Il 9 settembre del 1998 moriva Lucio Battisti, mito della musica italiana. Non amava parlare di sé, era una persona riservata, voleva solo mostrare la sua arte: “Non parlerò mai più, l’artista non esiste, esiste solo la sua arte”. Lucio si sottoponeva a giudizio pubblico in diretta televisiva (come nel 1969), veniva criticato e poco riconosciuto: “Non ha una bella voce”. Risposta: “Ma io esprimo un messaggio”. Ancora: “Quindi può cantare solo chi ha un messaggio?”. Nessun ego, nessuna voglia di prevaricare, solo voglia di comunicare. Lucio oggi sarebbe un artista fuori contesto, proprio per questo speciale. Lucio Battisti era un genio, la sua voce era personale e la si amava perché era l’autrice del messaggio che arrivava. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto enorme ed è avvolta dal mistero.

Il mistero della morte di Lucio Battisti

25 anni fa precisi Lucio Battisti si spegneva all’ospedale San Paolo di Milano a causa di un male che lo colpì lentamente ma in maniera inesorabile. Passò dall’isolamento degli ultimi anni alle cure lontane dai rumors. Si culminò in quel funerale a porte chiuse, nel comune di Molteno. Lì aveva scelto di essere accanto agli affetti, la moglie, Grazia Letizia Veronese. Lucio se n’è andato a 55 anni.

La morte sarebbe sopraggiunta per un tumore al sistema linfatico. Si tratta di un male che colpisce fegato e pancreas. “All’inizio degli anni Ottanta vengo colpito da una irreversibile malattia dei reni, che porta al loro rapido deperimento” non lo disse lui ma è un estratto biografico della vita di Lucio. Tuttavia ancora oggi veleggia un alone di mistero. Il bollettino medico recitava: “Intervenute complicanze in un quadro clinico severo sin dal suo esordio”. Lucio ha unito le generazioni che hanno vissuto dagli anni Sessanta agli anni Novanta, conquistando anche quelle future alle quali vengono tramandate le sue canzoni.

Mito e riservatezza

Cantautore, poli-strumentista, produttore discografico, arrangiatore, compositore e musicista rivoluzionario, ha rinnovato la canzone italiana insieme agli altri artisti dell’epoca. Lucio Battisti è riuscito a contribuire nella “contaminazione” della canzone italiana con il rock, la black music, la musica latina ed elettronica. Dell’artista non ci restano che le canzoni, l’arte, ma poco delle sue parole. Poche erano già quando era in vita perché non amava apparire. Non quanto essere. Si ricordano i 9 minuti in Tv in cui duettò con Mina nel 1972 al Teatro 10.

Mi chiamo Lucio Battisti…”

Vedi anche: Luciano Pavarotti moriva 15 anni fa: l’incidente aereo (“che mi cambiò la vita”) e quella scena imbarazzante “davanti a tutti…”

“Mi chiamo Lucio Battisti. Sin da bambino ho sempre avuto una grande passione per la musica, nonostante i miei genitori credessero nel diploma e in un lavoro da impiegato. Dopo una esperienza da chitarrista, nel 1965 conosco Giulio Rapetti, in arte Mogol, che decide di scrivere con me i testi della mia musica”.

Il loro “primo brano” arrivò al primo posto nella hit parade. Era il 1967, cantata dall’Equipe 84. “Giulio crede anche nelle mie qualità di cantante e fa di tutto per accreditarmi anche come interprete dei nostri brani”.

Nel 1969 fu la volta di “Mi ritorni in mente”, vendette “25mila copie al giorno”. I negozi venivano presi d’assalto per accaparrarsi i suoi dischi. L’anno seguente “le nostre canzoni sono in classifica per tutto l’anno e nel 1971, ‘Pensieri e Parole’, è il singolo più venduto in Italia”.

Per sua stessa ammissione David Bowie lo definì “il miglior cantante del mondo” e Paul McCartney “conserva tutti i miei album”. Pete Townshend un giorno fece ascoltare “Emozioni” alla RCA di Londra, la definì “un capolavoro”.

La vita privata di Lucio Battisti: l’aggressione alla moglie dopo il parto da parte di due fotografi travestiti da infermieri e il tentativo di rapimento del figlio da parte dell’Anonima Sequestri

Lucio è nato il 5 marzo 1943 a Poggio Bustone, in provincia di Rieti.

“Nel 1973 nasce mio figlio Luca e due fotografi entrano in clinica fingendosi infermieri, aggredendo mia moglie che aveva appena partorito”. Dall’estrato biografico sulla vita dell’artista.

“Declino l’invito per un’intervista a Enzo Biagi e rifiuto 2 miliardi di lire da Gianni Agnelli per esibirmi al Teatro Regio di Torino”.

La popolarità cresceva e di conseguenza i disagi per l’artista: “Nel 1975, a Milano, l’Anonima Sequestri tenta di rapire il mio unico figlio, e solo grazie all’intervento dei passanti e della bambinaia si scongiura il peggio”.
“All’inizio degli anni Ottanta vengo colpito da una irreversibile malattia dei reni, che porta al loro rapido deperimento”.
“Per anni e anni mi sottopongo a dialisi a giorni alterni”.
“Un giorno volo a Parigi per un trapianto, ma il nuovo rene rigetta e devo ricominciare”.
“Poi la situazione precipita nel 1998, mi diagnosticano un linfoma e vengo ricoverato all’istituto San Paolo di Milano.”
“Non posso sottopormi a chemioterapia”.

“Non conta che la mia discografia completa sia stata rinvenuta persino in un covo delle Brigate Rosse, non conta che io abbia venduto 25 milioni di dischi”.
“Giulio mi scrive l’ultimo giorno un biglietto, me lo fa avere in Ospedale e io mi commuovo”.
“Sto male, e nel sistemarmi i tubi al corpo, un medico si emoziona e mi confessa che per lui sono un mito”.
“Volo via il 9 settembre 1998 a 55 anni, quando mi mancavano due esami alla laurea in matematica”.
“Sono stato Lucio Battisti, un Angelo caduto in volo, davanti a me c’è davvero un’altra vita e ora sono qui nei cieli immensi dell’immenso amore, felice di avere cambiato le vostre vite, rendendole migliori”.

Continua a leggere su Chronist.it