In una lunga intervista rilasciata al Corriere, Faffapix, pseudonimo di Fabio Farati, racconta la sua esperienza con il noto influencer, svelando di aver lavorato per lui
Gianluca Vacchi era il capo di Fabio Farati, content creator di 27 anni, conosciuto come Faffapix, ex dipendente del noto influencer e imprenditore: ha lavorato per lui, e oggi, in una lunga intervista, ha svelato alcuni aneddoti di quell’esperienza. Prima di addentrarci nello stesso, vi presentiamo il giovane influencer che vanta oltre 17 milioni di follower. Già, avete letto bene. Nel 2019 ha scoperto di avere la Sindrome di Miller-Fisher ed è lì che ha capito che la sua vita era “cambiata”.
Abbandonò anche il lavoro, lui giura: “Non fui licenziato”. Oggi la sua vita è ulteriormente cambiata con i 17 milioni di follower che lo seguono tra i vari social, di cui 14 solo su TikTok. “Era il mio capo – parlando di Vacchi – lavoravo per l’azienda Ima (Industria Macchine Automatiche)”. Quella appartenente alla famiglia dell’imprenditore: “Quando lui passava, tutti chini a lavorare, poi alle spalle lo prendevano in giro”, ammette al Corriere della Sera.
Gianluca lo considerava come uno dei tantissimi dipendenti, non c’è mai stato modo di approfondire il rapporto professionale, men che meno una presunta amicizia. Poi, come d’incanto, si è interessato al ragazzo. In particolar modo quando ha visto che sapeva farci sul suo stesso campo: quello dei social. “Quando gli è arrivata la voce che un suo dipendente era una star di TikTok mi ha cercato”. Non solo: “Poi mi ha offerto un altro lavoro, da content creator per una sua azienda telefonica”. Fabio però ha rifiutato: “A lavorare da dipendete non torno più”. E come è andata? Come ha voluto il giovane, ovviamente: “Non sono più tornato all’Ima. Ho passato la convalescenza a fare quello che amavo: video per TikTok”.
Il licenziamento
Fabio giura, non fu licenziato. Lo ribadisce ancora: “Abbandonai perché avevo scoperto della sindrome”. Ecco il motivo per il quale ritiene questa presa di consapevolezza come un punto di svolta della sua carriera professionale, e non solo. Un appello ai suoi coetanei e anche ai più giovani, insomma “quelli della mia generazione”: “Non guardate solo lo stipendio, prima anche io ero così. Ora non più: essere felice mi rende già generoso. Ma i ragazzi in genere hanno stipendi bassi. E comunque non basta mai niente”.