Il team di un famoso programma belga decide di provare a mettere vino da discount in una bottiglia pregiata e vince un concorso internazionale enologico.
È bastata una bottiglia di vino da 2,50 euro per vincere il celebre concorso enologico Gilbert et Gaillard. La notizia sfiora l’assurdo. Specialmente se si pensa che la cosa è stata accuratamente pensata dai creatori del programma On n’est pas des pigeons dell’emittente belga in lingua francofona RTBF. L’esperimento, ripreso soprattutto da media francesi e svizzeri, ha dell’incredibile. In una puntata della trasmissione uno dei conduttori si è chiesto se ci si potesse fidare ciecamente dei concorsi internazionali. Il motivo per via della ormai grande quantità di scelta sugli scaffali dei supermercati. E chi non ne sa molto in materia di vini, ripone la propria fiducia unicamente su una sorta di medagliere sull’etichetta. Che equivale dunque a una valutazione. Questo tipo di giudizio a volte è meramente un fattore strategico per garantire percentuali di vendita maggiori.
Così i conduttori del programma belga hanno pensato: “E se mandassimo una piquette a un concorso, potremmo vincere una medaglia?”.
Cos’è la “piquette”?
Per intenderci la “piquette” è un termine francese il cui significato è “pizzicare” (da piquer), per via dell’effervescenza della bevanda stessa. È concepita da vinacce già usate per il vino e che andrebbero, di norma, buttate via. Tenendo bene il principio del “non si butta via niente” il produttore le pressa ancora e ciò che ne resta viene spremuto e aggiunto ad acqua e zuccheri. Solitamente molto economica, è in sostanza una bevanda fresca, che viene, tuttavia, da molti considerata come “vino annacquato”.
Il vino scadente e l’esperimento del concorso
Con l’aiuto del popolare sommelier Eric Boschman, il team del programma, che comprende Samy Hosni, Fanny Jandrain, Carlo De Pascale, Sibylle Le Grand e Thibault Roland, ha deciso di vederci chiaro. Giunti in un supermarket della nota catena Delhaize, hanno selezionato vari marchi economici e poi scelto il peggiore. Oltreché quello con il prezzo più basso: 2,50 euro. Sostituita l’etichetta con una di classe, hanno rinominato il vino Le Château Colombier con il disegno di un piccione, simbolo del programma radio-televisivo.
Uno dei presentatori, Sami Hosni, spiega ai telespettatori come una qualunque azienda può partecipare a un grande concorso come Gilbert et Gillard.
“Il modo è piuttosto semplice. Bisogna inviare il vino tramite pacco espresso. A noi è costata cinquanta euro la quota di partecipazione. Abbiamo scelto Gilbert et Gaillard perché distribuiscono medaglie ogni tre mesi. Prima di tutto ciò, c’è un solo controllo: devi far analizzare il tuo vino in un laboratorio e provvedere a indicare caratteristiche quali livello di alcol e zucchero. Anche questo costa, 20 euro. Ma anche in questo caso c’è un modo per imbrogliare: si potrebbe inviare quello che si vuole.”
Il vincitore del concorso: la bottiglia da 2,50 euro
Così i giudici si sono espressi: la bottiglia di Le Château Colombier, una “piquette” da 2,50 euro si è aggiudicata la medaglia d’oro. A render ancora più esilarante la premiazione è stato il commento della giuria:
“Soave, straordinario e ricco al palato, con profumi netti e freschi che permettono una bella complessità. Molto interessante.”, recita il giudizio della commissione.
“E per questo”, continua il conduttore belga “ci sono pure voluti 60 euro per acquistare 1000 adesivi che raffigurano la medaglia d’oro. È un vero e proprio business.”
L’esperimento-beffa è servito al geniale team belga per tentare di palesare i malcostumi di concorsi come quello a cui hanno partecipato, in cui vengono assegnate delle medaglie a casaccio solamente per alzare i ricavi.
Per sottolineare ancor di più la mancanza di rigore in alcuni concorsi enologici internazionali, in cui chiunque può iscriversi pur non essendo intenditore, Hosni ha deciso di esporsi. In un minuto scarso è diventato ufficialmente giurato. Poi si è recato a Mâcon, dove erano presenti 1600 degustatori, la metà dei quali del tutto impreparati.
In vino veritas, verrebbe da pensare. E mai come in questo caso la saggezza dei latini è stata più legittima.
