Dalle urla di Meredith al memoriale scritto del 6 novembre 2007: le accuse
Amanda Knox, assolta insieme all’ex fidanzato Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher, è stata invece condannata per calunnia, per aver accusato ingiustamente Patrick Lumumba, pur essendo “perfettamente consapevole della sua innocenza“.
È quanto scrive la Corte d’assise d’appello di Firenze che ha condannato la donna americana a tre anni di reclusione. Anni già scontati con i quasi quattro passati in carcere prima della sentenza di assoluzione per il delitto di Perugia. Nelle motivazioni della sentenza, i giudici hanno sottolineato che il memoriale, scritto il 6 novembre del 2007, “è stato redatto spontaneamente e liberamente come confermato dall’imputata”.
Amanda Knox fece il nome di Lumumba più volte in un memoriale scritto pochi giorni dopo il delitto e l’uomo venne arrestato. Rimase in carcere per 14 giorni. Poi, le indagini non rivelarono la sua estraneità al delitto Kercher. Così, venne prosciolto su richiesta del pubblico ministero.
L'”urlo straziante” di Meredith: Knox consapevole dell’innocenza di Lumumba
“L’urlo straziante” di Meredith quando venne uccisa “è un fatto realmente accaduto“.
Una “circostanza puntualmente riportata nel memoriale” di Amanda Knox, “veritiera” secondo la Corte d’assise d’appello di Firenze. Secondo i giudici Knox “era perfettamente consapevole dell’innocenza” di Lumumba perché “si trovava all’interno della casa al momento dell’omicidio e quindi ben sapeva che lì non c’era”.
E “quell’urlo straziante che nel suo racconto le imponeva di portarsi le mani alle orecchie e di rannicchiarsi in cucina nel tentativo di non sentirlo è un fatto realmente accaduto”.
Sia Amanda Knox che Raffaele Sollecito sono stati assolti per l’omicidio di Meredith. L’unico condannato è stato l’ivoriano Rudy Guede.
Amanda voleva uscire da una situazione scomoda
E ancora, secondo la Corte, Amanda Knox accusò ingiustamente Patrick Lumumba dell’omicidio di Meredith “per uscire dalla scomoda situazione in cui si trovava”. Così, ha accusato “un innocente per porre termine alle indagini, reputandosi in una posizione delicata e non potendo prevederne l’esito”.
Per questo motivo, Amanda Knox è stata condannata per calunnia.
Infatti, l’americana era “l’unica delle coinquiline di Meredith Kercher presente a Perugia la sera dei fatti”. Inoltre, “era l’unica con la disponibilità della chiave d’accesso all’abitazione nella quale è avvenuto l’omicidio”.
Nelle motivazioni della sentenza di condanna si sottolinea che neppure nei giorni seguenti a quando scrisse il memoriale Knox “abbia chiarito agli inquirenti che Lumumba era estraneo alla vicenda, nonostante la consapevolezza dimostrata e il senso di colpa manifestato” – conclude la Corte.