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Quando Fantozzi incontrò Berlusconi: storia di un déjà vu

Lo storico incontro, come fosse un monito, tra Fantozzi e il Cavaliere nel film del 1996 Fantozzi - il Ritorno

La storia del primo incontro tra Fantozzi e il Cavaliere in un’improbabile paradiso ma come in un déjà vu sembra non esser stato l’unico

Correva l’anno 1996 e nell’ultimissima scena di Fantozzi – Il ritorno, asceso nuovamente al cielo, il ragionier Fantozzi incontra, come una storia già vista… eh, si, Berlusconi. Sembra un ultimo saluto, una smorfia del comico prima di andarsene e, per quel che ha riguardato la recente scomparsa del Cavaliere. La promessa di un “ci vediamo presto, magari sugli stessi canali.” Per chi non ricordasse, il film di Neri Parenti ha inizio proprio con la morte di Ugo Fantozzi, con Pina, Mariangela e l’immancabile Filini a porgere i saluti sulla tomba del ragioniere. Fantozzi ascende al cielo ma, per una grave penuria di posti, è rispedito sulla terra dall’allora segretario del PDS D’Alema, che svolazza allegramente spiegando le ali.

Dopo tutta una serie di, consuete, sciagure in cui si imbatte il ragioniere e la sua sfortunata famiglia, si giunge all’ultima parte della pellicola. Quando il Megadirettore Galattico viene arrestato per corruzione. Come in ogni buon capitolo della saga sul ragioniere più famoso d’Italia, i buoni non possono vincere e i cattivi di certo non finiscono in gattabuia. Chiunque conosca anche di sfuggita la geniale epopea di Villaggio sa benissimo che gli antagonisti in Fantozzi non solo vincono ma imperano sui deboli e umili servitori. Sempre. Ebbene, il Megadirettore incastra Fantozzi rovesciando di netto la situazione e facendolo finire in galera. Ma il nostro eroe esce in attesa di processo e riesce a far incriminare nuovamente il Megadirettore incastrandolo per corruzione.

E, come volevasi dimostrare, nuovamente le cose si invertono e stavolta Fantozzi si fa 20 di carcere. Quando esce grazie all’indulto e al famoso “colpone di spugna“, corre a casa in tempo per vedere realizzato uno dei suoi più grandi desideri. La finale di coppa del mondo tra Brasile e Italia. Da guardare rigorosamente con frittatona di cipolle, birra gelata e rutto libero. Peccato, però che poco prima del fischio di inizio venga richiamato in paradiso. Tra i beati, in quella che sembra una gradinata da stadio, tutti sono pronti per osservare la Grande Luce. Al ragioniere, tuttavia, capita il posto coperto (il 17), guarda un po’, dall’unica colonna piazzata lì come se l’intero mondo e ora anche il paradiso lo facessero apposta. Ed ecco che, tra una lamentela e l’altra, appare l’angelo del Cavaliere che invoca silenzio.

Cavaliere: Silenzio! Mi consenta, silenzio!

Fantozzi: Ma come, è tornato lei? C’è stato un altro ribaltone? Prima c’era quello coi… – mimando lo strofinamento di baffi – non c’è più quello?

Cavaliere: C’è, c’è accidenti. Però, essendo io un grande esperto di comunicazione, le sinistre mi hanno consentito di svolgere un delicato incarico di vigilanza.

Fantozzi: Ma si è ridotto a fare la maschera.

Cavaliere: No! Sono sempre Mia Emittenza!

Fantozzi: Ah, e quindi ha sempre le mani in pasta dappertutto, eh?

Cavaliere: Ho i miei santi in paradiso, mi consenta. Contempli!

Fantozzi: Eccola, eccola finalmente, la Grande Luce, la Grande Luce… Mi hanno interrotto la Grande Luce!

Cavaliere: È solo una breve interruzione pubblicitaria per noi

Fantozzi: Meno male, allora dura solo 62 secondi.

Cavaliere: No, per tutta l’eternità.

Fantozzi: Tutta, tutta l’eternit… Come sono beato io!

