Uno dei più celebri d’America, deceduto a 89 anni, McCarthy è stato lo scrittore di The Road e Non è un paese per vecchi.
Era un tipo solitario, McCarthy, il tipo di uomo del sud-ovest americano, schivo e riservato, colui che probabilmente incarnava ogni dote dell’ipotetico scrittore, ed è morto nella più totale serenità, lontano dal resto del mondo. In silenzio. Ieri 13 giugno, nella sua tenuta in New Mexico. A renderlo noto è il suo storico editore Knopf. Se dovessimo cercare una dichiarazione o un suo commento per ricordarlo come meglio possiamo sarebbe tempo perso. La risposta è stampata nel primo rigo. Non frequentò mai il mainstream, non insegnava come scrivere ad altri autori e di certo non presenziò mai a letture difronte una telecamera. Per quante cose in comune aveva con J.D. Salinger sarebbero stati migliori amici, se non fossero stati entrambi asociali cronici.
Rilasciò tante interviste quante sono le dita di una mano e in una di esse, al The New York Times del 1992, riassunse in una frase l’intera essenza della sua poetica. “Non esiste una cosa come la vita senza spargimento di sangue.” E dato che non lasciava mai nulla al caso, continuò con: “Penso che l’idea stessa che la nostra specie possa essere migliorata in qualche modo, che tutti possano vivere in armonia, sia un’idea davvero pericolosa.”
Fu capace di scrivere capolavori come The Road, Cavalli selvaggi, Meridiano di sangue e Non è un paese per vecchi. Adornandoli di stupri, cannibalismo, sangue, fuoco, incesti e mutilazioni varie. I suoi personaggi sono soggetti auto-esiliati dal mondo proprio come lui. Disadattati di ogni tipo che si muovono in una scenografia grottesca e surreale. Di ognuno di essi McCarthy amava dipingere il lato cupo, le zone d’ombra dell’essere umano. Riusciva a scrutarvi gli angoli macabri come nessuno meglio di lui. E lo faceva con una scrittura asciutta e dalla potenza evocativa senza eguali in grado di attingere anche a maestri del passato quali Conrad o Shakespeare.
Senza infiorettature di segni convenzionali come le virgolette, i dialoghi apparentemente indecifrabili sono uno dei marchi di fabbrica di McCarthy. Di lui, alcuni critici lamentavano una eccessiva predominanza di sangue e di violenza incondizionata. E, cosa che negli ultimi anni venne piuttosto sottolineata, nei suoi lavori la figura femminile non risulta quasi mai al centro della storia.
Ultimamente si parlava di lui specialmente in campo accademico. Perché nuovo, potenziale, premio Nobel per la letteratura. E di lui parlò spesso uno dei più grandi critici letterari di sempre, Harold Bloom. L’autore de Il canone occidentale, lo inserì quartetto dei migliori scrittori degli ultimi 60 anni insieme a De Lillo, Roth e Pynchon. Con quest’ultimo, insieme a Salinger, avrebbe condiviso l’animo solitario e introverso. Lo stesso Bloom considerò Meridiano di sangue “il più grande libro singolo dai tempi di Mentre morivo di Faulkner”.
James Wood, scrittore e critico prima sul Guardian e tuttora al The New Yorker, lo considera “uno scrittore colossalmente dotato”. Per Wood rappresenta “uno dei grandi amatori della prosa americana, riuscendo a produrre una retorica istrionica che ventriloquizza brillantemente la Bibbia di Re Giacomo, la tragedia shakespeariana, Melville, Conrad e Faulkner.” Anche se lo stesso critico lo bacchetta riguardo la sua consueta vena inutilmente viscerale e sanguinolenta. Caratteristica, però, alquanto copiata nei meccanismi narrativi da molti autori contemporanei.
L’unanimità del suo genio, tuttavia, è sottolineato dai numerosi riconoscimenti in campo letterario. Mentre per Cavalli selvaggi, nel 1992, vinse il National Book Award, nel 2006 con The Road si portò a casa il Premio Pulitzer.
Come prima asserito, non amava eventi di massa e il collettivo in generale, ma alla fine fu proprio il mainstream ad andargli incontro. Gran parte delle sue opere furono trasposte al cinema, per Ridley Scott scrive anche la sceneggiatura di The Counselor – Il procuratore. O Sunset Limited di Tommy Lee Jones in cui riadatta l’omonima opera teatrale. E poi Cavalli selvaggi, The Road e, il vincitore dell’oscar come miglior film, Non è un paese per vecchi dei Coen, sono esempi di come le sue opere fossero anche visivamente trasferibili sul grande schermo.
Da poco era stato pubblicato, per Einaudi, il suo ultimo lavoro, Il passeggero. Protagonista del romanzo – non l’ultimo visto che il suo “seguito”, Stella Maris, uscirà a settembre – è il sub Bobby Western. All’uomo viene commissionato il compito di trovare un piccolo aereo precipitato in mare. Fin qui tutto nella norma. Tranne per la mancanza della scatola nera e di un decimo passeggero che innescheranno irreversibilmente una serie di crucci su cui indagare.
