Lo chef Alessandro Borghese parla della ristorazione in Italia e nel mondo e del rapporto che si ha con il cliente

In una lunga intervista, lo chef Alessandro Borghese ha fatto il punto della situazione sul mondo della ristorazione in Italia e fuori dai confini nazionali, chiarendo alcuni punti fondamentali, tra i quali c’è il fondamentale rapporto con il cliente. Nella chiacchierata con il quotidiano La Stampa, la star del format “4 Ristoranti” parla in modo molto schietto e, giustamente, critico.

“In Italia non abbiamo il senso della fidelizzazione, dobbiamo spennare il cliente quando arriva e se poi non torna chi se ne importa.” Dice lo chef, soffermandosi poi sui cuochi che lasciano il nostro paese. “Noi italiani fuori dall’Italia diamo il meglio perché siamo coesi. I ristoratori si conoscono tra di loro e sono sempre pronti a darsi una mano, tutto il contrario che nel nostro Paese. All’estero l’italiano è patriota.”

“Sono stato a cucinare a Washington per il governo perché stiamo cercando di far diventare la cucina italiana patrimonio dell’Unesco, c’è quella messicana e non la nostra, mi sembra ridicolo. Guardate i francesi come si sanno tutelare bene, noi non sappiamo fare squadra. Ci sono catene di ristoranti in tutto il mondo con chef tipo Gordon Ramsey, nominatemi il nome di un cuoco italiano che ha una catena rinomata nel mondo: zero. Jamie Oliver è diventato il guru della cucina italiana e manco sa cucinare.”

Tra gli argomenti da lui trattati nell’intervista, tuttavia, non poteva mancare un tema che ha accompagnato gli italiani per tutta l’estate: quello degli scontrini. “Se ti porto un piattino in più perché devi dividere la pasta con tua mamma, con il bambino, non posso fartelo pagare. Certo che se al mio ristorante si siedono in quattro e ordinano una cacio e pepe e una bottiglia d’acqua, ci vado a parlare io. C’è un limite. Ora anche io ho deciso di virare sui menù degustazione.”

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