Quale migliore scena di questa per chiudere il sipario tra i due personaggi. Come finale di un film. O un inizio di qualcosa che nella testa di qualcuno potrebbe figurativamente realizzarsi, un nuovo ed eterno incontro tra due personalità storiche della televisione italiana. Nel bene e nel male. Chi seguiva le dinamiche personali del comico ligure sa che con Berlusconi non ci fu mai una grande simpatia, nonostante le loro strade lavorative si fossero incrociate più volte. Villaggio era un convinto militante di sinistra. Tra Pci e Democrazia Proletaria si potrebbe dire che le loro visioni erano praticamente all’opposto. Nondimeno tra i due vi era un rispetto stranamente congenito.

Sulle pagine de Il Fatto Quotidiano, nel lontano 2012, Villaggio stupì gran parte degli addetti ai lavori prendendo le parti di un Silvio Berlusconi appena rientrato sul palcoscenico politico. Nel pieno di una tormenta di polemiche. Tra carriere, fidanzate ed età pensionabile del politico, Villaggio sostenne:

Ha il viso tirato, i capelli un po’ incredibili, il difetto, forse, di non saper invecchiare. Ma con la politica che c’entra tutto questo? Voi giornalisti avete una morale proprio strana. Una morale cattolica e bigotta secondo cui non sta bene che un vecchio si fidanzi. Chi l’ha detto che un uomo avanti con l’età non possa farsi ricrescere i capelli? Tanti ottantenni vorrebbero una fidanzata bella e giovane.”

E poi, la sferzata finale all’intera classe politica italiana: “Crede che altri siano diversi? Siano meglio? Guardi, a me piacciono Monti, Grillo e anche Renzi perché è giovane. Come mi piacciono Penélope Cruz e il mare non inquinato degli anni Cinquanta. Ma la politica italiana degli ultimi cinquant’anni è basata sull’aggredire chiunque abbia fortuna. E Berlusconi ne ha avuta più di tutti. Francamente mi fido molto più di lui rispetto a tanti politici che non hanno saputo costruire proprio nulla.”

Sebbene non fosse semplice lavorare con un genio e sregolatezza come Paolo Villaggio, anche da parte dell’ex leader di Forza Italia vi era rispetto nei confronti di quello che, prima di tutto, fu anche suo impiegato. Alla scomparsa del comico avvenuta nel 2017, Berlusconi lo ricordò con una lettera piena d’affetto pubblicata su Il Giornale. Eccone alcuni estratti.

Caro Paolo, ora in cielo starai facendo sorridere gli angeli. Ma a noi, su questa terra, mancherà il tuo modo di prenderti e prenderci in giro, la tua maschera da commedia dell’arte, che sembra ingenua e spensierata ma in realtà inchioda i nostri vizi e le nostre debolezze.

Sono orgoglioso di averti avuto nella nostra squadra. Eppure non eri privo di difetti. Non userò con te la vecchia regola latina de mortuis nihil nisi bonum: hai troppo senso dell’ umorismo per apprezzarla. Per esempio diciamo che non eri un modello di precisione. Ma avevi un modo talmente simpatico di farti perdonare che non era possibile arrabbiarsi con te. Una volta avevi mancato una scadenza importante per una produzione, mettendoci in difficoltà, e da contratto rischiavi una multa salata. Non dimenticherò mai quando ti vidi entrare carponi nella mia stanza abbracciandomi una gamba per chiedere perdono con la inconfondibile voce di Fracchia: «Sire, pietà!». Nemmeno a fermarlo o a far finta di essere arrabbiato. Non ci fu nessuna multa, anzi finì con un abbraccio.

Tu ed io non avevamo le stesse idee politiche ma riconosco volentieri che non avevi timori reverenziali verso nessuno. Hai messo alla berlina per esempio la Corazzata Potemkin, un film simbolo dell’ ideologia comunista, e soprattutto i tanti conformisti che facevano finta di apprezzarlo, proprio quando l’ egemonia culturale della sinistra era assoluta, e ti sarebbe stato più facile accodarti in silenzio. Non ce ne sono state tante, di persone libere come te, in un Paese nel quale la satira si fa solo verso chi non costituisce un pericolo. Anche per questo, caro Paolo, da oggi l’ Italia senza di te è un po’ più triste.

In conclusione, a una parte di noi piace considerare la scena finale di Fantozzi – Il ritorno come uno degli ultimi sberleffi di un comico che anticipava gli eventi. Con una risata o una parodia sapeva sempre come sarebbe andata a finire la storia. E in questo caso, magari per alcuni non proprio in paradiso, si può dire che l’incontro ci sembra proprio un déjà vu.

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