Pochi giorni fa si è spenta a Parigi Jane Birkin, attrice e cantante londinese naturalizzata francese che ha raggiunto la fama mondiale sul finire degli anni Sessanta: il 1969, infatti, è l’anno del suo celebre duetto con il “cantante maledetto” Serge Gainsbourg, poi diventato suo marito. L’anno di quella Je t’aime, moi non plus tanto scandalosa da essere censurata dal Papa in persona, ma anche così rivoluzionaria da rimanere impressa nella memoria collettiva di almeno un paio di generazioni.
Da allora la strada è in discesa: arrivano altri album con Serge e poi il cinema, con la partecipazione a tanti capolavori, tra cui La Piscina di Jacques Deray (in compagnia di attori del calibro di Alain Delon e Romy Schneider) e Blow Up di Michelangelo Antonioni.
Io ti amo… io neppure
Ma forse la prima opera a saltare alla mente, quando si parla di Jane Birkin, è proprio Je t’aime… moi non plus, intramontabile simbolo di erotismo e di un desiderio sessuale femminile finalmente libero di esprimersi.
Il titolo è basato su un gioco di parole (la traduzione letterale è “Io ti amo… Io neppure”). Nella canzone invece si può sentire la voce sottile di Jane che riproduce un orgasmo, lasciandosi andare a sospiri, gemiti e mugolii mentre canta il testo scritto da Serge (“Sei l’onda, io l’isola nuda… come l’onda che non si ferma, vai e vieni tra i miei fianchi“). Insomma, tutto molto esplicito… tanto che il Papa in persona decise di intervenire con una scomunica: la canzone venne censurata per volere del Vaticano, che la riteneva “la canzone più scandalosa mai cantata“.
Nei giorni seguenti, alla censura si accodarono molti Paesi, dal Regno Unito alla Svezia.
A tal proposito Jane Birkin commenterà con ironia: “Il Papa è stato il nostro miglior addetto stampa“. Una battuta non molto lontana dalla realtà: nonostante la censura globale, che probabilmente ne ha accentuato il fascino “proibito”, in poche settimane l’album che la conteneva riuscì a vendere 5 milioni di copie. E ancora oggi Je t’aime… moi non plus è un classico intramontabile, l’opera più riconoscibile di una delle più grandi dive del Novecento.