mettersi in mostra.

Oscar viene chiamata “madamigella”, è sia comandante che dama di compagnia e fidata consigliera della regina, suo padre a un certo punto decide di trovarle marito. In un toccante confronto con André, gli confessa di aver sempre saputo che lui sarebbe stato l’ideale marito della sua amata Oscar, ma di non potergliela concedere in quanto André è un plebeo. Non c’è rivoluzione, ma solo conservatorismo, decisioni patriarcali alle quali Oscar non si sogna nemmeno di ribattere.

Femminilità negata, amore negato – Fersen è l’amante della sua migliore amica, la regina – frustrazione per non poter sconfinare fuori da un ruolo di donna, ma solo potersi affacciare su ciò che di ingiusto c’è nel suo mondo… Oscar a un certo punto si ribella, lascia la Guardia Reale, si fa assumere come comandante dei Soldati della Guardia (un esercito di poveracci, non composto da nobili, ai quali non importa nulla della loro missione, ma in cerca solo di un misero stipendio da portare nelle loro povere case). Solo a questo punto Oscar parla di se stessa al maschile, ma lo fa semplicemente perché ha paura della reazione di quegli zotici. Che infatti non tarda ad arrivare: quando scoprono che Oscar è una donna, i suoi soldati la aggrediscono, le strappano gli abiti e sono pronti a farle violenza (la scena è stata poi tagliata in quasi tutte le messe in onda successive alla prima), se non fosse per André che interviene. Anche se lui per primo aveva fatto lo stesso tempo addietro, fermandosi giusto in tempo di fronte alle lacrime della donna che ama.

L’infelicità di Lady Oscar

Per tutte queste ragioni – e per molte altre che ci vorrebbe un trattato intero per elencare – Lady Oscar, in Giappone detta Berubara dai fan – non può e non deve essere classificato solo come cartone animato. La triste storia di Oscar si svolge mentre una rivoluzione che cambierà il volto dell’Europa sta nascendo. E i protagonisti vivono un’ansia continua per un sottofondo di malessere popolare sempre crescente. Tutti elementi che oggi non verrebbero mai messi di fronte a un bambino con la stessa facilità che ci fu all’epoca.

Ed è proprio a causa della Rivoluzione che la felicità di Oscar non potrà mai arrivare. Dopo essersi arresa all’amore incondizionato di André e aver capito di averlo sempre dato per scontato, escluso perché non nobile, ed essersi negata la gioia di un amore completo per un preconcetto ingiusto, Oscar trascorre con lui un’unica notte d’amore. Simbolicamente, nell’anime i due cavalcano all’alba, in un bosco, su un corso d’acqua freschissimo: tutti elementi che in Giappone indicano una sessualità che nasce, pura e dirompente. Ma subito dopo l’eco della folla infiamma gli animi dei soldati e dei due amanti.

Saranno felici, finalmente, in una nuova Francia che contribuiranno a edificare. Nulla si opporrà al loro amore poiché non esisteranno più differenze di sangue tra nobili e plebei. Ma André si prenderà la prima pallottola, morendo tra le braccia e le lacrime della sua donna. Oscar, con il cuore straziato e senza più alcun motivo per vivere se non la libertà del suo popolo, si lancerà in prima linea nella battaglia, andrà alla Bastiglia, verrà assassinata e morirà sul selciato.

Anni dopo, Rosalie – tacciata di omosessualità dai detrattori, ma invece sposata con uno dei capi della rivoluzione – sarà l’unica custode di questo tumultuoso racconto, depositerà ogni giorno delle rose sulle tombe di Oscar e André, vicini per l’eternità, in un altro mondo, l’unico in cui il loro amore è possibile.

Emozioni così forti nei cuori delle lettrici e dei lettori posso scaturire forse solo da romanzi come Cime tempestose. E un grande romanzo a fumetti è quello che si dispiega lungo le pagine dei nove Tankobon che compongono questo manga. Una storia che fonda un mito, che per molti è religione. Quella di un amore, di una donna forte la cui sessualità è stata troppo a lungo negata. Quella di un sentimento capace di superare, valicare e distruggere tutte le imposizioni e le convinzioni, stroncato dalla morte, ma persino più forte. Quella di un sogno coronato in una sola notte, come Romeo e Giulietta. E quella di eroi disposti a morire perché l’amore sia l’unico elemento che guidi le persone, senza più discriminazioni di classe, senza calcoli o soprusi.

Per tutte queste ragioni e per mille altre, noi oggi onoriamo la memoria di Oscar François de Jarjayes, la donna che comandò la Guardia Reale. E poniamo idealmente una rosa bianca sulla sua lapide. Oscar è morta. Lunga vita a Lady Oscar.

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