Cracco procede per vie legali e il caso finisce in un’aula di tribunale: la causa intentata e vinta dallo chef e il corposo risarcimento
Questa vicenda non è recente ma ha fatto tanto discutere: protagonista è lo chef Carlo Cracco, tra i più famosi e apprezzati cuochi d’Italia, che fece causa ad un uomo e ottenne un corposo risarcimento. I fatti risalgono a qualche anno fa, quando nel 2016, durante una cena di gala, il critico Achille Ottaviani osò puntare il dito contro un piatto dello chef, al tempo ancora un volto di Masterchef. Si trattava di un “risotto con cumino, manzo, pomodoro, limone e wagyu brasato”. Da quanto affermò Ottaviani, immediatamente dopo aver mangiato il risotto al ristorante, tutti i commensali optarono per un kebab rigenerante in un negozio nei pressi del locale milanese di Cracco.
Quando Carlo apprese l’informazione dai notiziari, in particolar modo sulla Cronaca di Verona, non ci pensò due volte e, infuriato, citò il critico per “danno d’immagine” e lo accusò di “diffamazione”. Cracco non è un uomo che si concede molto alle polemiche, bada più al sodo: se c’è qualcosa che non va, agisce per vie legali senza badare molto a fronzoli. Così fece, e finirono in tribunale.
La conclusione
I fatti risalgono al 15 aprile del 2016, quando il critico pubblicava l’articolo della cena. Si trattava della celebrazione dei 50 anni di Vinitaly, con serata affidata ad uno degli allora giudici di Masterchef. Sebbene in un primo momento la procura chiedesse l’archiviazione del caso, ritenendo la critica tale seppur “poco garbata”, alla fine, Achille Ottaviani fu ritenuto colpevole e condannato al pagamento di 11mila euro nei confronti dello chef. Il secondo “scivolone” lo fece il 17 novembre del 2017, quando definì Cracco “stella in caduta orizzontale” in tribunale. Agli 11mila euro, si aggiunsero 20mila euro di penale e 3.500 euro di spese, per un totale complessivo di 34.500 euro da sborsare per aver criticato il primo piatto di Cracco.
“Io a quella cena c’ero – disse lo chef – non so se il signor Ottaviani fosse presente. Non posso dire che fu impeccabile perché sarei un presuntuoso ma sicuramente fu al meglio delle nostre possibilità. E dire che il wagyu è una carne dura è come dire che questo tavolino è pane”. Tra le frasi “incriminate”, il critico disse: “…verdure che non si abbinavano se non nella follia di una grandeur culinaria che non è esistita”.